Intrusivo, persistente, violento. Quanti volti ha uno stalker? Che cosa scatta nella sua mente, fino a devastarla? Ed ancora: quali e quanti sono i comportamenti ricorrenti che ne caratterizzano l'operato, dal momento in cui il soggetto inizia a perseguitare la sua vittima, fino al momento estremo, quello in cui decide di toglierle la vita? L'escalation di numeri e casi riconducibili alla categoria del femminicidio impone uno scatto anche alle tecniche di analisi e di contrasto di un fenomeno sempre più allarmante. A metà strada tra la psicopatia, la nevrosi fobica e la paranoia compulsiva, il cosiddetto Criminal Profiling si sta imponendo come la metodologia più efficace che accompagna e supporta tutti i processi investigativi.
Un baco che inizia a tessere la sua tela in un cervello quasi sempre già disturbato, sebbene i segnali iniziali possano essere spesso sottovalutati.
Ed eccolo, il profilo del persecutore. Quasi sempre di sesso maschile (sebbene nella casistica non manchino i casi che vedono protagoniste anche delle donne) lo stalker inizia con il pedinamento della vittima, associando a questo comportamento maniacale anche l'investigazione delle sue abitudini, di come trascorre le giornate. Spesso questo è il prologo ad un successivo comportamento: «Il soggetto - spiega un investigatore esperto dell'Arma che da anni si occupa del fenomeno legato ai femminicidi - a questo punto inizia a tormentare la vittima con una serie di messaggi indesiderati, spesso diffamandola o oltraggiandola. Arriva non raramente a danneggiare le sue cose e può spingersi anche a compiere aggressioni fisiche o sessuali nei suoi confronti. E questo fa da anticamera ad un altro passaggio inquietante: la minaccia ricolta direttamente alla donna o a persone ad essa vicine».
Nella categoria degli ex-partner rientra anche il respinto: è colui che manifesta comportamenti persecutori in reazione ad un rifiuto. «Questo tipo di stalker è ambivalente perché oscilla tra due desideri contrapposti: da una parte desidera ristabilire la relazione mentre dall'altra vuole solo vendicarsi per l'abbandono subito. Ma il profilo forse più pericoloso in assoluto resta quello del predatore: è uno stalker che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di molestatore che prova un senso di potere nel pianificare la caccia alla preda».
Ma dietro il più fatale degli sbocchi di violenza, l'omicidio, nella personalità dello stalker prevale una lucida follia. Una compensazione di elementi apparentemente inconciliabili: il calcolo, la fredda programmazione di un assassinio e la perdita di ogni controllo. Sempre più spesso le indagini sui femminicidi appurano, per esempio, che l'omicida era riuscito a procurarsi il mazzo di chiavi che aprivano l'appartamento dove viveva la vittima e dove poi si è consumato il delitto. Oppure a utilizzare il gps per localizzare gli spostamenti del bersaglio. Altra costante: l'ex marito, il fidanzato abbandonato o il pretendente respinto dopo aver tolto la vita ad una donna restano a vegliarne il corpo per ore. In qualche caso anche per l'intero giorno. «Sei l'amore della mia vita, sapevi che non potevo vivere senza di te. Ora paga»: queste le parole trovate su un biglietto accanto al corpo senza vita di una ragazza uccisa dal suo ex. Lui rimase muto all'arrivo dei carabinieri, aveva scritto tutto in quelle quindici parole.