Moratti, Patriciello e gli altri: ecco i big delle preferenze. «Possono valere fino al 2%»

Gli acchiappa-voti dei partiti: l’ex sindaca di Milano punta a superare quota centomila

(da sx) Letizia Moratti e Antonio Tajani all'apertura della campagna elettorale di Forza Italia al teatro Manzoni a Milano, 21 aprile 2024.ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
(da sx) Letizia Moratti e Antonio Tajani all'apertura della campagna elettorale di Forza Italia al teatro Manzoni a Milano, 21 aprile 2024.ANSA/MOURAD BALTI TOUATI
di Mario Ajello
Sabato 27 Aprile 2024, 07:00
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Il duello Vannacci-Salis, il generalissimo del «rifiuto di dirmi anti-fascista e il 25 aprile me ne sono andato al mare» contro la donna anti-fascista militante pure troppo, si preannuncia come uno dei più spettacolari. Così come quello militari contro militari: Vannacci, Vincenzo Camporini (ex capo di stato maggiore dell’aeronautica in corsa con Azione) e Sergio De Caprio (il Capitano Ultimo che catturò Riina, ora generale e in lista con Cateno De Luca). E come quello destra-sinistra, nel Centro Italia dove Vannacci è capolista, tra lui e un campione del Pd come Nicola Zingaretti, rimasto l’unico pezzo forte dei dem nel Lazio in corsa per Bruxelles, mentre nelle scorse edizioni ci furono anche Gasbarra, Sassoli, Gentiloni.

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I leader

I leader di partito fanno una corsa a sé, ma occhio anche a tutti gli altri.

Perché un candidato territorialmente forte può spostare anche, al livello nazionale, più dell’uno per cento. Ed è tantissimo visto che la gara tra i partiti si gioca sul filo delle percentuali, anche molto lievi ma pesanti. In casa Lega, con un Vannacci a cui Salvini attribuisce una forza di trascinamento addirittura del 3 per cento (quella con cui si spera di salire dal 7 al 10, per superare Forza Italia ma non sarà facile), ci sono formidabili mister preferenze, del tipo di Aldo Patriciello il Berlusconi del Molise, imprenditore sanitario passato dagli azzurri ai salviniani con la sua assicurazione sulla propria vita politico-elettorale fatta di 80mila voti. E che cosa dire della forzista Letizia Moratti che, oltre ad avere le risorse per auto-finanziarsi la campagna elettorale nel Nord-ovest, e come lei l’azzurro-ciellino lombardo Massimiliano Salini (40mila voti stimati), ha nella borsetta stando ai voti della sua lista alle ultime Regionali in Lombardia 152mila consensi personali. E Sandra Mastella, moglie del principe di Ceppaloni e politica navigatissima, in gara nel cartello renziano? Dovrà vedersela al Sud con robusti acchiappavoti come il forzista Fulvio Martusciello o Lello Topo (deluchiano del Pd, figlio di Ciccio Topo che fu autista personale di Antonio Gava) ma con un patrimonio stimato di 80mila preferenze anche grazie a quel fenomeno di Clemente. 80mila, la volta scorsa, anche per l’uscente Pina Picierno, e ora potrebbero essere perfino di più. E ancora: nelle Isole, gli 84.171 voti presi da Maria Chiara Gemma, ex M5S e ora FdI, dovrebbero trasmigrare, non tutti ma un bel po’, mentre Forza Italia nella stessa circoscrizione punta a tenere intatto il tesoretto di 112.456 voti raccolti da Caterina Chinnici cinque anni fa quando la figlia del magistrato ucciso dalla mafia era con il Pd.

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I glocal

L’eurodeputato uscente Raffaele Stancanelli ha 30mila voti invidiatissimi ma li ha portati dal FdI alla Lega. Elena Donezzan, ex azzurra diventata donna forte del melonismo nel Nord-est, consigliera regionale dal 2005, è la più votata all’ultima tornata amministrativa in Veneto nel 2020 con oltre 10mila preferenze ma gliene vengono attribuite adesso almeno quattro volte di più. Sarà la donna da battere ma il Pd ha Alessandra Moretti che è radicatissima, più lei della iper-schleineriana Annalisa Corrado nella stessa circoscrizione. Mentre scendendo lungo lo Stivale, donna di sostanza è la tosco-leghista Susanna Ceccardi, uscente, con 50mila voti all’ultimo giro.

La morale di queste elezioni, e non solo di queste, è che meno gente va alle urne (stavolta si spera di eguagliare la partecipazione del 2019 che fu comunque bassa: 54,5 per cento) e più i ras dei voti locali (attenzione a Edy Tamajo, assessore alle Attività produttive con Schifani in Sicilia: 21mila preferenze solo a Palermo) e i signori delle tessere pesano sul risultato finale. Perciò la Lega nel Lazio - dove c’è un azzurro carico di voti che è Salvatore De Meo ma a spingerlo è il potentissimo senatore Fazzone di Fondi - insieme al capogruppo uscente Procaccini, oltre 45mila preferenze nel 2019, schiera campioni local come l’ex presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese (i suoi mega-poster invadono Roma e vi si legge: «Abbruzzese, l’Europa dei territori»), l’attuale vicepresidente del consiglio laziale Giuseppe Cangemi e un altro pezzo da novanta del leghismo indigeno: Davide Bordoni. E’ fondamentale insomma mettere dentro gli acchiappavoti, anche quelli che non andranno a Bruxelles. Non ci andrà certamente Totò Cuffaro, ma il suo bottino stimato (lo dice lui) 140mila voti è pronto a baciare qualcuno (la radicale Rita Bernardini?) del cartello boninian-renziano. Quanto a Cateno De Luca detto Scateno, masaniello messinese che guida 28 liste, ha conquistato da solo alle Politiche l’uno per cento e ora dice: «Un milione di voti e andiamo a Bruxelles». La lotteria è pronta.

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