«Fucacoste e Cocce Priatorje», se nel Sud Italia c'è una festa più antica di Halloween

«Fucacoste e Cocce Priatorje», se nel Sud Italia c'è una festa più antica di Halloween
di Marco Perillo
Venerdì 2 Novembre 2018, 11:53 - Ultimo agg. 14:59
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Falò accesi nelle piazze e nelle stradine di pietra, ma soprattutto loro: centinaia di zucche intagliate e illuminate davanti a ogni porta e su ogni finestra, sotto lo sguardo divertito e incuriosito di centinaia di persone pronte a far festa. No, non è Halloween, ma una tradizione nostrana, un'antichissima ricorrenza del Sud Italia. Anche ieri, come ogni primo novembre, si è tenuta nell'affascinante borgo di Orsara di Puglia la festa del «Fucacoste e Cocce Priatorje», la notte più luminosa dell'anno dedicata al ricordo degli spiriti dei defunti.

Una tradizione che risale addirittura al 1200, per un evento che ancor oggi è un misto di fede e religiosità popolare. Un rito che addirittura avrebbe origini spagnole, anzi galiziane, essendo Orsara, cittadina sorta dove vi era il rifugio di un'enorme orsa coi suoi piccoli, una fondazione della Galizia, poi finita nelle mani degli Aragonesi. Lungi dallo Shamain celtico-irlandese che diede vita ad Halloween, i galiziani già veneravano i defunti con processioni e rutuali legati al fuoco. Nella sera di Ognissanti i vivi si radunavano nella chiesa del paese per onorare i loro morti, lì sepolti. 
 
 

Sull’altare venivano poste delle candele benedette e conservate per tutta la notte sull’altare all’interno di zucche intagliate col segno di una croce. Le stesse erano situate anche fuori dalle porte delle abitazioni, per allontanare i dannati e impedire loro di partecipare al banchetto serale, al quale avevano accesso solo le anime buone, che si diceva sedessero a tavola con i viventi. A mezzanotte scoccavano le campane della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, da cui partiva la processione dell’Arciconfraternita dei Morti, ovvero la Congregazione delle Anime del Purgatorio: iniziava il tempo dei morti.

A quell’ora, la Confraternita dava inizio ad una processione penitenziale per le vie del paese, che si sarebbe protratta sino alle tre del mattino. I confratelli, vestiti di nero e con in testa un cappuccio, giravano per le strade di Orsara e bussavano a tutte le porte, chiedendo del cibo per i poveri con una parola d'ordine “l’aneme d’i murt”. Infine essi ritornavano nella chiesa listata a lutto, dove aveva luogo la cosiddetta “Messa nera” - a causa del colore dei paramenti - per i defunti. 

Oggi quest'antica tradizione si è trasformata in una festa che attrae migliaia di visitatori da tutta Italia e anche dall'estero, complice anche un'accattivante comunicazione al tempo dei social. 
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