Sanità, Verdoliva: «Non abbiamo più medici, ora a rischio altri reparti»

Il manager dell’Asl Napoli 1 avverte: «Con l’Autonomia temo nuovi tagli»

Il manager dell’Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva
Il manager dell’Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva
di Ettore Mautone
Sabato 7 Gennaio 2023, 23:45 - Ultimo agg. 9 Gennaio, 07:06
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L’allarme lanciato dal presidente dell’Ordine del Medici Bruno Zuccarelli, sulle carenze di personale e sul rischio di tenuta della Sanità in Italia, ha una portata nazionale e regionale. Ciro Verdoliva, manager dell’Asl Na 1, cosa può fare un direttore generale per migliorare le cose? 
«La sanità è un bene di tutti, una priorità assoluta. Il nodo ha un respiro nazionale non riguarda solo la Campania. Il grido di allarme di Zuccarelli si somma a quello che da anni il presidente De Luca pone ai tavoli romani come uno dei problemi principali del Paese. Un direttore generale deve cercare di dare ai cittadini la migliore risposta possibile rispetto alle difficoltà strutturali. Nel 2020 la Campania, dopo 10 anni di tagli e in carenza di organico, ha dovuto affrontare il ciclone della pandemia. Solo grazie al nostro lavoro e al valore dei camici bianchi abbiamo ottenuto risultati straordinari». 

La carenza di personale incide sempre più sui livelli di assistenza: a Napoli Loreto e San Giovanni Bosco non riescono a riaprire i pronto soccorso. Cosa si può fare per superare questo scoglio? 
«Sarebbe necessario adeguare in tempi brevissimi la dotazione organica che in Campania è stata mortificata dal blocco del turn over nei tanti anni del Commissariamento. È stata una vera e propria frattura generazionale, un errore di programmazione che abbiamo subito considerando che i due terzi dello sbilancio della Campania era frutto di una sottostima del fondo che solo ora ci è stato riconosciuto grazie a strenue battaglie in sede di confronto con le altre regioni.

In attesa di interventi strutturali si potrebbe prevedere per ogni dirigente medico di disciplina equipollente l’obbligo di svolgere almeno il 30% delle proprie ore in pronto soccorso per i primi due anni. Un’esperienza per i giovani assunti. La Regione ha riconosciuto di suo un adeguamento della retribuzione oraria della dirigenza medica disponibile a lavorare in emergenza». 

Si riuscirebbe a riaprire dei pronto soccorso? 
«La situazione è molto seria, ad agosto - proprio su questo giornale - ho lanciato un allarme chiaro sull’impossibilità di salvaguardare alcune prime linee. Il nostro problema oggi è non chiudere altri pronto soccorso». 

Non mancano solo medici di prima linea, come mai? 
«La rete è territoriale e ospedaliera. Quando un punto soffre l’altro reagisce per ristabilizzare il sistema. Se i punti di sofferenza si sommano la rete diventa fragile e può collassare. Siamo impegnati per impedire che questo accada». 

E la medicina generale? 
«Ha un ruolo importante, cruciale, serve solo più chiarezza nel rapporto contrattuale con le Asl e sugli obiettivi affidati. È in corso una grande collaborazione con la continuità assistenziale per gestire gli ambulatori a bassa complessità nei Pronto soccorso finalizzati alla riduzione di tempi di attesa e la presa in carico dei codici a bassa urgenza. Al territorio stiamo ponendo la massima attenzione in termini organizzativi e strutturali». 

Cosa chiederebbe al Governo a beneficio dei pazienti?
«Maggiore attenzione e investimenti a favore del personale anche in termini stipendiali. Con un’inflazione alle stelle come si possono accettare pochi spiccioli di aumento ai camici bianchi in un frangente nel quale lo sforzo e l’impegno si sono moltiplicati? Ci hanno salvati dalla pandemia. Li abbiamo chiamati eroi e ora li stiamo dimenticando». 

Il suo è un discorso che va oltre l’ambito regionale? 
«Sì se si guarda ai dieci anni di commissariamento che abbiamo dovuto sopportare. Lazio, Piemonte e la stessa Lombardia hanno gli stessi nodi, pronto soccorso allo stremo, medici esausti pronti a dimettersi. La situazione a Torino, a Roma a Milano non è differente da quella di Napoli».

Cosa pensa del progetto di autonomia differenziata? 
«Sono molto preoccupato dell’ipotesi sul tappeto. Il cambiamento deve essere migliorativo non peggiorativo per il Sud».

E il Pnrr senza personale come si attua? 
«Il Pnrr è una grande opportunità per valorizzazione il patrimonio immobiliare. A Napoli sono previste 31 Case di comunità, 10 Centrali territoriali e 7 Ospedali di comunità ma sono contenitori. Il presidente De Luca ci dice sempre di lavorare per garantire i “contenuti”. Stiamo profondendo sforzi enormi per centrare gli obiettivi ma non sappiamo a quali risorse economiche attingere per il personale».

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