Schlein, Berlinguer sulle tessere Pd. La leader dem: «Un omaggio e una grande responsabilità»

La segretaria alla stampa estera lancia la campagna per le europee, domenica le liste per Bruxelles

La segretaria del Pd Elly Schlein durante una conferenza stampa nella sede della Stampa Estera a Roma, 15 aprile 2024. ANSA/ALESSANDRO DI MEO - - - - - - - - - Democratic Party secretary Elly Schlein during a press conference at the Foreign Press...
La segretaria del Pd Elly Schlein durante una conferenza stampa nella sede della Stampa Estera a Roma, 15 aprile 2024. ANSA/ALESSANDRO DI MEO - - - - - - - - - Democratic Party secretary Elly Schlein during a press conference at the Foreign Press...
di Andrea Bulleri
Martedì 16 Aprile 2024, 07:00
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Operazione nostalgia. Mentre a Bari si contano le macerie del campo largo Pd-Cinquestelle – e anche l’ultimo tentativo di mediazione sul nome dell’ex magistrato Nicola Colaianni nel giro di 48 ore si scioglie come neve al sole – Elly Schlein riparte dai fondamentali. «When in trouble, go big», consigliava Barack Obama: quando sei in difficoltà, gioca pesante. Almeno sui simboli. Ed ecco che a due mesi dalle Europee, la segretaria dem chiede “aiuto” al suo predecessore più illustre: Enrico Berlinguer. Il cui volto (o meglio: solo gli occhi, sorridenti) campeggerà sulla tessera Pd 2024. Accompagnato da una frase del suo ultimo comizio, quello di Verona del 1984, durante il quale il leader del Pci accusò il malore che lo avrebbe fatto spegnere pochi giorni dopo: «Strada per strada, casa per casa». Un imperativo, per la segretaria. Con l’obiettivo, nelle urne di giugno, di consolidarsi come prima forza dell’opposizione. Accorciando le distanze da Giorgia Meloni e allungando quelle da Giuseppe Conte, pur senza mettere «asticelle» minime di successo («portano iella»).

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La mossa

«Un omaggio e una grande responsabilità» mettere l’immagine di Berlinguer sulla tessera, dice Schlein.

Che ha avuto l’idea visitando la mostra dedicata al segretario comunista. E che annuncia la mossa dalla nuova sede della Stampa estera a Palazzo Grazioli, nelle stanze che furono dimora di Silvio Berlusconi (e nelle quali la leader si concede un rapido tour a fine conferenza stampa, passaggio “segreto” dietro la libreria compreso: «Non potevo non approfittarne», scherza coi cronisti). Una scelta che punta a parlare agli elettori della sinistra di ieri e di oggi (anche se la minoranza degli ex Margherita borbotta). E a lanciare un altolà all’alleato-rivale Conte, che alle urne è deciso a rosicchiare consensi al fianco sinistro del Pd: c’eravamo prima noi, è il messaggio.

Messaggio ribadito pure dai manifesti per le Europee da ieri affissi nelle città italiane. Ecco i cavalli di battaglia: salario minimo, sanità pubblica, clima, pace. E poco importa che il presidente dei pentastellati ora provi a rassicurare che lui non punta a diventare quello che dà le carte nel centrosinistra: «Se alle Europee supereremo il Pd – avverte Conte in tour tra Calabria e Basilicata – non farò valere questo come motivo di leadership nei loro confronti. Quindi i dem si rilassino d'ora in poi». Tra l’avvocato e la segretaria la schiarita all’orizzonte ancora non si vede. E anche Schlein, pur continuando a professarsi «testardamente unitaria», non lesina stoccate. «Il Pd da un anno ha un obiettivo: ricostruire un'alternativa a queste destre. Non vorrei che fosse un problema solo mio». Il campo largo, insomma, «non è morto»: «Da quando ci sono io, si è fatta l’alleanza in quattro regioni su cinque. E in 22 capoluoghi su 27 al voto a giugno si è chiuso o si sta definendo un accordo. Di mettere insieme le forze – spiega – ce lo chiede la gente per strada». Però, ammette Schlein, «qualche problema c’è». Acuito pure dal fatto che «alle Europee ognuno va per sé, e si vede», punge, pensando ai continui distinguo di Conte. «La nostra comunità merita rispetto. E io non ho bisogno di consigli: stavamo cambiando le cose già prima».

Lo strappo

L’ultima frattura – il no a Nicola Colaianni come nome di compromesso per andare uniti a Bari – ieri ha prodotto il ritiro dalla corsa dell’ex magistrato ed ex deputato del Pds. Una candidatura proposta da Nichi Vendola, in un tentativo di ricomporre lo strappo che è durato lo spazio di un week-end. Ora tutto torna al punto di partenza. E salvo colpi di scena, si chiuderà così: Pd e 5stelle marceranno divisi, i dem a sostegno di Vito Leccese, i grillini di Michele Laforgia (su cui Schlein esclude categorica che il Nazareno potrà convergere, come invece chiede di fare Conte). Ma se sul dopo-Decaro la segretaria preferisce far lavorare il partito locale (che non ha intenzione di commissariare) è sulla giunta di Michele Emiliano che Schlein continua a chiedere un cambio di passo. Rinnovamento profondo, è il mantra: la sostituzione di qualche assessore non basta. «Interessi sbagliati e trasformisti devono trovare le porte chiuse e sigillate».

Questa settimana, però, il dossier più spinoso che dovrà affrontare la segretaria corre sull’asse Roma-Bruxelles. E riguarda le candidature per le Euroopee. Domenica mattina al Nazareno è convocata la direzione che dovrà approvare le liste. Quelle che – salvo sorprese – vedranno Schlein candidata in tutte le circoscrizioni. E che con ogni probabilità deluderanno molti aspiranti eurodeputati, relegati in posizioni poco favorevoli per agguantare un seggio. Dunque – Schlein lo sa – bisogna incassare un buon risultato, perché quei mal di pancia non si trasformino in un fuoco di fila. L’effetto nostalgia, da solo, potrebbe non bastare.

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