Nuova via della Seta, l'Usa attacca: «L'intesa con la Cina rischio per l'Italia»

Nuova via della Seta, l'Usa attacca: «L'intesa con la Cina rischio per l'Italia»
di Flavio Pompetti
Lunedì 11 Marzo 2019, 11:00 - Ultimo agg. 13:02
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NEW YORK - Nuovo attacco della Casa Bianca contro l'Italia sulla questione della Nuove vie della Seta. Il Consiglio per la sicurezza nazionale ha pubblicato sabato il seguente messaggio: «L'Italia è un'economia globale di prima grandezza e un grande destinatario degli investimenti. Il suo appoggio al Bri (Belt and Road Initiative) legittima l'approccio predatorio degli investimenti cinesi, e non conferirà nessun vantaggio agli italiani». Il messaggio contiene la minaccia velata di interrompere quella linea di collaborazione che ha permesso in tempi recenti al grande capitale di investimento a stelle e strisce di scendere a fianco del nostro Paese per difenderci dall'attacco al debito italiano sulle piazze finanziarie. Washington non si fida delle rassicurazioni finora offerte dal nostro governo sul dossier cinese. L'idea che la collaborazione tra l'Italia e la Cina si trovi ancora in uno stato preliminare, che sia limitato per lo più alle imprese industriali, e che sarà perfettibile in futuro, non corrisponde molto alle anticipazioni fatte da Samuel Stolton e Gerardo Fortuna, due collaboratori del sito Euroactive, che ha pubblicato tre giorni fa un resoconto sul testo del memorandum presentato all'Italia dai cinesi. Il testo parla di una cooperazione per lo sviluppo di «strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni». Una piattaforma ricca che i cinesi sono pronti a finanziare con grande generosità.
 
Il governo di Pechino ha destinato all'intero progetto delle Nuove vie della Seta (un corridoio marittimo dall'Oceano Indiano a quello Atlantico attraverso il canale di Suez e cinque linee ferroviarie tra l'Asia e l'Europa) un patrimonio di 900 miliardi di dollari. In Italia verrebbero attivati i porti di Trieste, per raggiungere Vienna e Monaco, e quello di Genova per i collegamenti con la Francia e la penisola iberica. Con la firma sul memorandum l'Italia si impegnerebbe, a quanto pare, a mediare per un via libera sostanziale da parte dell'Europa. In cambio otterrebbe partecipazioni in Terna e Leonardo, e un coinvolgimento nelle piattaforme di e-commerce. Di qui i forti dubbi degli americani che temono prima di tutto l'arrivo dei cinesi nei due porti italiani, oltre che i possibili ostacoli che potrebbero trovare in acque finora sono loro amiche. Un timore ancora maggiore è quello per la perdita del primato nella rete di comunicazione digitale, che i cinesi stanno insidiando con l'istallazione del sistema 5 G.

La trattativa italiana è motivo di apprensione anche per Bruxelles, dove la Comunità sta cercando di negoziare con la Cina le regole di ingaggio per l'ingresso massiccio in Europa, e soprattutto le modalità di risoluzione di possibili dispute.

L'Italia da sola nel negoziato con Pechino è più debole, e potrebbe accordarsi su condizioni meno favorevoli. Lo scatto laterale di un Paese di area comunitaria nei rapporti con la Cina non è d'altronde una novità: Barack Obama si trovò a discutere animatamente l'apertura che David Cameron aveva operato nei confronti della Cina, e gli Stati Uniti non hanno mai digerito l'ingresso della Gran Bretagna nella Asian Infrastructure Investment Bank, con la quale Pechino intende rivaleggiare con la World Bank controllata dagli Usa. Anche la Germania di Angela Merkel ha avviato una sua piattaforma di apertura al business cinese, non necessariamente mediata dal parlamento di Bruxelles. I due Paesi si sono già defilati di fronte alla richiesta di Washington di far fronte comune contro l'espansione della rete 5G della Huawei in territorio europeo. C'è poi un motivo in più a spingere il NSC a condannare l'Italia. La firma del memorandum potrebbe giungere tra due settimane durante la visita di Xi Jimping a Roma e in Sicilia, che precede di pochi giorni il possibile incontro tra il leader cinese e Donald Trump. Xi arriverebbe a Washington per l'atto finale del negoziato sui dazi sulle ali di un successo che lo avvantaggerebbe psicologicamente, e che la diplomazia Usa vuole a tutti costi evitare.
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