Riforma Cartabia, lo sciopero delle toghe: media adesioni sotto il 50%, a Nola punta del 90%

Riforma Cartabia, lo sciopero delle toghe: media adesioni sotto il 50%, a Nola punta del 90%
di Valentino Di Giacomo
Martedì 17 Maggio 2022, 00:01 - Ultimo agg. 18 Maggio, 12:21
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Se sia un mezzo flop oppure un mezzo successo dipenderà probabilmente dalle diverse prospettive, ma lo sciopero dei magistrati contro la riforma Cartabia - pur annunciato in pompa magna - non ha raggiunto nemmeno il 50 per cento di adesioni su scala nazionale. Solo il 48 per cento delle toghe ha deciso di incrociare le braccia, spaccati a metà. Nei grandi distretti giudiziari si va dallo scarno 23 per cento di scioperanti tra i giudici di Cassazione, al picco del 73 per cento dei magistrati in servizio a Bologna. Poco sopra la media nazionale i magistrati partenopei: nel distretto di Napoli hanno scioperato 509 dei 957 giudici, ma con differenze tra le varie sedi giudiziarie, ad esempio nel tribunale di Nola l’adesione ha superato il 90%, ridimensionando in parte il dato sopra la media nazionale del tribunale di Napoli.

L’obiettivo delle toghe era far sentire la propria voce per contrastare la riforma voluta dal ministro della Giustizia, Marta Cartabia, approvata alla Camera e in attesa di essere confermata in Senato. Vari i temi divisivi, su tutte la separazione delle funzioni dei magistrati e la valutazione dell’operato di pm e giudici. Sullo sfondo anche i referendum del 12 giugno quando gli italiani dovranno esprimersi sui cinque quesiti riguardanti l’amministrazione della giustizia, con il tema più divisivo che probabilmente riguarda la separazione delle carriere dei magistrati. Erano 12 anni che le toghe non incrociavano le braccia quando, nel 2010, con Berlusconi premier, le adesioni raggiunsero l’80 per cento. L’Anm ha però voluto vedere il bicchiere mezzo pieno in quel 48% di adesioni. Per il segretario del sindacato dei magistrati, Salvatore Casciaro: «In un contesto generale non facile c’è stato un livello di adesione all’astensione comunque importante». Ben diverse le altre sensibilità. Il vicepresidente del Csm, David Ermini, che ha giudicato lo sciopero «legittimo, ma io non l’avrei fatto». L’ex sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa (Azione) è stato perentorio: «lo sciopero è stato un flop».

In silenzio ha invece osservato il ministro Cartabia non pronunciandosi.

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Eppure l’Anm ha provato a far sentire la propria voce organizzando dibattiti e convegni in tutti i tribunali italiani. Il presidente nazionale dell’Anm, Giuseppe Santalucia, era a Milano, ma nel tribunale meneghino hanno aderito appena il 39 per cento dei magistrati. A Napoli in rappresentanza del sindacato dei magistrati c’era la presidente territoriale dell’Anm, Pina D’Inverno. I magistrati partenopei, nella sala Arengario del tribunale, hanno promosso tre tavole rotonde per manifestare le proprie preoccupazioni. Il primo confronto, moderato dalla giornalista di Repubblica Conchita Sannino, riguardava la «gerarchizzazione degli uffici giudiziari». Tanti gli interventi duri e anche provocatori, a partire dall’ex presidente della Camera Penale, Attilio Belloni che per risolvere l’annosa questione della lentezza dei procedimenti ha proposto di «azzerare tutto e ripartire da capo con un’amnistia senza ipocrisie». Parole taglienti, ma è sull’introduzione dei criteri di valutazione sull’operato dei magistrati che si sono alzate le voci più critiche. La giudice Alessandra Maddalena ha spiegato che «questa norma inquieta perché non si può racchiudere l’operato dei magistrati in semplici numeri», stessa opinione della collega Emilia Di Palma: «Con questa riforma il magistrato viene valutato solo su criteri quantitativi. Questa non è una riforma della giustizia, ma una riforma dei giudici, è in atto un regolamento di conti». 

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Vivace il dibattito anche nella seconda tavola rotonda moderata dal giornalista del Mattino, Leandro Del Gaudio, sulla separazione delle funzioni dei magistrati, tra inquirenti e giudici. «Un fenomeno - secondo il giudice Adriano Del Bene - che tocca appena il 3 per mille dei magistrati che passano da inquirenti a giudicanti». Sulla separazione delle carriere si è espresso poi il magistrato Fabrizio Vanorio spiegando che, comunque, «i referendum non sono una soluzione». Di ben altro avviso il presidente della Camera Penale, Marco Campora, che già nei giorni scorsi si era detto contrario alla mobilitazione dei magistrati e che ieri ha affondato il colpo. «I rilievi posti oggi dai magistrati - ha detto Campora - proprio non li comprendo. Il fascicolo valutativo dei magistrati esiste già ed è positivo nel 98% dei casi, non capisco perché debbano aver paura di essere giudicati. Non ho poi sentito una parola dell’Anm sui fuori ruolo, su quei magistrati che mentre a Napoli non si trovano giudici per la Corte d’Appello andranno a lavorare al Ministero della Giustizia». Dibattito poi proseguito nella terza tavola rotonda moderata dal giornalista del Corriere del Mezzogiorno, Fulvio Bufi. Appassionato l’intervento della pm Ida Teresi contro la separazione delle carriere, ma anche per difendere la mobilitazione di ieri, «soprattutto i magistrati più giovani hanno voluto far sentire la propria voce». Eppure, sono tanti i magistrati in tutta Italia che non hanno voluto aderire, a partire dal giudice di Milano, Guido Salvini che ha parlato di «uno sciopero inventato quasi per far dimenticare i guasti interni alla magistratura». In effetti, lo ha ricordato ieri a Napoli il direttore del dipartimento di Giurisprudenza della Federico II, Sandro Staiano: «Sono anni che si parla della separazione delle carriere, ma oggi, a differenza dell’inizio degli anni ‘90, quando con Tangentopoli o dopo le stragi di mafia la magistratura godeva di grande consenso popolare, ci si riprova oggi quando il sentimento di fiducia dei cittadini è bassissimo». 

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