Brexit, rinvio bocciato: «May tratti con la Ue», ma resta l'incubo no deal

Brexit, rinvio bocciato: «May tratti con la Ue», ma resta l'incubo no deal
di Cristina Marconi
Mercoledì 30 Gennaio 2019, 10:30 - Ultimo agg. 17:40
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LONDRA - Westminster non vuole. Non vuole rinviare la Brexit in caso di mancato accordo con Bruxelles entro il 26 febbraio, non vuole chiedere una proroga dell'articolo 50, non vuole avere un dibattito sulle proposte laburiste sul tavolo, e peccato perché magari si sarebbe capito quali sono, non vuole passare sei giorni a discutere e votare altre strade possibili per capire cosa, realisticamente, vuole. E pazienza che Bruxelles non si sia necessariamente disponibile a discutere queste ipotesi: Westminster non vuole. Non vuole però neppure che il paese esca senza accordo, ma quest'ultimo punto il Parlamento britannico l'ha espresso con una maggioranza sottile 318 «yes», sì, contro i 310 no per un emendamento non legalmente vincolante.
 
E questo è l'elemento più incoraggiante di una giornata di scambi al fulmicotone nel Parlamento britannico, iniziata con la notizia di un piano segreto in grado di soddisfare sia gli irriducibili dell'Erg, il think tank euroscettico guidato da Jacob Rees-Mogg, che alcuni remainers. Battezzato Kit Malthouse dal nome del sottosegretario che l'ha vergato, propone un'estensione del periodo di transizione di un anno, fino a dicembre 2021, la riconfigurazione della clausola di salvaguardia sull'Irlanda come accordo di libero scambio light e la promessa di non mettere mai un confine fisico. Giornata finita con il voto sull'emendamento presentato dal conservatore Graham Brady per proporre «soluzioni alternative» sull'Irlanda: è passato, con 317 contro 301 voti, a riprova di come il principio di realtà stia faticando a farsi largo nella politica britannica. La premier Theresa May ha accolto con un sorriso il risultato del voto, che le permette di fare con un mandato più forte quello che già in giornata aveva detto chiaramente di voler fare: andare a Bruxelles per riaprire l'accordo raggiunto il 25 novembre scorso e «cambiare in modo significativo e legalmente vincolante» quel backstop irlandese con cui gli euroscettici, ma non solo, temono di restare impelagati nell'Unione europea per sempre. «Opporsi a un no deal non basta per fermarlo», ha spiegato una May più rilassata di quanto sia apparsa nelle ultime difficilissime settimane al termine di un dibattito parlamentare andato avanti tutto il giorno.

Nonostante la pioggia di no giunti da Bruxelles e dalle capitali europee contro una riapertura delle 585 pagine di accordo, contenenti i compromessi raggiunti dopo che tutte le altre opzioni erano state scartate, la May si è detta fiduciosa: «Ritengo di poter garantire una tale modifica prima della nostra uscita dall'Unione europea». In precedenza aveva avuto una conversazione telefonica «piuttosto cordiale» di 10 minuti con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker in cui non ci sarebbero state particolari aperture da parte di quest'ultimo sulla possibilità di ricominciare daccapo. Nella serie di ieri, l'emendamento più atteso era quello astutamente messo a punto da un'esponente della vecchia guardia laburista, Yvette Cooper, per costringere il governo a chiedere un'estensione dell'articolo 50 di nove mesi in caso di mancato accordo entro il febbraio. Era un'assicurazione contro il no deal, almeno a breve termine, ed era anche un modo per far capire agli euroscettici che il divorzio senza accordo non è desiderabile. È stato bocciato, con 321 voti contro 298, come quello molto simile ma non legalmente vincolante presentato dalla collega di partito Rachel Reeves. La sterlina, davanti al rifiuto di rinviare la Brexit, è scesa sotto quota 1,31 nei confronti del dollaro, con un calo dello 0,5% rispetto all'avvio di giornata. Poi c'era quello dell'ex procuratore generale Dominic Grieve, conservatore ribelle e pro-Remain, che chiedeva di dedicare sei giorni a discutere e votare piani alternativi. Ma Westminster non ha voluto. Neppure quello che proponeva di mantenere la Scozia nella Ue: bocciato.
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