Viaggio nel mondo di Milik
«Ragazzo nato per stupire»

Viaggio nel mondo di Milik «Ragazzo nato per stupire»
di Bruno Majorano
Mercoledì 21 Giugno 2017, 23:58
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Zabrze. Lo stadio Gornik Zabrze è un piccolo gioiello. Costruito nel 1934 - quando la città di Zabrze era ancora annessa al territorio tedesco - era intitolato ad Adolf Hitler (per ovvie ragioni politiche). Ma da 15 anni a questa parte si chiama Ernest Pohl, nome di uno storico centrocampista del club dei minatori della città. Le curve, così come una delle due tribune, sono state interamente ristrutturate, ma la cosa che più di tutte colpisce all’arrivo nel piazzale dello stadio è una grossa pista di cemento con coni, segnali stradali e percorsi predefiniti. Si tratta delle aree della motorizzazione civile della città dove ogni giorno i giovani della zona si mettono alla prova per conseguire la patente di guida.

Un segno del destino, certo, perché è proprio in questo stadio, e quindi dietro questa pista di addestramento, che Arek Milik ha conseguito la sua di patente. Ma in questo caso si tratta di quella da bomber. 
L’Ernest Pohl è stata la sua casa dal 2011 al 2013 quando si è trasferito al Bayern Leverkusen. Dalle tribune di quello stadio, le stesse che nel 1970 avevano visto la squadra dei minatori di Zabrze eliminare la Roma nella semifinale di Coppa Uefa, gli osservatori tedeschi avevano ammirato il talento purissimo dell’attaccante classe ’94 che l’estate scorsa ha scelto di vestire la maglia numero 99 del Napoli. Stesso numero che portava sulla maglia nera e rossa ai tempi del Gornik. Da queste parti lo avevano visto fin da subito come un predestinato. Lui, nato il 28 febbraio: stesso giorno di Wlodzimierz Lubanski, bomber di tutti i tempi del Gornik Zabrze e della nazionale polacca. Insomma, bigliettino da visita che parlava da solo per il piccolo Arek, nato a Tychy e cresciuto a Katowice, tutto nel raggio di 50 chilometri.

Da quando aveva 11 anni, e fino a quando non è partito per la Germania, Arek ha avuto come suo compagno di squadra (prima al Rozwoj Katowice e poi Gornik Zabrze) l’amico inseparabile Konrad Nowak, anche lui nato nel 1994. «Arek è sempre stato un giocatore fantastico», racconta. «Fin da quando era piccolino praticamente era il capocannoniere di ogni torneo. Merito di quel piede sinistro davvero fatato». Lui e Arek facevano coppia fissa in campo. «C’è sempre stata grossa intesa tra di noi. Io facevo gli assist e lui i gol: un’accoppiata perfetta». 
Oggi Konrad gioca ancora nel Gornik Zabrze neopromossa nella massima serie polacca, mentre Arek ha girato mezza Europa prima di approdare nel Napoli. «Ci sentiamo sempre, anche adesso che è a Napoli e mi ha detto che è una piazza fantastica: i tifosi sono caldissimi. Gli piace molto la città e la squadra e vuole continuare a fare bene lì». E Konrad non smette mai di essere il suo primo tifoso. «Faccio il possibile per non perdere neanche una partita del Napoli e un giorno spero di poter approdare anche io in Italia». Idea che gli è venuta sulla scia dei racconti dell’amico Arek. «Mi dice sempre che il calcio italiano è molto tattico e che bisogna essere pronti per giocare lì».

Ma il primo step della carriera di Konrad Nowak è stato proprio il Rozwoj Katowice, ovvero dove Arek Milik ha mosso i suoi primi passi da calciatore. Ci è arrivato a sei anni, quando praticamente era ancora un bambino saliva sull’autobus e da Tychy raggiungeva il campo sportivo. Ma c’è qualcuno che può giurare di aver visto fin da subito in lui i tratti inconfondibili del campione. «Ha sempre amato giocare a calcio e lavorare il più possibile per migliorarsi», chi parla è Szlawomir Mogilan, un nome tanto difficile da scrivere quando indimenticabile per Milik. È stato il suo primo allenatore ed è tutt’oggi uno dei suoi più cari amici. «Da allenatore non ho mai avuto problemi perché è sempre stato molto disponibile. E ora siamo grandi amici». Al punto tale che una volta al mese lo raggiunge ovunque si trovi in Europa. «Una volta almeno», aggiunge con una risata. Perché a quanto pare Arek si fida di lui più ogni altro. «Sono stato al suo fianco anche a Villa Stuart quando si è sottoposto all’intervento chirurgico del professor Mariani dopo la rottura del legamento del ginocchio sinistro». In una parola: inseparabili. 
È anche per questo che Mogilan conosce bene Napoli e il Napoli. «Una squadra che gioca un calcio bellissimo, uno dei più belli che abbia mai visto. Ma non mi meraviglio. Arek mi ha sempre parlato alla grande di Sarri: “Un allenatore favoloso”, mi dice fin dal primo allenamento».

La carriera di Milik, però, è iniziata nel ruolo che non ti aspetti. «È partito da centrocampista perché da piccoli facevo provare tutti in ogni ruolo per farli migliorare il più possibile. Con il suo ottimo mancino era partito da esterno sinistro ma l’ho fatto giocare anche a destra per farlo crescere anche nell’uso dell’altro piede». Insomma: l’attaccante centrale ha iniziato a farlo con il Gornik Zabrze. «I miei insegnamenti si vedono tutt’ora perché in nazionale gioca alle spalle di Lewandowski o anche da esterno». Ma guai a dire a Szlawomir che il merito dei progressi di Milik è tutto suo. «Sono molto orgoglioso di dove sia arrivato, ma sono convito che il 99% sia merito suo e l’1% è mio». Arrivato lontano, ma senza dimenticare le sue origini. «È molto legato alla sua terra. Non ha mai dimenticato i suoi amici e le persone che gli sono state accanto nella sua gioventù. Quando è qui viene sempre a vedere le partite dei ragazzini della squadra e ci aiuta per comprare magliette, scarpette e palloni». 

Senza dimenticare i campi estivi che organizza per i più giovani. Il Rozwoj Katowice è la sua seconda casa e Szlawomir Mogilan è uno di famiglia. Ma è proprio lui il primo ad essere contento della sua assenza agli Europei Under 21. «Per uno come Arek che ha già diverse presenze con la nazionale maggiore, giocare con l’Under 21 sarebbe stato un passo indietro. E poi meritava un po’ di vacanza: l’anno scorso è stato impegnato per l’Europeo in Francia fino a luglio. Adesso si deve riposare e pensare a rimettersi in forma dopo l’infortunio. Personalmente credo che il Napoli debba essere la sua priorità, anche più della nazionale Under 21».

Nella Slesia, regione dove è nato e cresciuto, Arek è una sorta di divinità terrena. Non c’è un solo bambino che gioca a calcio che non sogni di diventare come lui. Numero 99 sulle spalle e via. A gonfiare reti in giro per l’Europa alla guida dei club più importanti del mondo. Per la patente nessun problema, se la porta dietro fin dai tempi del piazzale dello stadio Ernest Pohl di Zabrze: quella di guida e quella del gol.
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