Ilva Taranto, 1.600 senza il Green pass: l'acciaieria pagherà i tamponi

Ilva Taranto, 1.600 senza il Green pass: l'acciaieria pagherà i tamponi
di Nando Santonastaso
Mercoledì 13 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo agg. 14 Ottobre, 07:16
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Costeranno un milione di euro fino a fine anno ma li pagherà tutti l’azienda, Acciaierie Italia, l’ex Ilva, nella cui compagine azionaria è presente ora anche lo Stato italiano attraverso Invitalia. Sono i tamponi anti-Covid necessari a garantire ai 1.600 lavoratori di Taranto che non si sono vaccinati (su un totale di 8.200, più 1.600 cassintegrati), e che non sono di conseguenza in possesso del green pass obbligatorio, di continuare ad accedere allo stabilimento senza subire penalizzazioni (ritiro del badge e cassa integrazione). L’azienda, dopo avere comunicato appena la settimana scorsa che i dipendenti senza green pass non sarebbero entrati, è tornata sui suoi passi, accettando la richiesta dei sindacati: pagherà loro da venerdì prossimo il tampone ogni 48 ore, predisponendo per loro tornelli per l’ingresso diversi da quelli del personale “in regola” che ha già comunicato gli estremi del documento verde rilasciato dalle autorità sanitarie locali. 

Una convenzione con una farmacia del rione Tamburi della città ionica permetterà di espletare le operazioni per ogni lavoratore. Diversa invece la questione per gli operai delle ditte appaltatrici: nell’ex Ilva ne lavorano in tutto 3.800, di cui 1.800 non vaccinati. Per una parte, si faranno carico del costo alcune aziende private ma non si annunciano pochi i casi di lavoratori che dovranno invece provvedere in proprio. «Era la soluzione più logica – commenta Rocco Palombella, segretario generale della Uilm – perché un gruppo siderurgico che lavora a ritmo continuo non avrebbe potuto affrontare l’obbligatorietà del green pass rinunciando a centinaia e centinaia di dipendenti e dunque con un prezzo altissimo da scontare sul piano produttivo oltre che organizzativo.

Specie poi in questa delicatissima fase per il futuro del gruppo stesso». 

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Acciaierie Italia, guidata da Franco Bernabé, in scia ad altre aziende, quasi tutte del Nord, che si erano già mosse in questa direzione, preoccupate di non interrompere lo sforzo produttivo iniziato da alcuni mesi fa con la ripartenza post pandemi. Da NaturaSì a realtà importanti dell’Emilia-Romagna, come Ducati Motor, Ima, Bonfiglioli riduttori, Toyota Material Handling, quasi in silenzio (o meglio, volutamente senza dare nell’occhio) sono cresciuti i casi di industrie disposte a pagare i tamponi ai propri dipendenti non vaccinati per non vedere compromesso il recupero dopo oltre un anno di stop per lockdown e chiusure varie. Una scelta non condivisa da Confindustria che in queste settimane ha sconsigliato (come Confcommercio) di seguire questa strada, sostenendo che il Green Pass obbligatorio serve anche a convincere le persone a vaccinarsi mentre questa decisione da parte delle imprese lo renderebbe meno efficace. 

L’ex Ilva al momento sembra per numero di lavoratori interessati la più grossa delle aziende che hanno deciso di pagare i tamponi ai dipendenti. Un segnale che probabilmente va letto anche in prospettiva, e cioè con riferimento al nuovo piano industriale che non ha ancora visto la luce e che sembra ancora non mettere d’accordo la parte privata della proprietà, gli anglo-indiani di ArcelorMittal, e la componente pubblica, rappresentata appunto da Invitalia. Sul tavolo ci sarebbero due ipotesi di piano, pare molto simili, ma con prospettive diverse circa i tempi della decarbonizzazione del sito di Taranto: Invitalia punterebbe al 2028, i privati al 2033.
 

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