Alle 14.47 di ieri si è verificato un terremoto di forte intensità con epicentro nel Mar Adriatico al largo delle coste della Puglia garganica e dalle Isole Tremiti, poco distante dall’isola croata di Lagosta. Secondo una revisione in serata dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, la magnitudo momento è stata di 5.2 (mentre la magnitudo Richter è di 5.6) a una profondità di 5 chilometri. Dopo l’evento principale è seguita una replica di magnitudo di 4.1 a distanza di 13 minuti, profondità di 10 chilometri e fino a sera è presente uno sciame sismico con circa quaranta scosse con magnitudo comprese tra 4.1 e 2.1. Tutti gli epicentri sono afferenti a una faglia già nota in letteratura e parallela all’asse orogenico appenninico, presente nell’area della dorsale Gallignani.
Il sistema focale che ha innescato la scossa principale, secondo il network sismico Geofon del German Research Centre for Geosciences (il corrispettivo tedesco dell’Ingv) è stato causato da una faglia inversa, ovvero con scorrimento verso l’alto di una massa rocciosa. Essendo avvenuto a distanza sia della costa croata che pugliese, il sisma non ha creato danni a cose o persone.
L’area mediterranea è costituita sostanzialmente da placca Africana e placca Euroasiatica, ma dobbiamo aggiungere alcune placche minori, tra cui quella Adriatica (o Adria). La placca Africana preme verso nord contro la placca Euroasiatica spingendo la microplacca Adriatica a scendere sotto le Alpi. Queste sollecitazioni portano a terremoti piuttosto intensi (come quello a Petrinja nel dicembre scorso) e costringono l’Italia in un movimento rotatorio in senso antiorario il cui perno è nei pressi dello Stretto di Messina. Il mar Adriatico è quindi destinato a ridursi gradualmente fino a scomparire del tutto quando la penisola italiana si congiungerà ai Balcani. La placca Adria si trova compressa tra le due placche principali ed sono state individuate alcune faglie. Lo sciame sismico di ieri è ben allineato a una faglia piuttosto vicina all’isola di Lagosta e parallela all’asse orogenico appenninico, nell’area della dorsale Gallignani, ovvero una piccola catena montuosa sottomarina le cui vette più alte emergono formando le isole di Pelagosa. L’area adriatica è stata a lungo oggetto di ricerche dei ricercatori dell’Ingv, che ne hanno studiato l’attività tettonica attraverso dati sismologici, dati Gps e osservazioni geologiche. In particolare, proprio le faglie dell’Adriatico centrale sono state oggetto di studio attraverso l’analisi dei terremoti storici e dei dati forniti dalla sismica di esplorazione disponibili per quest’area, che ospita giacimenti di idrocarburi ancora non sfruttati. Secondo l’Ingv, questa area è stata a lungo considerata rigida dal punto di vista tettonico, e come tale incapace di generare sismicità significativa. Il terremoto di ieri, invece, sembra suggerire che questo settore è in grado di rilasciare sismicità, e quindi che sia altamente fratturato al suo interno.
Come è accaduto per il sisma di Petrinja di dicembre, con magnitudo 6.4, anche questa volta il terremoto è stato avvertito in tutto il centro Sud, nonostante la magnitudo Richter 5.6. Un’energia tale da essere avvertita da oltre 3mila persone secondo il portale «Hai sentito il terremoto?» dell’Ingv, da Grosseto a Catanzaro, e in particolare a Napoli. Questo è possibile perché un terremoto di magnitudo 5.5 oltre alla sua energia ne ha una extra insita nella rottura della faglia. Come quando strappiamo un foglio: un lembo va da una parte, e un lembo dall’altra. Ciò che è successo è che un lembo ha un’energia che si è canalizzata anche per effetto litologico (la composizione delle rocce) e topografico, ed è stata da amplificare la percezione del terremoto.