Russiagate, Cohen silura Trump: «È un truffatore, su Mosca mente»

Russiagate, Cohen silura Trump: «È un truffatore, su Mosca mente»
di Flavio Pompetti
Giovedì 28 Febbraio 2019, 10:30 - Ultimo agg. 12:04
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NEW YORK - «Donald Trump è un razzista, un truffatore, un traditore che non si fermerebbe di fronte a nulla pur di raggiungere gli obiettivi personali». L'ex avvocato personale di Donald Trump Michael Cohen ha testimoniato per ore ieri davanti alla commissione di controllo della Camera, nell'arduo tentativo di riabilitare la sua reputazione. Cohen è un uomo battuto, esposto nella più cruda profondità dei crimini che ha commesso. Il tribunale lo ha già condannato per aver violato i limiti delle donazioni elettorali quando ha pagato il silenzio di due ex amanti di Trump, per due frodi ai danni di banche alle quali aveva chiesto prestiti e per aver mentito sotto giuramento in una audizione al congresso. È stato radiato dall'ordine degli avvocati, e aspetta di entrare in galera il 6 di maggio per scontare tre anni di detenzione.
 
La sua linea di difesa è che ha violato la legge per obbedire agli ordini del suo ex assistito, e che ha agito in coordinazione con lui e con i membri della sua famiglia, in particolare il primogenito Donald Jr. e la figlia Ivanka. Nel documento introduttivo alla testimonianza, Cohen ha raccontato dettagli bizzarri, come l'ordine che ha eseguito per conto di Trump di minacciare gli amministratori e i compagni di classe delle scuole che il presidente ha frequentato da piccolo, per evitare che rivelassero il contenuto delle sue pagelle e dei test di ammissione. Ha raccontato che lo stesso Trump gli ha confessato di non essere mai stato operato allo sperone osseo che gli ha evitato il servizio militare: «Non sono mica stupido, non sarei mai andato a combattere in Vietnam». Ha rivelato però dettagli di ben altro peso legale: uno dei due prestiti per i quali ha cercato di truffare una banca sarebbe servito per acquistare per conto di Trump la squadra di football dei Buffalo Bills. Una simile frode è stata perpetrata, sempre a vantaggio dello stesso committente, nei confronti della Deutsche Bank. Il nocciolo della testimonianza va poi a toccare l'indagine del Russiagate, nella quale Cohen è diventato un collaboratore di giustizia per il procuratore speciale Bob Mueller. Secondo l'ex avvocato Trump mente quando dice di non aver mai avuto contatti di affari con i russi. Cohen lo sa bene perché ha seguito la trattativa per la costruzione di una Trump Tower a Mosca fino al suo esaurimento, quando Trump è stato eletto presidente. Come legale personale del candidato, è stato anche artefice del negoziato per silenziare la porno attrice Stormy Daniels, che ha pagato usando la linea di credito su una sua proprietà immobiliare, per cancellare le tracce che portassero a Trump. Cohen può però mostrare alcuni degli assegni con i quali è stato rimborsato: undici pagamenti, alcuni firmati dallo stesso presidente, altri da Donald Junior. Da intimo del tycoon, ha anche assistito alla conferma dell'incontro che Donald Jr. aveva organizzato con la delegazione dei russi che dicevano di offrire materiale sporco sull'avversaria politica Hillary Clinton. «Bene, fammi sapere come va a finire» avrebbe risposto Trump al figlio.

I repubblicani nella commissione hanno gioco facile nell'attaccarlo: Cohen è un uomo in ginocchio, un avvocato che per sua stessa ammissione avrebbe consigliato il suo assistito di commettere reati, e che ha registrato in segreto alcune delle conversazioni che aveva avuto con lui. E poi ha già mentito in un'aula simile a quella in cui sta parlando. Che credibilità può avere? In aula ieri si è rifiutato di promettere che non sfrutterà in futuro la pubblicità che lo circonda con la scrittura di un libro, o la cessione dei diritti cinematografici. Tra tre anni tornerà libero di capitalizzare sui suoi crimini. Ma dietro le rivelazioni, alcune ben note, altre inedite che ha fatto ieri in aula, ci sono i documenti. Cohen dice di avere prove documentali per tutto quanto ha detto, e dietro di lui e anche con il suo aiuto, Bob Mueller ne ha accumulati molti altri in un anno e mezzo di inchiesta. L'apparizione dell'ex amico che Trump chiama oggi «il sorcio» è solo un primo spiraglio dell'uragano che si sta per abbattere sulla Casa Bianca.
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