Mr Rain: «A Sanremo 2024 porto una storia da brividi. I miei testi sono considerati "ruffiani"? Pazienza, questo è il mio stile»

Il rapper 32enne di Desenzano del Garda parla del suo testo di Sanremo: «Parla di un padre che ha perso i suoi due figli».

Mr Rain: «A Sanremo porto una storia da brividi. Vengo considerato un "ruffiano"? Pazienza. Non cambio»
Mr Rain: «A Sanremo porto una storia da brividi. Vengo considerato un "ruffiano"? Pazienza. Non cambio»
di Mattia Marzi
Giovedì 25 Gennaio 2024, 07:35 - Ultimo agg. 07:36
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Niente bambini con le ali da angelo attaccate alla schiena, stavolta. Ma come lo scorso anno con Supereroi, anche questa volta Mattia Balardi, in arte Mr. Rain (perché, spiega lui, «scrivo solo nei giorni di pioggia»), qualcosa s'inventerà. Dal 6 al 10 febbraio il 32enne rapper bresciano - è nato a Desenzano del Garda - sarà nuovamente in gara tra i Big del Festival di Sanremo. Sul palco dell'Ariston, dove un anno fa si classificò a sorpresa terzo anche grazie all'espediente del coro di bimbi, canterà Due altalene. Preparatevi: «Parla di un padre che ha perso i suoi due figli».

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Si è ispirato a una storia che conosce da vicino, per caso?
«Più o meno. È una delle tante storie che mi sono state raccontate in questi mesi di grande esposizione dopo il successo di Supereroi, tra lettere e incontri sotto ai palchi dei miei concerti.

Mi ha colpito quella di questo papà, perché è la storia tragicamente vera di una perdita, una delle più forti ed emotivamente difficili da vivere e superare».


A tal punto da scriverci una canzone su?
«Sì, perché i due figli erano miei fan. È stato un colpo al cuore, straziante: ho i brividi solo a raccontarlo. Non ho mai avuto figli ma ho subito anche io la perdita di una persona a cui ero veramente legato da piccolino. Posso comprendere quello che ha provato, ma non su larga scala come può essere perdere un figlio. Ho cercato di comprendere questo dolore».


Non teme che i suoi messaggi positivi possano essere interpretati come ruffiani o buonisti?
«Pazienza. Questa è la mia cifra, il mio stile. E non intendo rinunciare a questo modo di approcciarmi alla performance o ai video. Credo sia uno dei miei punti di forza».

Le piace vincere facile?
«A me interessa di essere utile a qualcuno: ho trovato nella musica il modo di comunicare con le persone intorno a me. Sono totalmente trasparente. Magari non è cool, oggi che cantare le proprie debolezze non va tanto di moda. Ma non m'importa».

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Per la messa in scena sul palco dell'Ariston di "Due altalene" cosa bisogna aspettarsi?
«Sto pensando in queste settimane a come raccontare dal vivo questa canzone. Non ci sarà un coro, questo posso confermarlo. Sarebbe una paraculata gratuita: meglio evitare».


Quante volte era stato scartato dal Festival prima che Amadeus la prendesse in gara lo scorso anno con Supereroi?
«Per tre edizioni. Un anno avevo presentato Fiori di Chernobyl (oggi conta 74 milioni di streams su Spotify e ha vinto due Dischi di platino, ndr). Supereroi mi ha cambiato la vita».


Mai pensato di mollare prima di "Supereroi", tra porte sbattute in faccia e buchi nell'acqua?
«No. Avrei continuato a provare».


È testardo?
«È che scrivere e cantare canzoni è l'unico modo che ho per esprimermi. Non so fare altro».


Dopo il lungo digiuno, ora fa indigestione di Sanremo?
«Ahahah (ride). Con calma. Quest'anno mi sono sentito di riprovare a partecipare perché questa canzone mi sembrava perfetta per quel palco, che sento di dover ringraziare perché mi ha regalato l'anno più bello della mia carriera finora. Sto vivendo l'attesa di questo secondo Festival come se fosse la prima volta, anche se ormai conosco tutti i meccanismi della kermesse. So che le aspettative rispetto a un anno fa sono più alte, ma io non vado a fare una gara. La mia missione è entrare nel cuore della gente. Se succede questo, arrivare anche ultimo non mi interessa».


Dopo il Festival continuerà a premere sull'acceleratore oppure si fermerà?
«Non mi fermo. L'1 marzo uscirà il mio nuovo album: il titolo lo rivelerò più in là. Lo presenterò con i due concerti al Palazzo dello Sport di Roma e al Forum di Assago a Milano del 26 e 30 novembre. Ho cercato di sperimentare, mantenendo lo stile della mia penna».


Un reggaeton lo farebbe?
«Forse sarebbe poco credibile. Però mi sto concentrando molto sulla promozione in Spagna, dove la versione per il mercato iberico di Supereroi, Superhéroes, sta riscuotendo un grande successo: è finita nella top ten della classifica delle canzoni più trasmesse dalle radio. Lì è diverso dall'Italia: sono arrivato in Spagna da signor nessuno e nonostante ciò hanno amato la mia canzone. Pensano al risultato e al potere della canzone, non ad altro. Ho deciso che il disco uscirà anche in spagnolo».


Non è che niente niente punta all'Eurovision?
«Eh (ride). Diciamo che sarebbe bello».

 

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