Uccise Caterina con il pullman a Roma: chiesto il processo dopo un anno

Uccise Caterina con il pullman a Roma: chiesto il processo dopo un anno
di Adelaide Pierucci
Mercoledì 31 Luglio 2019, 10:50 - Ultimo agg. 17:34
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Il 19 luglio di un anno fa lo stridìo di una frenata tardiva, le urla dei passanti e una ragazza sbalzata sui sampietrini. Attraversava spensierata le strisce pedonali di Corso Vittorio Emanuele II, di fronte al civico 243, Caterina Pangrazi, 22 anni, quando un torpedone l’ha urtata uccidendola sul colpo. Per la morte della studentessa romana, la procura ora ha finalmente completato le indagini e chiesto il processo per il conducente del bus. Omicidio stradale, la contestazione. Non causato da un errore, ma da una catena di negligenze e imprudenze.

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Innanzitutto a Francesco P., 64 anni, l’autista finito sotto inchiesta, è stato contestato di «aver omesso di adeguare la velocità alle caratteristiche del veicolo, della strada e del traffico, in modo da evitare il pericolo per la sicurezza delle persone». «In specie - precisa l’imputazione - non adattandola al tratto urbano percorso, in pieno centro abitato ed in prossimità di un attraversamento pedonale, così da poter arrestare il veicolo in presenza di prevedibili attraversamenti». Una superficialità nella guida che si è andata a sommare a una condotta vietata, ossia aver «omesso di arrestare la marcia all’incrocio con via Dei Filippini, benché fosse visibile l’ordine di “stop” impartito dall’impianto semaforico a luce gialla». Ma anche la noncuranza di non essersi «accorto per tempo dell’attraversamento dell’incrocio del pedone», ovvero di Caterina, «che lo impegnava avendo segnale di luce verde». «Così investendo la giovane, sbalzandola al suolo e cagionandone, a causa del conseguente violento impatto contro lo spigolo del marciapiede, la morte immediata, per una gravissima lesione encefalica».

GLI ERRORI
I tempi stretti della guida, l’eccessiva familiarità e sicurezza col mezzo pesante, avrebbero insomma, spinto il conducente - che procedeva a oltre 30 chilometri orari nel tratto urbano - a compiere una serie di errori che sono costati la vita alla studentessa universitaria. Il conducente, in base alle prime ipotesi, avrebbe compiuto anche un’altra manovra vietata cercando di immettersi nella corsia preferenziale (riservata però ai taxi e ai mezzi pubblici) e deviando così dalla traiettoria originaria (verso il Lungotevere). 

La ragazza, appena scesa dal marciapiede, quindi non lo avrebbe visto arrivare, se non proprio all’ultimo istante. Alcuni testimoni hanno riferito di averla vista indietreggiare di un passo, nell’estremo tentativo di salvarsi, purtroppo, senza farcela. Gli agenti della Polizia Roma Capitale avevano annotato che il conducente del torpedone avrebbe dovuto comunque rallentare in prossimità dell’incrocio con via dei Filippini, anche perché, alle 19,30, il sole stava tramontando facendo, con un gioco di riflessi, diminuire la visibilità. «Il conducente - aveva concluso il perito nominato dalla procura - dopo aver superato lo stop con il giallo non è riuscito ad arrestare il mezzo prima dell’investimento, nonostante si trovasse a transitare con la luce semaforica rossa sulle strisce pedonali». Caterina Pangrazi avrebbe compiuto 23 anni il 22 maggio. 

I RICORDI
Ai genitori, che assistiti dall’avvocato Pierfrancesco Bruno si costituiranno parte civile nel processo, restano di lei i ricordi, foto, e una lettera intensa, piena d’amore scritta per i cinquanta anni del papà. «Questi cinquant’anni - scriveva Caterina - non sono altro che un passaggio di un percorso che ha radici troppo profonde per essere ridotte ad un numero, ad una serie di eventi... Io oggi spero con tutto il cuore colluso all’anima, di essere un tuo degno graffio nel mondo». 
 

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