C’è una sola cosa a non essere cambiata nella vita della città da quando abbiamo imboccato il dannato tunnel del Covid. È l’attività criminale, estranea a lockdown, coprifuoco, tregue e probabilmente intenta a scaldarsi i muscoli per portare il suo assalto alla quota di Recovery fund destinata al Sud. All’ininterrotto dilagare della violenza dei clan si fa meno caso, anche per via di una comunicazione fissata sulla narrazione prevalente della pandemia. Ma l’elenco delle violenze dispiegate tra Napoli e la provincia in pochi giorni compone il quadro allarmante di tre distinte faide in atto in aree diverse della città, come serpi maligne intente a strisciare da Ponticelli a Fuorigrotta ai Colli Aminei, pronte a stringerla nel cappio unico delle loro spire.
Le cronache di questo giornale hanno raccontato per due giorni di seguito di bombe lanciate a Ponticelli nel cuore della roccaforte dei De Martino, presumibilmente dagli affiliati di un clan rivale. Oggi il nostro Leandro Del Gaudio ricostruisce la tela di altri episodi criminali verificatisi in allarmante successione non solo in zone della periferia ma anche nel bel mezzo di quartieri cittadini densamente popolati e di insediamento residenziale interclassista, come Fuorigrotta e i Colli Aminei. La prima triste constatazione è che non c’è nulla di nuovo: perfino i nomi dei clan sono gli stessi che da decenni spadroneggiano su un territorio fuori controllo. La seconda è che la criminalità organizzata appare ormai così connaturata alla vita delle nostre aree da essere entrata in una specie di routine non tanto dell’informazione, che si affanna a inseguirne le performance e non rinuncia a denunciarle, ma della percezione stessa del reale. C’è come un’indifferenza diffusa ai fatti criminali, un’assuefazione che induce a voltare lo sguardo altrove, per non guardare e non sentire il deflagrare di un’illegalità progressiva ormai subìta come un corollario inevitabile del nostro essere napoletani.
Ed è un’indifferenza perniciosa, facilmente transitabile in omertà, quindi in complicità etica del crimine.