Giù le mani
dal caffè napoletano

di Pietro Gargano
Mercoledì 5 Giugno 2019, 08:00 - Ultimo agg. 09:40
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A me il caffè fa perfino dormire, aggarba tutto. È Report che mi rende nervoso con questa storia che la tazzulella nostra è una ciofeca. Dopo cinque anni Report è tornato sul luogo del misfatto, il Gran Caffè Gambrinus. Allora diede tre e mezzo in pagella al caffè. Ora si è degnato di dare un quattro e mezzo-cinque, stiamo migliorando. Il gran giustiziere di un mito si chiama Andrej Godina ed è triestino. Dice che noi mettiamo nella miscela troppa robusta, perché costa meno, e invece è l’arabica a dare il giusto sapore.

Il vostro cronista ha un diploma in caffè preso a un corso itinerante della Illy di Trieste, e gli spiegarono che un caffè tutta arabica non è buono. Dice Godina che sotto il Vesuvio eccediamo nella tostatura, perciò il sapore è troppo amaro e sa di bruciato, quando non di rancido. Pur'io sento puzzo di bruciato quando vedo o leggo certe inchieste. Dice Ghedina che i baristi napoletani cambiano il filtro troppo di rado. Dice Ghedina che per consolarci dobbiamo andare da Starbucks a Milano, catena americana di quasi trentamila punti vendita. Oppure in Giappone, in Australia, a Parigi o a Londra. O munno a smerza.

Dopo queta puntata di Report dovrebbero mettere una regola espressa: il caffè non si degusta mai con la puzza al naso. È di moda andare controcorrente. L'esperiemza, il sapere secolare, non servono più a niente. Anche per inseguire un'aroma bisogna avere i soldi di una multinazioziale. Alla città che, a detta di lor signori, di capitale ha oramai solo la pena, sottraggono anche le ultime consolazioni. Cantava Pino Daniele: Nuie ce puzzammo e famma' o sanno tutte quante, e invece e ce aiutà c'abboffano e cafè. Continuano ad abbuffarci, nell'immaginario ghedianiano, ma di caffè guasto che non acconcia a vocca. De André esaltava la ricetta di Cicirenella compagno di celle, se Ghedina va a Poggioreale lo fa chiudere dai Nas.

Chi glielo dice a Totò, che si presentava al bar storcendo labbra e mento e chiedeva na tazzulella pe' s'accuncià nu poco e vocca? A Totò che diceva: Per prendere un caffè e tradire la moglie c'è sempre tempo e Prendo tre caffè alla volta per risparmiare due mance. Chi glielo dice a Peppino De Filippo? Diceva alla moglie: Quando io morirò, tu portami il caffè e vedrai che resuscito come Lazzaro. Chi glielo dice a Domenico Modugno? Cantava: Ah, che bellu cafè, sulo a Napule o sanno fa' e nisciuno se spiega pecché è na vera specialità! Chi glielo dice a Erri De Luca, autore della frase A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco?

Vogliamo davvero un caffè dal sapore di un esperimento chimico? Mi ronza una frase in testa: Ho visto analfabeti correggere anche un caffè. A dispetto di Ghedina, noi napoletani sosteniamo ch'è bella la vita con la testa tra le nuvolette di fumo della tazzulella; che ci bastano le tre ci: caldo, carico, comodo oppure come cazzo coce; che il nostro nettere allontana la malinconia e irrobustisce la memoria, perché il vino serve per dimenticare e il caffè per ricordare. Sarà l'acqua, sarà il clima, sarà il sorriso diffuso ma o cafè nuosto è na specialità. Come disse un poeta, profuma di cielo macinato da poco. Pure la pizza stavano diffamando ma si sono dovuti arrendere ed è arrivato il marchio dell'Unesco a un patrimonio del mondo. Dovremmo chiederlo pure per il caffè. Vado a prepararlo amaro, perché non c'è niente di più dolce.
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