Gli scontri con il Libano a nord di Israele aprono un nuovo fronte di guerra. Lo Stato ebraico martella con l’artiglieria, Hezbollah rivendica di aver attaccato obiettivi israeliani in quattro siti. Tra le migliaia di razzi e missili lanciati nel giro di una settimana da Gaza, quello di ieri, in direzione nord del Paese, ha creato un nuovo allarme per la Difesa israeliana. È stata l’incursione più lontana partita dalla Striscia quella dell’Ayyash 250, così chiamato forse in memoria di quello che era stato ribattezzato «ingegner morte», il terrorista ucciso dai servizi segreti e di cui Mohamed Deif, capo delle brigate di Hamas, ha preso il posto. Il numero, invece, indica la capacità di gittata: oltre 250 chilometri. Il razzo è stato abbattuto ma questo certamente non rassicura la Difesa israeliana sul versante settentrionale, dove è stata chiusa l’area intorno alla città di confine di Metula. Israele combatte anche contro i militanti di Hezbollah, sostenuti dall’Iran.
La minaccia
Il nord diventa dunque un fronte da presidiare.
Il sospetto
E non è probabilmente un caso che proprio in Libano si sarebbero svolti alcuni incontri in vista dell’assalto di una settimana fa, a cui avrebbero partecipato oltre al capo delle Guardie della Rivoluzione - che ha preso il posto di Qasem Soleimani (ucciso nel 2020 in un’azione mirata organizzata degli Stati Uniti) - anche i leader delle due organizzazioni terroristiche palestinesi, Hamas e Jihad, oltre agli Hezbollah. Difficile immaginare che si trattasse di raduni conviviali, l’ultimo dei quali organizzato proprio nei giorni precedenti ai massacri nei kibbutz. E mentre la piazza libanese si mobilita a sostegno di Gaza, con manifestazioni in diversi quartieri della capitale, nella valle della Bekaa, e al sud verso Nabatye, Hezbollah mantiene coperte le proprie carte sulla possibile apertura di un nuovo fronte. Una scelta condizionata da diversi fattori, compresi quelli di politica interna essendo uno dei principali attori sulla scena di uno Stato diviso in 17 gruppi confessionali e sull’orlo della bancarotta economica. E Israele studia a distanza le mosse avversarie ribattendo con l’artiglieria e i droni ai colpi che arrivano al di là del confine mentre respinge le accuse di aver usato in Libano, come a Gaza, bombe al fosforo bianco lanciate da Human Right Watch.
Il rischio
Intanto il governo libanese, attraverso il ministro dell’Informazione Ziad Makari, fa sapere di studiare come affrontare la situazione «in caso di deterioramento» ma anche di voler mantenere una situazione di tranquillità al confine. Il portavoce dell’Unifil, Andrea Tenenti certifica una «relativa calma» sulla linea di demarcazione e informa che il generale spagnolo Aroldo Làzaro, comandante del contingente (di cui fanno parte più di mille militari italiani) è in continuo contatto con le Forze armate dei due Stati per cercare di superare la situazione ed evitare un’escalation e un conflitto su larga scala». E il ministro della Difesa americano, Lloyd Austin fa sapere che agli Usa non risulta alcun rafforzamento di truppe sul confine.