Andrea Carteny assicura
«Jihadisti nei Balcani dal 1999»

Andrea Carteny assicura «Jihadisti nei Balcani dal 1999»
di Ebe Pierini
Venerdì 31 Marzo 2017, 12:36 - Ultimo agg. 12:37
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Che il discorso di Al Baghdadi con il quale venne proclamata la nascita del Califfato sia stato tradotto, all'epoca, oltre che in inglese, francese, tedesco, russo e turco anche in albanese non deve stupirci dato che i Balcani ed in particolare il Kosovo sono stati e continuano ad essere una fucina di reclutamento per l'Isis. Così come è nota la presenza, in Italia, di elementi radicalizzati provenienti proprio da quelle aree. L'arresto della cellula jihadista kosovara pronta a far saltare il ponte di Rialto riaccende l'allarme terrorismo in Italia. Il professor Andrea Carteny, docente di Storia dell'Europa orientale all'Università Sapienza di Roma, analizza la problematica del jihadismo nei Balcani e i rischi che riguardano l'Italia.


Perchè i Balcani ed il Kosovo in particolare sono una fucina di jihadisti?
La lotta armata che si è concretizzata tra il 1998 e il 1999 con gli scontri tra serbi e kosovari è l'humus sul quale si sono costituite le cellule jihadiste. Si parte dalla secolare lotta tra serbi, ortodossi, e kosovari albanesi, musulmani. In tale contesto si svilupperanno gli spazi di mobilitazione jihadista. Un aiuto concreto alla rinascita islamica in tutta l’area balcanica è venuto dalle confraternite e dalle fondazioni, per lo più saudite, turche, che hanno elargito supporto e finanziamenti per le attività religiose delle comunità musulmane sunnite locali. Dai campi di addestramento del Kosovo, creati per i combattenti del conflitto serbo-kosovaro alla fine degli anni Novanta, è facile passare al combattimento sul campo nella guerra in Siria. Inoltre il contesto geografico dei Balcani, con un territorio difficile da controllare e frontiere da sempre permeabili, ha favorito la creazione di nuclei organizzativi e di centri di reclutamento per la jihad globale.

Lo scorso novembre dal carcere di Rossano Calabro, dove sono reclusi i detenuti per terrorismo islamico, era trapelata la notizia che l'Isis aveva incaricato jihadisti kosovari di attaccare l'Italia. Ora questo attentato è sventato. Perchè il nostro Paese è nel mirino?
Si può ipotizzare che la cellula sgominata a Venezia puntasse a fare in un certo modo un salto di qualità. Si pensi ad esempio come, due giorni dopo l'uccisione dell’eroico capo afghano Massoud, vennero messi in atto gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001. Così ora, sulla scia dell'attentato di Londra, la cellula kosovara avrebbe voluto colpire l'Italia. Spesso si pensa, a torto, di essere al riparo dal terrorismo perchè l’Italia attua politiche ispirate all’apertura e all’accoglienza nei confronti dei migranti: tuttavia il cambio di passo nella politica del ministro degli Interni Minniti, che dà maggiori strumenti per le espulsioni e per il controllo degli elementi vicini al radicalismo, può affievolire l’efficacia di questo fattore. In realtà la pericolosità di questa tipologia di terrorismo sta proprio nell'assoluta imprevedibilità: si riescono a prevenire gli attacchi solo grazie ad un maggiore controllo sulla mobilità internazionale e sulla sfera privata, come attraverso l’intercettazione delle conversazioni telefoniche e delle chat via internet, dei potenziali jihadisti.

Perchè scegliere proprio una città d'arte famosa come Venezia?
Da quanto emerso dalle intercettazioni sembra che gli aspiranti terroristi facessero riferimento ad un città simbolo di miscredenti e infedeli. Venezia è nota fin dal Medioevo per la sua ricchezza e famosa, almeno fino al Settecento, come città lussuosa e lussuriosa: è anche però simbolo del multiculturalismo e porta dell'Oriente e del Mediterraneo. In realtà, oltre al maggiore effetto che può avere un’azione contro un simbolo dell’arte e della cultura, possono aver influito nella scelta di un ponte noto, come quello di Rialto, anche fattori logistici nella pianificazione dell’attentato.

 
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