Propaganda Isis, la vita a cinque stelle delle spose jihadiste: in strada in posa con la Bmw

Propaganda Isis, la vita a cinque stelle delle spose jihadiste: in strada in posa con la Bmw
di Federica Macagnone
Mercoledì 18 Marzo 2015, 16:28 - Ultimo agg. 18:09
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Armi, macchine costose e mariti da osannare come martiri. È l'ultima trovata propagandistica di un gruppo di giovani spose, partire dai loro Paesi per arrivare in Siria per condurre una vita che loro stesse hanno definito a “cinque stelle”.

Le immagini ritraggono cinque ragazze avvolte nel niqab, il tradizionale abito nero islamico, con armi in mano mentre incitano alla jihad e a fianco di una BMW bianca. Le foto sono state pubblicate su Twitter da un account riconducibile a Zehra Duman, una ragazza di Melbourne che l'anno scorso è partita dall'Australia per unirsi al gruppo islamico e sposare Mahmoud Abdullatif, meglio conosciuto come il “jihadista playboy”.

Dopo aver pubblicato le foto sul suo profilo, la ragazza ha aggiunto in un tweet: «US + Australia, come ci si sente a pensare che siamo tutte nate nelle vostre terre e ora siamo qui assetate del vostro sangue?».

Non è nota l'identità delle altre donne nella foto ma è chiaro che si tratta di tutte giovani che hanno abbandonato le loro famiglie per consegnarsi nelle mani dei jihadisti.

Tuttavia, la scelta di pubblicare le foto e di vantarsi della “vita a cinque stelle” non è stata gradita da tutti all'interno dello Stato Islamico che, nonostante inciti i suoi adepti a fare propaganda, è attenta a far sì che la situazione (come già spesso è successo) non sfugga di mano. «La macchina è arrivata qui dalla Francia per essere venduta. Smettetela di giudicare. Nessuno sta cercando di apparire o di ridurre tutto a una farsa» ha postato la ragazza sotto attacco.

Ma non è la prima volta che l'atteggiamento di Duman finisce sotto i riflettori: a gennaio, dopo che «il bel marito» è stato ucciso in combattimento, la ragazza ha usato Twitter per congratularsi con il partner: «Hai vinto la battaglia!» ha twittato descrivendo l'uomo come un “uccello verde”, il termine usato per descrivere un cosiddetto martire. «Ha subito il lavaggio del cervello in tre mesi» ha raccontato la famiglia disperata che spera che Zehra possa tornare a casa.