Aggressione con l'acido, Martina e Alexander condannati a 14 anni. Un milione di risarcimento

Alexander Boettcher e Martina Levato
Alexander Boettcher e Martina Levato
Giovedì 11 Giugno 2015, 16:39 - Ultimo agg. 16:41
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MILANO - Sono stati condannati a 14 anni di carcere Martina Levato e Alexander Boettcher, la 'coppia diabolicà imputata a Milano per lesioni gravissime per aver aggredito con l'acido, lo scorso 28 dicembre, Pietro Barbini, ex compagno di scuola di lei. Lo hanno deciso i giudici della nona sezione penale del Tribunale. La provvisionale è immediatamente esecutiva. Il collegio presieduto da Anna Introini ha, inoltre, escluso l'aggravante della crudeltà contestata dal pm Marcello Musso ai due imputati accusati di concorso in lesioni gravissime anche con le aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti, dell'aver agito in più persone riunite e dell'aver utilizzato sostanze corrosive. Disposta, infine, la «trasmissione della sentenza alla procura per i minorenni per quanto di competenza», ovvero per eventuali provvedimenti da prendere in ordine al figlio che Levato, all'ottavo mese di gravidanza, attende dall'amante. Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra sessanta giorni.



Martina: "Contaminata, dovevo purificarmi". «Io avevo avuto esperienze sessuali negative (...) non mi ritrovavo come futura mamma (...) quando ho pensato di essere madre, dovevo liberarmi da esperienze corporee negative, che non avevo condiviso, ero contaminata, adesso sento che il mio corpo si è liberato».
Queste le parole pronunciate da Martina Levato, accusata di una serie di aggressioni con l'acido, in un colloquio con i periti psichiatri e riportato dalla difesa della ragazza in un sunto dell'arringa, depositato ai giudici, per spiegare, in sostanza, che alla studentessa va riconosciuto un vizio di mente, almeno parziale. «Nella concezione distorta dell'imputata - scrive il legale Daniele Barelli - il Barbini (vittima dell'aggressione e che aveva avuto con la ragazza una relazione, ndr) viene raffigurato come un soggetto che si insinua e che le rappresenta un'immagine di sè che non può più ormai convivere con la nuova prospettiva di vita che si è data». Da qui «emerge in lei un'idea di 'purificazionè», ossia di colpire con l'acido i ragazzi con cui aveva avuto rapporti. E «quell'idea di purificazione», secondo la difesa, è «insita all'interno delle dinamiche proprie del rapporto con il Boettcher», amante e imputato con lei, «e con il suo desiderio di diventare madre».