Pantani senza pace. Si rinnova la neverending story di un’inchiesta sulla morte del campione del ciclismo, avvenuta ormai 18 anni fa in circostanze misteriose in un residence di Rimini la notte di San Valentino. Di tutto e di più è stato ipotizzato e scritto nel corso di due indagini, poi archiviate, senza riuscire a dimostrare se a causare la morte del “Pirata” vi fossero responsabilità penalmente rilevanti. Adesso a scuotere ancora l’attenzione degli inquirenti arriva una nuova ipotesi, e a sollecitare la riapertura del fascicolo è la madre del campione che sostiene di avere le prove di una circostanza inedita: la notte in cui il suo cuore cessò di battere in quella camera d’albergo “Le Rose”, a tenergli compagnia ci sarebbero state due escort.
Ma veniamo alla notizia del giorno. Nella corsa contro il tempo intrapresa dagli anziani genitori di Marco Pantani, l’aspettativa di giungere ad un momento finale di verità si arricchisce di questo nuovo elemento: ieri mattina mamma Tonina è tornata dai carabinieri, a Rimini, ed è uscita dalla caserma dopo tre ore e mezza. «Marco non era solo la notte che è morto, con lui c’erano due escort», è quello che la donna avrebbe detto ai militari del Nucleo investigativo del reparto operativo, che indagano nell’ambito del nuovo fascicolo riaperto recentemente dalla Procura. Non è chiaro su quale base la donna abbia prodotto spunti per aprire una nuova pista, ma la circostanza schiude nuove inquietanti interrogativi su quella maledetta notte. Il fascicolo d’indagine rimane a ‘modello 45’, cioè senza ipotesi di reati e contro ignoti. Ma a sollecitare in qualche modo la ripresa degli accertamenti era stata la Commissione parlamentare antimafia, che inoltrò ai pubblici ministeri riminesi una relazione dove c’è, tra l’altro, l’audizione, in parte secretata, di Fabio Miradossa, il pusher che patteggiò nel 2005 una pena per spaccio di cocaina legato alla morte di Pantani.
«Marco è stato ucciso, l’ho conosciuto sei mesi prima che morisse - dichiarò nel 2020 lo spacciatore - e di certo non mi è sembrata una persona che si voleva uccidere. Era perennemente alla ricerca della verità sui fatti di Madonna di Campiglio, ha sempre detto che non si era dopato». Il pm riminese Luca Bertuzzi recentemente ha richiesto la registrazione completa della deposizione.