Investitura, Puigdemont gioca
al gatto e al topo con Madrid

Investitura, Puigdemont gioca al gatto e al topo con Madrid
di Paola Del Vecchio
Lunedì 29 Gennaio 2018, 21:36 - Ultimo agg. 30 Gennaio, 09:42
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Madrid. A poche ore dalla seduta del Parlament, che nel pomeriggio dovrà votare la sua investitura a presidente, Carles Puigdemont continua a giocare al gatto e al topo con il governo spagnolo. Ha chiesto al presidente della Camera catalana, Roger Torrent, di «salvaguardare i suoi diritti come deputato e candidato», nonostante il dispositivo della Corte costituzionale lo consenta solo se sarà presente al dibattito e alla votazione in aula. E previa autorizzazione giudiziaria, che Puigdemont - accusato di ribellione, sedizione e malversazione - non ha sollecitato, perché sa che non la otterrebbe e comunque non lo metterebbe al riparo dall’arresto, al rientro dall’esilio volontario di Bruxelles.

«Ha il coraggio sufficiente per presentarsi, farsi incarcerare e fare esplodere la pentola a pressione sulla quale siamo», ha assicurato il suo avvocato, Alfonso Cuevillas, alla radio catalana. Mentre il candidato a governatore pubblicava sul suo muro Istangram la foto del Paseo Picasso di Barcellona, accanto alla sede del Parlament, col messaggio, «A 24 ore dall’investitura», e la dedica: «Per il paese. Per le libertà. Per le nostre istituzioni. Per la democrazia. Per la dignità. Per il futuro. Per te, repubblica catalana».

E il deputato di Erc, Ferran Civit, marito di una degli ex ‘conseller’ in Belgio, in Twitter documentava
«l’operazione ritorno» da Bruxelles, «nell’auto carica con il pacchetto» a bordo, mostrando una foto di spalle di Puigdemont. Che potrebbe anche trattarsi di un sosia, per depistare la polizia spagnola messa a guardia di frontiere aeree, terrestri e marittime per fermare il ricercato. La provocazione di Puigdemont non ha fine: è possibile che si presenti, così come è possibile che non lo faccia o si materializzi via Skipe. Mentre 3 dei 5 ex ‘ministri’ autoesiliati come lui e impossibilitati a votare per via telematica o per delega, hanno rinunciato al proprio seggio di deputati, per favorire l’avvicendamento e garantire la maggioranza indipendentista di 68 voti in aula. Roger Torrent ha davanti tre opzioni: dare inizio alla sessione di investitura e sospenderla fino al pronunciamento della Corte costituzionale nel merito del ricorso presentato dal governo Rajoy; rinviarla a mercoledì, termine ultimo per l’elezione del presidente, aprendo un nuovo giro di consultazioni, che gli consentirebbe di proporre un candidato alternativo; ignorare il dispositivo dell’alta Corte e procedere in uno scenario di disobbedienza all’investitura di Puigdemont, assumendo la responsabilità penale.

Il che equivarrebbe a infoltire schiera dei 27 politici catalani imputati, prolungare il commissariamento della Generalitat ex articolo 155, ritornare alle urne in primavera e inguaiare i tre ancora in cella, che hanno solennemente abiurato alla via unilaterale all’indipendenza: il leader di Erc, Oriol Junqueras, quello dell’Asemblea Nacional Catalana, Jordi Sanchez e Joaquin Forn, ai quali il giudice Llarena del Tribunale Supremo ha negato il permesso per recarsi in aula e che oggi voteranno per delega.
Per questo, nelle file indipendentiste, soprattutto quelle di Esquerra republicana, la pressione su Puigdemont perché rinunci, consentendo l’elezione di un governatore libero da carichi pendenti e il ritorno alla normalità istituzionale, evitando la rotta di collisione giudiziaria, è enorme. Formalmente resta unico candidato. Ma se deciderà un passo indietro, dando retta alle tante voci indipendentiste che ne invocano il sacrificio, una soluzione di consenso resta il suo braccio destro, Elsa Artadi, l’economista di 41 anni portavoce di JxCat al Parlament. Che, rispetto ad altri possibili candidati, come il compagno di partito Josep Rull o la portavoce di Erc, Marta Rovira, è indenne da procedimenti giudiziari.
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