Il mare si è portato via anche un intero pezzo di Castel dell’Ovo. Il più prezioso simbolo di Napoli, da circa ventuno secoli sull’isolotto di Megaride, è stato letteralmente sventrato dalla bufera di libeccio del 28 dicembre. «Il mare è entrato fin dentro al castello - sospira la dirigente comunale responsabile dell’area, Vanessa Antinolfi - e le onde sono ancora alte». Gli stessi dipendenti della fortezza sono preoccupati: «Avvicinarsi al punto crollato è pericolosissimo, si può finire ingoiati dal mare in un attimo». Il punto in questione è la terrazza inferiore che si affaccia sul mare aperto e che non esiste più. Per una beffarda ironia della sorte nell’anno pandemico, l’area è la stessa usata in passato dal Comune per i fuochi d’artificio di Capodanno, ovviamente non previsti in regime di Covid.
La scena mette i brividi. Il mare ha abbattuto tutte le protezioni che conducevano all’area della terrazza inferiore, detta ramaglietto (cioè un pontile circondato dal mare).
Il ramaglietto, quando non vengono organizzate mostre o eventi, è chiuso al pubblico. Ma, anche in questi mesi di pandemia, come ieri, il Castel dell’Ovo è comunque abitato dai dipendenti degli Uffici della Sovrintendenza o del Comune e dagli operai al lavoro sui ponteggi. Mentre le istituzioni ragionano sui progetti di rinforzi dell’intera scogliera e sull’installazione di eventuali barriere sommerse per prevenire altri danni di nuove libecciate, l’isolotto di Megaride è ancora più che ferito. Se nell’acqua del molo al Borgo Marinari galleggiano pezzi dei ristoranti di via Partenope, e detriti vari restituiti dalla bufera, lo stesso succede anche nell’area di via Partenope.
Qui, sugli scogli del Lungomare che ha ceduto sotto i colpi della violenza della natura, quasi nascosto tra galleggianti, boe e bidoni non meglio specificati, c’è il cadavere di una grossa tartaruga marina uccisa dalla furia della tempesta e trascinata fin qui dalle onde del libeccio. Gli habitué e i venditori di oggetti del pontile d’accesso al castello l’hanno soprannominata «Nunzia, perché - dicono - l’ha portata la tempesta». Di sicuro, qualcuno dovrà occuparsi del recupero. Ma è tutta l’area simbolo di Napoli a essere stata messa in ginocchio sul fotofinish di questo 2020 di pandemia e pandemoni.