C'è un assassino ancora libero o forse più di uno. A 23 anni dal delitto di Serena Mollicone, la diciottenne di Arce scomparsa il primo giugno 2001 e rinvenuta cadavere due giorni dopo in un boschetto in località Fonte Cupa, ad Anitrella, il giallo rimane. Così come i misteri, fitti. Chi l'ha uccisa? Dove? Perché? Domande divenute un rompicapo e che ancora oggi, nonostante tre processi, sono ancora senza risposta. Il buio. Quello della Ciociaria resta così uno dei “cold case” italiani più intricati e controversi. Anche per le modalità con cui è stato abbandonato il corpo: Serena è stata trovata con mani e piedi legati e un sacchetto di plastica infilato in testa. Nel mezzo c'è una comunità, quella di Arce, che spera di poter conoscere un giorno la verità. Più di vent'anni di indagini, accertamenti, interrogatori e intercettazioni non sono serviti a fare luce.
IL MISTERO
Ad oggi non ci sono colpevoli. Lo ha sentenziato la Corte d'assise d'appello di Roma, che ha confermato il verdetto di assoluzione, emesso nel 2022 in primo grado a Cassino, per l'ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, maresciallo Franco Mottola, per la moglie Anna Maria e il figlio Marco. Erano accusati di omicidio volontario. Assolti anche gli altri due carabinieri: l'ex luogotenente Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, finiti nell'inchiesta rispettivamente per le ipotesi di concorso morale nel delitto e favoreggiamento. Prima ancora era stato processato il carrozziere Carmine Belli, poi assolto nei tre gradi di giudizio. «Vogliamo sapere chi ha ucciso Serena» ha detto il sindaco di Arce, Luigi Germani. Una ferita aperta per la cittadina. Un dolore che si trascina. Per la prima sezione della Corte capitolina la giovane non è morta in un alloggio della caserma dell'Arma, pista su cui si erano concentrate le indagini dopo le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi: sette anni dopo aveva riferito agli inquirenti di averla vista entrare quella mattina del primo giugno, intorno alle 11. Il militare sarà poi trovato privo di vita, per la procura si trattò di suicidio.
Allora cosa è successo quel giorno? Dov'era Serena e con chi? Chi poteva volerla morta? Le indagini e le ricostruzioni degli investigatori non hanno retto in tribunale. «Non ci sono prove né il movente» hanno sempre ribadito i legali dei Mottola. Un giallo, quello di Arce, fatto anche di dubbi, prove sparite, indagini andate a vuoto, indizi ed elementi che per le difese sono stati trascurati. Quali? «Noi l'abbiamo anche detto durante il dibattimento - ha spiegato l'avvocato Cinzia Mancini, tra i difensori di Suprano -. Ad esempio non è stata mai data importanza agli avvistamenti successivi, entrambi del primo giugno, che collocano Serena alle 13 al mercato di Arce e alle 15 davanti a una pizzeria di Isola del Liri in compagnia di un giovane. E poi si è parlato di un ragazzo più grande che conosceva Serena: lei di questo si era confidata con alcune amiche. Tutte situazioni purtroppo mai approfondite e che probabilmente meritavano più attenzione.
LE PISTE
Al contrario si è continuato a insistere a senso unico sulla teoria che ruotava intorno alla caserma e al presunto litigio. Si è cercato così di costruire un impianto accusatorio senza basi, che si è sgretolato. La motivazione addotta su una presunta discussione per questioni legate alla circolazione di droga si è rivelata inattendibile». Alcuni anni fa sono stati effettuati tanti test di natura scientifica, ma anche questi non hanno portato a nulla. È stato prelevato Dna ad oltre duecento cittadini, ma la comparazione con le tracce isolate sul nastro che avvolgeva Serena ha dato esito negativo. Ma c'è anche un'impronta digitale, rimasta senza identità, individuata sul corpo: «Non è stata mai identificata e non corrisponde a nessuno dei cinque finiti sotto inchiesta e ora assolti» ha aggiunto il legale. Per gli avvocati la verità andrebbe cercata anche nei campioni di organi prelevati nella prima autopsia e poi spariti, tra cui alcuni frammenti del cranio. Aspetto venuto fuori dalla superperizia dell'anatomopatologa Cristina Cattaneo dopo la riesumazione della salma. «Abbiamo sentito in aula che sono andati persi i vetrini che conservavano alcuni tessuti: il consulente ha sostenuto che avrebbero potuto fornire elementi importanti. A nostro giudizio - conclude l'avvocato Mancini - si dovrebbe ripartire da qui: ritrovare i reperti autoptici e analizzarli nel tentativo di scoprire qualcosa in più sul delitto».