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Grano ucraino, ammiraglio De Giorgi: «Missione ad alto rischio di incidenti, basta un errore col radar»

Grano ucraino, ammiraglio De Giorgi: «Missione ad alto rischio di incidenti, basta un errore col radar»
Grano ucraino, ammiraglio De Giorgi: «Missione ad alto rischio di incidenti, basta un errore col radar»
di Marco Ventura
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 30 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. : 11:11
4 Minuti di Lettura

Una spedizione navale internazionale per proteggere i cargo che portano il grano ucraino e sciogliere in questo modo il blocco navale russo sul porto di Odessa? Progetto ambizioso, che tuttavia richiede condizioni quasi impossibili da realizzare: anzitutto, una tregua sia pur limitata tra russi e ucraini, poi il semaforo verde di Putin (che a sua volta già chiede, in cambio, di togliere le sanzioni alla Russia). A sentire l’ammiraglio ed ex capo di Stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, il problema è più che altro politico. «Tecnicamente, una missione di scorta è possibile. In passato, l’Italia ne ha già compiute per proteggere mercantili, come nel 1987 durante la guerra fra Iran e Iraq nel Golfo Persico».

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Quali unità e mezzi dovrebbero essere impiegati? E quali Paesi sarebbe importante che partecipassero?
«Sarebbero necessarie soprattutto fregate, cacciatorpediniere, navi rifornitrici ed elicotteri imbarcati. La soluzione migliore sarebbe se l’operazione fosse sotto bandiera delle Nazioni unite. Fra le nazioni partecipanti, a mio parere, è opportuno che vi siano Italia, Turchia, Francia, Olanda, Danimarca e Germania».

Come neutralizzare le mine di cui ormai è pieno il Mar Nero?
«C’è bisogno di operazioni di bonifica, utilizzando cacciamine, sonar a profondità variabile, droni subacquei a pilotaggio remoto e operatori subacquei. L’Italia ha esperienza in questo genere di operazioni. Nel 1984, nostri cacciamine furono inviati per sminare il canale di Suez, nel 1987 e nel 1991 operarono a lungo nel Golfo. Inizialmente verrebbero liberati dei corridoi di accesso ai porti principali. Poi le aree da sminare verrebbero progressivamente ampliate. Naturalmente, sapere dove sono state piazzate le mine accorcerebbe i tempi e aumenterebbe la sicurezza. Sarebbe quindi necessaria la piena collaborazione dell’Ucraina».

È ipotizzabile un’operazione del genere senza il via libera della Russia? 
«Sarebbe indispensabile una tregua fra le parti. Mancando il consenso della Russia e dell’Ucraina, le operazioni non sarebbero fattibili».

Senza l’accordo di Putin, a quali rischi si andrebbe incontro? 
«Il rischio sarebbe quello dell’uso della forza per reagire a un atto o un’intenzione percepita come ostile, anche per eventuali malintesi. Le conseguenze sarebbero imprevedibili negli effetti».

Quali circostanze potrebbero provocare un “incidente”?
La Russia dovrebbe impegnarsi a non sfruttare i corridoi sminati per le navi mercantili cariche di grano per fini militari. Eventuali tentativi in tal senso metterebbero in difficoltà la unità di scorta che si troverebbero in mezzo fra le navi russe e la prevedibile reazione ucraina. Altre situazioni di rischio potrebbero verificarsi in caso di avvicinamenti eccessivi da parte delle unità navali o di attivazione di sistemi radar nei confronti delle navi di scorta»

Quale base legale potrebbe avere una simile spedizione?
«La base più robusta sarebbe una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Sarebbe comunque necessario il consenso di Kiev per operare nelle acque territoriali ucraine per lo sminamento e per l’arrivo e la partenza dei convogli scortati. Premessa obbligata sarebbe una tregua fra Russia e Ucraina nell’area marittima e costiera interessata. Senza di essa le operazioni non sono, a mio parere, ipotizzabili».

Un altro attore importante è la Turchia.
«L’ipotesi di operare senza la piena collaborazione della Turchia sarebbe difficilmente immaginabile, sia perché detiene le chiavi del Bosforo, sia per il suo ruolo storico nel Mar Nero. In più, la Turchia è meglio posizionata rispetto ad altri Paesi della Nato per svolgere un ruolo di mediazione, non avendo partecipato alle sanzioni contro la Russia e avendo comunque ottime relazioni con l’Ucraina».

Qual è allo stato la situazione della flotta russa nel Mar Nero, dopo le perdite subite? 
«L’affondamento della Moskva, di una nave anfibia e il danneggiamento di altre unità hanno indubbiamente assestato dei colpi alla flotta del Mar Nero difficili da rimarginare. I mezzi rimanenti risultano tuttavia adeguati alle missioni affidate, fra cui in primo luogo il blocco navale contro l’Ucraina».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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