Pantani e le escort, il giallo infinito dell'ultima notte del pirata

Pantani e le escort, il giallo infinito dell'ultima notte del pirata
di Giuseppe Crimaldi
Venerdì 4 Febbraio 2022, 23:58 - Ultimo agg. 5 Febbraio, 19:02
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Pantani senza pace. Si rinnova la neverending story di un’inchiesta sulla morte del campione del ciclismo, avvenuta ormai 18 anni fa in circostanze misteriose in un residence di Rimini la notte di San Valentino. Di tutto e di più è stato ipotizzato e scritto nel corso di due indagini, poi archiviate, senza riuscire a dimostrare se a causare la morte del “Pirata” vi fossero responsabilità penalmente rilevanti. Adesso a scuotere ancora l’attenzione degli inquirenti arriva una nuova ipotesi, e a sollecitare la riapertura del fascicolo è la madre del campione che sostiene di avere le prove di una circostanza inedita: la notte in cui il suo cuore cessò di battere in quella camera d’albergo “Le Rose”, a tenergli compagnia ci sarebbero state due escort.

Ma veniamo alla notizia del giorno. Nella corsa contro il tempo intrapresa dagli anziani genitori di Marco Pantani, l’aspettativa di giungere ad un momento finale di verità si arricchisce di questo nuovo elemento: ieri mattina mamma Tonina è tornata dai carabinieri, a Rimini, ed è uscita dalla caserma dopo tre ore e mezza. «Marco non era solo la notte che è morto, con lui c’erano due escort», è quello che la donna avrebbe detto ai militari del Nucleo investigativo del reparto operativo, che indagano nell’ambito del nuovo fascicolo riaperto recentemente dalla Procura. Non è chiaro su quale base la donna abbia prodotto spunti per aprire una nuova pista, ma la circostanza schiude nuove inquietanti interrogativi su quella maledetta notte. Il fascicolo d’indagine rimane a ‘modello 45’, cioè senza ipotesi di reati e contro ignoti. Ma a sollecitare in qualche modo la ripresa degli accertamenti era stata la Commissione parlamentare antimafia, che inoltrò ai pubblici ministeri riminesi una relazione dove c’è, tra l’altro, l’audizione, in parte secretata, di Fabio Miradossa, il pusher che patteggiò nel 2005 una pena per spaccio di cocaina legato alla morte di Pantani. 

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«Marco è stato ucciso, l’ho conosciuto sei mesi prima che morisse - dichiarò nel 2020 lo spacciatore - e di certo non mi è sembrata una persona che si voleva uccidere. Era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato». Il pm riminese Luca Bertuzzi recentemente ha richiesto la registrazione completa della deposizione.

Lo stesso Miradossa, però, già sentito nell’ambito del nuovo fascicolo, non avrebbe aggiunto nulla di rilevante a ciò che la prima e la seconda indagine sulla morte del Pirata avevano appurato. Nell’archiviare, nel 2016, la Procura di Rimini definì fantasiosa e priva di fondamento l’ipotesi di un omicidio e la Cassazione, un anno dopo, rigettò il ricorso della famiglia. Ma la madre, che nel frattempo si è rivolta a un nuovo legale, l’avvocato Fiorenzo Alessi, non molla ed è stata sentita per l’ennesima volta, dopo aver consegnato un corposo dossier con documenti e spunti investigativi, e ora anche dai carabinieri. Finora, anche se varie ricostruzioni giornalistiche hanno adombrato scenari alternativi, le inchieste hanno detto che Pantani morì da solo, in una stanza di que residence, che risultò chiusa a chiave dall’interno. Per un’azione prevalente di psicofarmaci, così da far pensare più a una condotta suicida, che a un’overdose accidentale. È stata fin qui sempre esclusa l’ipotesi di un’assunzione sotto costrizione. Non hanno portato a risultati neppure gli accertamenti su un presunto intervento della camorra al Giro d’Italia del 1999, quando Pantani venne escluso per l’ematocrito alto, il 5 giugno. Per il campione quel giorno di giugno a Madonna di Campiglio fu l’inizio della fine. Una fine tragica e prematura per un grande sportivo, difficile da accettare per tanti appassionati e soprattutto da chi gli voleva bene e che continua a chiedere che sia fatta piena luce.

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