Guerra in Ucraina, il generale Bertolini: «Pace subito o sarà un nuovo Afghanistan»

Guerra in Ucraina, il generale Bertolini: «Pace subito o sarà un nuovo Afghanistan»
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 18 Marzo 2022, 07:29 - Ultimo agg. 17:36
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«Come finirà? Tutte le guerre finiscono in due modi: sconfitta militare o un trattato. Se quest'ultimo non arriverà in tempi brevi, questa guerra sarà lunghissima e avrà ripercussioni devastanti per tutta l'Europa. Sarà il nostro Afghanistan». Il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e della Brigata Paracadutisti Folgore, ha le idee piuttosto chiare su come sta evolvendo il conflitto Ucraina-Russia.

Generale, per alcuni questa è una guerra anomala.
«A me non pare, anzi è una guerra sistematica, tradizionale, con un confronto tra due eserciti. L'anomalia forse sta nel fatto che non ricordavamo più com'era una guerra tradizionale, eravamo abituati a un esercito contro miliziani irregolari o terroristi».

Si parlava anche di una guerra rapida?
«In effetti all'inizio si poteva pensare che sarebbe finita molto prima, non tanto perché si poteva avanzare in tempi veloci, ma perché le parti sarebbero arrivate a una trattativa in tempi rapidi.

Invece siamo di fronte a una guerra che si sviluppa in maniera tradizionale anche tatticamente».

E qual è la tattica?
«Abbiamo uno sforzo principale ossia quello mosso dai russi su Mariupol per mettere in comunicazione la Crimea con il Donbas, e degli sforzi sussidiari, che per adesso hanno come compito essenzialmente di attrarre le forze ucraine e impedire che rinforzino appunto Mariupol, che resta l'obiettivo principale. Gli sforzi sussidiari sono quelli che potremmo individuare nella zona est con gli attacchi a Cherson e Kiev stessa, non ancora interessata da un'offensiva reale ma semplicemente erosa in periferia. E poi ci sono i territori a ovest del Paese dove ci sono interventi più frequenti ma quasi mai terrestri, condotti con missili cruise e aerei. In questo caso si tratta di attacchi puntiformi, precisi, micidiali, che hanno lo scopo di evitare che queste aree, non investite da truppe terrestri, diventino una zona franca di rifornimento. Grosso modo questa è l'idea che ho di questa campagna da un punto di vista strategico».

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E gli attacchi a Odessa come li considera?
«Odessa è tenuta sotto pressione continua, con la flotta russa che fa da pendolare, quindi rappresenta la minaccia per uno sbarco terrestre. Ma non credo che questo accada, almeno fino a quando Mariupol non sarà presa sarà oggetto solo di attacchi da sforzo sussidiario. Serve cioè a rendere più oneroso ogni tentativo di prendere Mariupol. Non si può, quindi, considerare ogni attacco su Odessa come tentativo di conquista perché Putin non può investire tutti i punti strategici con la stessa forza. È parte dell'arte della guerra, mi conceda questo termine».

Perché le forze investite da Putin in questo conflitto sono state sottostimate?
«È così. Si parla di massimo 200mila unità che sono poche per un territorio così vasto e per un nemico così forte, perché l'esercito ucraino è fortissimo, sia chiaro, ed era cosa nota a Putin. Quindi ne ho dedotto che l'obiettivo finale dei russi non è mai stato conquistare l'Ucraina, ma ottenere alcuni obiettivi: Ucraina senza Nato, riconoscimento della Crimea e Donbas. E a convincermi è anche un altro fatto importante».

Quale?
«La Russia non è ricchissima, e con le sanzioni andrà peggio. Come potrebbe avere il controllo dell'Ucraina, grande e ostile in caso di sconfitta? Non è pensabile».

Come finirà?
«Credo che già adesso stiano pensando a una tregua o a un trattato. Perché le guerre finiscono o con una sconfitta militare, impossibile sia da una parte che dall'altra, o con un trattato. Se le condizioni non andranno bene per uno, si proseguirà con questa guerra che è una guerra nostra, europea. Diventerebbe un conflitto cronico nel nostro continente e destinato a durare a lungo. E a noi europei non conviene che l'Ucraina sia un nuovo Afghanistan, dovremmo fare di tutto affinché ci sia un trattato di pace».

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