Napoli, la mareggiata distrugge un pezzo di Castel dell'Ovo

Napoli, la mareggiata distrugge un pezzo di Castel dell'Ovo
di Gennaro Di Biase
Giovedì 31 Dicembre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 16:28
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Il mare si è portato via anche un intero pezzo di Castel dell’Ovo. Il più prezioso simbolo di Napoli, da circa ventuno secoli sull’isolotto di Megaride, è stato letteralmente sventrato dalla bufera di libeccio del 28 dicembre. «Il mare è entrato fin dentro al castello - sospira la dirigente comunale responsabile dell’area, Vanessa Antinolfi - e le onde sono ancora alte». Gli stessi dipendenti della fortezza sono preoccupati: «Avvicinarsi al punto crollato è pericolosissimo, si può finire ingoiati dal mare in un attimo». Il punto in questione è la terrazza inferiore che si affaccia sul mare aperto e che non esiste più. Per una beffarda ironia della sorte nell’anno pandemico, l’area è la stessa usata in passato dal Comune per i fuochi d’artificio di Capodanno, ovviamente non previsti in regime di Covid. 

 

La scena mette i brividi. Il mare ha abbattuto tutte le protezioni che conducevano all’area della terrazza inferiore, detta ramaglietto (cioè un pontile circondato dal mare).

Mura, barriere fatte di scogli, basoli: tutto spazzato via dalle onde del mare rabbioso, blu scurissimo, che ieri mattina continuavano a imperversare nel cuore della fortezza più antica della città. Si sono salvati solo i cannoni, soprelevati rispetto al resto della struttura. Il mare ha ingoiato i basoli di pietra vesuviana del pavimento del ramaglietto e ha sfondato il cancello d’accesso alla terrazza, arrivando a un passo dal camminamento coperto a cui si accede dalla soglia principale della fortezza: qui sono stati ritrovati pesantissimi basoli trascinati dalle onde a decine di metri di distanza. Ai danni della violenza del mare, che ha sventrato porte, muri e balaustre, vanno sommati poi quelli che l’erosione ha provocato alle fondazioni della costruzione. I tecnici della Sovrintendenza per l’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Napoli, già il 29 mattina hanno eseguito un sopralluogo: l’Ente parla di «danni per centinaia di migliaia di euro», secondo le prime stime. Il ramaglietto, insomma, al momento è una ex terrazza, un pezzo di mare aperto. Anzi apertissimo: a guardare il Mediterraneo da qui non si vede la fine delle increspature che hanno generato tutta questa distruzione. Gli stessi marittimi della zona sono spaventati dalle condizioni dell’acqua nei pressi del castello: «Abbiamo sentito che si è distrutto tutto - dicono - ma fino a che non si calma il mare noi non non usciamo. Menomale che è una zona affacciata verso l’esterno, quella che è caduta, altrimenti qualcuno si poteva fare male».

 

Il ramaglietto, quando non vengono organizzate mostre o eventi, è chiuso al pubblico. Ma, anche in questi mesi di pandemia, come ieri, il Castel dell’Ovo è comunque abitato dai dipendenti degli Uffici della Sovrintendenza o del Comune e dagli operai al lavoro sui ponteggi. Mentre le istituzioni ragionano sui progetti di rinforzi dell’intera scogliera e sull’installazione di eventuali barriere sommerse per prevenire altri danni di nuove libecciate, l’isolotto di Megaride è ancora più che ferito. Se nell’acqua del molo al Borgo Marinari galleggiano pezzi dei ristoranti di via Partenope, e detriti vari restituiti dalla bufera, lo stesso succede anche nell’area di via Partenope.

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Qui, sugli scogli del Lungomare che ha ceduto sotto i colpi della violenza della natura, quasi nascosto tra galleggianti, boe e bidoni non meglio specificati, c’è il cadavere di una grossa tartaruga marina uccisa dalla furia della tempesta e trascinata fin qui dalle onde del libeccio. Gli habitué e i venditori di oggetti del pontile d’accesso al castello l’hanno soprannominata «Nunzia, perché - dicono - l’ha portata la tempesta». Di sicuro, qualcuno dovrà occuparsi del recupero. Ma è tutta l’area simbolo di Napoli a essere stata messa in ginocchio sul fotofinish di questo 2020 di pandemia e pandemoni.
 

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