Torre Annunziata, la luce di Irma Testa e il buio della camorra

di Gigi Di Fiore
Lunedì 27 Marzo 2023, 00:00 - Ultimo agg. 06:01
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Bene e male, speranza e sfiducia continuano a rincorrersi a Torre Annunziata. Neanche il tempo di assaporare la nuova vittoria di Irma Testa, la Butterfly campionessa del mondo di boxe a Nuova Delhi, che nella cittadina vesuviana sparano ancora i killer della camorra. Sembra una maledizione, in un territorio dove da oltre 40 anni si rincorrono guerre tra clan. Vedi ottimismo nell’aperto sorriso di Irma, che con i guantoni incamera vittorie prestigiose da cinque anni, ma poi ti trovi a maledire chi, in nome dell’affare spaccio, rischia di far ripiombare Torre in un passato che sembra non morire mai.

Gionta, Gallo-Cavalieri e poi Quarto sistema con le famiglie Scarpa, Cherillo e Balzano sono i nomi dei gruppi che macchiano una città dalla storia antica. Una delle indimenticate figlie di Torre Annunziata, la scrittrice Maria Orsini Natale, era orgogliosa delle sue radici, vantava e raccontava sempre il passato degli scavi di Oplonti, la cultura che esprimevano. E malediceva chi inquinava Torre Annunziata per spartirsi il denaro di droga e estorsioni. Ma, quando tra poco Irma Testa tornerà in Italia per essere festeggiata anche nella cittadina dove è cresciuta e dove ha iniziato i suoi sacrifici picchiando duro sui pungiball della palestra del maestro Lucio Zurlo, sarà lei l’orgoglio di un’intera cittadina. Lei a prevalere su chi vuole ancorare Torre Annunziata al passato oscuro.

C’è sempre un alibi pronto, quando si parla di camorra e clan, quando si puntano le analisi su rioni come il Penniniello o il Provolera. E’ l’alibi del degrado, della mancanza di lavoro, dell’assenza di opportunità. Un alibi che l’esempio di Irma Testa smentisce. Contro tutto e tutti ha macinato ore e ore nella palestra “Boxe vesuviana” a due passi dal rione Provolera. Niente ciondolare a vuoto, ma regole, sacrifici. E risultati. Se oggi Irma Testa è personaggio famoso, orgoglio della sua Torre Annunziata pronta a festeggiarla, lo deve a lei stessa, al suo maestro di boxe, ai suoi sacrifici. 

Nell’agosto di due anni fa, il Comune di Torre Annunziata volle festeggiare due dei figli migliori di Oplonti: Irma Testa e Ciro Immobile, centravanti della Lazio e della Nazionale. Quella sera, portarono il loro sorriso, firmarono decine e decine di autografi, strapparono gli applausi di tanti ragazzi loro conterranei. E fu, se ce ne fosse stato ancora una volta bisogno, conferma di come anche Torre Annunziata ha bisogno di esempi positivi.

Di volti e sorrisi che facciano capire come il non ritorno al passato passa per il sacrificio, per obiettivi da raggiungere rispettando regole.

C’è una forza che è superiore a quella delle pistole dei killer, anche a Torre Annunziata. E’ la forza di chi non si fa lusingare, anche nei rioni rincorsi da una nichilista assenza di speranze, dalle sirene del male. Ci sono voluti anni, impegni delle istituzioni, indagini giudiziarie, sgomberi forzati, per far diventare il Quadrilatero delle carceri cosa diversa dalla roccaforte del clan Gionta che aveva macchiato Torre Annunziata. Eppure, anche in quell’area sono tornati i pusher dei clan. 

Contrasti stridenti in una città che, anche in nome del ricordo di Giancarlo Siani che ne fu corrispondente per Il Mattino negli anni difficili della prima violenta guerra tra clan che insanguinò quelle strade, negli ultimi anni si è candidata a diventare simbolo di rinascita. Ma i clan della camorra come l’araba fenice rinascono con nomi e figli diversi. Non bastano le indagini, gli arresti, le condanne. Chi sembra in ginocchio riappare con volti più giovani. Spara in nome del guadagno facile. Bastano pistole, violenza, intimidazione. Non è giusto chiedere a Irma Testa di più di quello che il suo esempio, la sua bella storia diventata di dominio pubblico, è riuscita e riesce a dare all’immagine di Torre Annunziata. Lei ne è la parte buona, da seguire. Il bene. Gli altri, quelli che sparano, che ieri in pieno giorno non hanno esitato ad uccidere un rivale, sono il male. Va ripetuto con chiarezza. Giustificare sempre e comunque, trovare mille motivazioni in analisi sociologiche a chi uccide non serve. E chi vive a Torre Annunziata, chi ama la nostra terra, è stanco di giustificare. Irma Testa, come Ciro Immobile, sono l’immagine buona di una città da amare. Come la ama la maggioranza dei figli di Oplonti che lavora, fa sacrifici ed è mortificato dai sanguinari che pensano che questa terra sia cosa sua. Non è così. E Torre Annunziata orgogliosa della sua Butterfly lo dovrà dimostrare ancora una volta. Far capire che “quelli” sono estranei a una città che ha sempre più bisogno di aria buona. Una volta e per sempre.

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