La denuncia: le illegalità quotidiane
che frenano il rilancio

di Antonio Menna
Martedì 3 Maggio 2022, 23:45
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C’è, di tanto in tanto, una sottovalutazione in città di quella che si definisce piccola illegalità. Si vede, a tratti, un clima di tolleranza, a volte addirittura di simpatica accoglienza, verso quelle pratiche fuori dalla legge ma dentro, ormai, il tessuto di vita quotidiana. Ai confini con l’arte di arrangiarsi, la cosiddetta piccola illegalità viene a volte quasi considerata un ammortizzatore sociale. Bisogna sbarcare il lunario, portare il pane a casa, dare da mangiare ai figli.

Così la bancarella di borse col marchio contraffatto, alla fine, che male fa? Il tavolino con le magliette dei calciatori, prodotte violando il copyright, che danno arreca? “È meglio che vado a rubare?”, ripeteva sempre un venditore abusivo di calzini che faceva su e giù per via Toledo, fermando praticamente tutti nel tentativo di portare qualche soldo a casa, se non con i calzini almeno con il paternalismo. Ma è proprio nel dettaglio che si fa o si disfa la tela di una città normale. La legge non è elastica, non è un consiglio, non è un indirizzo. È norma: perentoria, netta. Si rispetta o non si rispetta. E rispettare le leggi costruisce le basi della comunità, i pilastri della vita insieme. Per questo, va guardata con attenzione e favore la scelta dell’amministrazione comunale di andare duri sulla vicenda dei parcheggiatori abusivi.

Il nuovo regolamento di sicurezza urbana, che segue i decreti del primo governo Conte, introducendo il super Daspo e l’arresto (da 6 a 12 mesi di carcere), potrebbe consentire un salto in avanti nella battaglia contro il racket (di questo si tratta) della sosta, cioè quelle forme di taglieggiamento che colpiscono gli automobilisti in tantissime zone della città. Il cambio di fase, a cui si spera seguano però anche maggiori controlli e più assidui pattugliamenti delle strade interessate e il decollo della videosorveglianza, dimostra sia che gli strumenti adoperati finora sono stati insufficienti (una multa da 100 euro non fa alcuna paura, soprattutto a chi non è solvibile, e il Daspo ordinario è fin troppo facile da aggirare) sia che il tema stesso è stato ampiamente sottovalutato, in conseguenza probabilmente di quel sentire inconfessato e diffuso per il quale, in fondo, un parcheggiatore abusivo è solo un padre di famiglia disoccupato e in difficoltà che deve mettere il piatto a tavola.

Chiudiamo un occhio, una mano lava l’altra, facciamo finta di non vedere.

È proprio questa idea a non consentire alla città di fare il salto di qualità, restando ancorata al di qua del confine di civiltà, in una terra di mezzo dove la legge non è un assoluto ma un relativo: è quasi una volontà esterna, che ci arriva addosso, calata dall’alto da chi non può capire, che si può rispettare o non rispettare a seconda della propria condizione. Invece, il perimetro delle regole è l’avamposto della vita civile, della comunità, e non esistono grandi illegalità e piccole illegalità, poiché un comportamento o è legale o non lo è, e semmai possono essere grandi o piccole le conseguenze sulla vita delle persone ma i contraccolpi ci sono sempre, e a volte sono ferite più profonde di quelle che noi stessi, al momento, percepiamo. A chi pare normale che a Napoli, in certi quartieri in particolar modo – Bagnoli, Santa Lucia, Vomero, Centro direzionale, lo stadio Maradona quando c’è la partita, la zona ospedaliera e tutti i dintorni di un luogo affollato o di un evento – per parcheggiare la propria auto – anche e perfino sulle strisce blu (“non vi preoccupate, ci sto io, la multa non ve la mettono”) – si debba pagare una piccola tangente, imposta spesso a prezzo fisso con atteggiamenti chiaramente intimatori, altro che “una cosa a piacere”? Oltretutto, come molti hanno notato, ormai in alcune zone si assiste a dei veri e propri check point dei parcheggiatori, che bloccano la circolazione, chiedono agli automobilisti in coda dove devono andare, se devono o meno sostare. Quasi come fossero loro, la Polizia municipale; loro, il Comune; loro un servizio pubblico, e non invece un parassitismo predatorio, d’accatto e a tratti anche violento, che alla città toglie quotidianamente ogni sussulto di dignità, e ogni afrore di normalità, e ogni sentimento di civiltà.

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