Napoli, quel grido squarcia i silenzi degli adulti

di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 25 Maggio 2022, 00:00 - Ultimo agg. 06:00
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Hanno fatto quello che gli adulti non sono stati capaci di fare. Ci hanno messo la faccia, la voce e l’anima. E hanno detto: siamo qui, facciamo massa, prima o poi qualcuno ascolterà la nostra voce. Forcella, ieri mattina: un esercito colorato e speranzoso, ben altra cosa del grigiore di sabato scorso, più meno da quelle parti. Ieri, mille studenti in marcia a Forcella, una sola voce: dateci un futuro. Sabato scorso, in via Tribunali, all’esterno del ristorante “Cala la pasta”, dove a fare rumore è stato il silenzio (e l’assenza) di decine di commercianti.

Ricordate la storia? Erano stati chiamati a raccolta dopo il brutto episodio avvenuto domenica 15 maggio, quando la moglie di un ristoratore era stata travolta da uno scooter lanciato a tutta velocità. Uno speronamento aggravato dai metodi camorristici, se pensiamo a quello che è accaduto pochi minuti dopo, quando una trentina di teppisti è tornata sul posto dell’incidente per zittire il marito della donna investita. Parole mafiose: «Non denunciare, altrimenti ti facciamo saltare il negozio per aria». Parole pronunciate da vigliacchi (che, come è noto, si muovono in branco, come topi di fogna) che non hanno zittito però Raffaele Del Gaudio, titolare di Cala la Pasta. Ma che hanno terrorizzato i suoi colleghi commercianti. Gente del posto, colleghi di lavoro della vittima dell’incidente, commercianti che hanno visto e riconosciuto gli aggressori. E che preferiscono tacere. Cittadini adulti, che hanno deciso di non metterci la faccia. Rimanere nelle proprie tane, evitare di manifestare accanto al ristoratore costretto a chiudere il proprio negozio per stare accanto alla moglie ricoverata e in gravi condizioni di salute. Storie diverse accadute nello stesso perimetro urbano. 

Forcella, un brand napoletano che evoca camorra (era il feudo del clan Giuliano), ma anche resilienza napoletana, negli anni del dopoguerra, quando dai vicoli del rione venivano organizzati commerci che hanno rimesso in moto l’economia cittadina. Forcella, come speranza di riscatto, a sentire i cori che hanno scandito la mattinata di ieri, grazie all’esercito di studenti e ragazzini del posto. Una risposta in termini di dignità e decoro, quella del movimento studentesco, dopo che per giorni la cronaca cittadina è stata attraversata dalle evoluzioni di un baby boss accusato di due tentati omicidi (la rissa di Marechiaro), nel desiderio di emulare le gesta camorristiche del padre detenuto all’ergastolo per due omicidi.

Una scossa, quella di ieri mattina. Esattamente quello che serviva a un quartiere assopito e terrorizzato, tornato ad imporsi nel circuito economico cittadino grazie alle sue vestigia greco-romane, grazie ai suoi edifici monumentali e alle sue botteghe artigianali.

Un quartiere rimasto comunque a metà del guado, grazie allo sviluppo economico reso possibile dal boom di pizzerie storiche, ma che resta assediato da mille forme di illegalità. Come le scorrerie armate, le cosiddette stese; e le ronde, quelle in sella a scooter lanciati a tutta velocità, con il solo obiettivo di rimarcare il controllo del territorio. 

E poco importa se viene speronata una donna, che sarà costretta a vivere il resto dei suoi anni con i postumi dell’incidente; poco importa se c’è qualcuno che si muove in branco per mettere a tacere ogni tentativo di denuncia da parte di chi ha subìto un’ingiustizia così evidente. Forcella silenziosa, fredda e omertosa, quella di sabato mattina. Forcella civile e diligente, costruttiva ed emotiva quella vista ieri, grazie a quel fiume di alunni protagonisti del corteo napoletano. Siamo lontani dai numeri e dalla tensione emotiva della marcia organizzata quaranta anni fa a Ottaviano, per protestare contro l’arroganza criminale della Nco di Raffaele Cutolo. 

Siamo lontani dal corteo fortemente voluto da don Riboldi, di fronte alle centinaia di omicidi che insanguinarono gli anni del dopo terremoto, ma siamo comunque nella stessa prospettiva mentale di chi fa i conti con energie attuali e prospettive future: «Mai più camorra - hanno urlato ieri gli studenti - ridateci il nostro futuro, mai più giovani ammazzati, le istituzioni ci aiutino a non abbandonare questa città». Basta fuga da Napoli, da una città che attende progetti e risorse per rendere conveniente il lavoro e utili i sacrifici spesi sul territorio dai cittadini onesti. Un sogno, quello dei mille ragazzini ieri in corteo, che assomiglia molto da vicino al desiderio di emancipazione di Veronica, la donna travolta dalla moto, e del marito Raffaele (raggiunto da intimidazioni mafiose subito dopo). 

Pensate: avevano partecipato a un bando di concoro dal titolo incoraggiante - “resto al sud” -, pur di coronare il proprio sogno, quello di vivere e lavorare nel centro storico cittadino. Uno spaccato metropolitano che ora si aggrappa alla voce degli studenti, pur di scrollarsi di dosso torpore, indifferenza e prepotenza criminale. 

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