Usa-Corea del Nord sull'orlo della guerra. Trump sfida Kim Jong-un: «Un ragazzino malato»

Usa-Corea del Nord sull'orlo della guerra. Trump sfida Kim Jong-un: «Un ragazzino malato»
di Luca Marfé
Giovedì 30 Novembre 2017, 07:00 - Ultimo agg. 16:16
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NEW YORK - «Kim Jong-un è un ragazzino malato» e il regime di Pyongyang sarà «completamente distrutto». Questa volta il messaggio a stelle e strisce lo firmano a quattro mani Donald Trump e Nikki Haley. Il presidente è a Saint Charles, in Missouri. Suo è il «sick puppy», il “ragazzino malato”, appunto. L’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, invece, è a New York, in riunione assieme ai vertici del mondo tra le mura del Palazzo di Vetro. La minaccia più dura, questa volta, arriva per bocca di colei che in molti indicano come successore del segretario di Stato Rex Tillerson.

Un altolà già sentito, ma che, quasi incredibilmente, si arricchisce di toni ancora più aspri. Sembra non conoscere fine, infatti, l’escalation di violenza, fino ad ora soltanto verbale, tra i due nemici giurati. Sembra davvero non esserci una via d’uscita.


(L’ambasciatrice statunitense presso le Nazioni Unite Nikki Haley durante la riunione del Consiglio di Sicurezza)


L’unica certezza, nell’ambito di una fase diplomatico-militare così delicata, è che Kim è più forte e più determinato che mai. È un fatto: la Corea del Nord è una potenza nucleare. E lo è a tutti gli effetti. Non solo, c’è dell’altro: è in grado, a detta di molti esperti e dello stesso segretario alla Difesa James Mattis, di colpire qualsiasi città in qualsiasi angolo del mondo. A questo punto è davvero impensabile che possa rinunciare alla proprie ambizioni. Per il semplice motivo che quelle stesse ambizioni hanno già preso forma.

Ora si tratterà di stabilire se e come gli Stati Uniti intendano far fronte a questa novità: potrebbero assecondarla, proprio com’è già accaduto nei confronti di India e Pakistan (entrambi detentori di fatto di un arsenale nucleare). O, viceversa, potrebbero scatenare un putiferio in grado di andare ben al di là degli annunci e delle minacce delle settimane e dei mesi scorsi.

L’ennesimo e con ogni probabilità conclusivo richiamo sembra ancora una volta destinato alla Cina, ultima vera sponda di Kim e compagnia. E a pronunciarlo è sempre la Haley che invita «tutte le nazioni», senza citarlo espressamente ma lasciando ben intendere il riferimento al “dragone”, a «tagliare qualsiasi tipo di legame» con Pyongyang.

I diversi scenari, intanto, offrono un quadro quasi surreale.

Clima di festa nella capitale nordcoreana: la retorica del regime e l'incessante propaganda fanno sì che il popolo percepisca l’ennesimo test missilistico come un grande successo, non soltanto strategico, ma ancor di più di orgoglio patrio.

Tutto tranquillo o quasi, invece, in una Seul fin troppo abituata a convivere con certe tensioni: una capitale più preoccupata da eventuali attacchi convenzionali (contro i quali i sistemi di difesa si rivelerebbero paradossalmente inefficaci) che non da veri e propri cataclismi atomici.

E l’equilibrio del mondo intero, infine, come quello di un funambolo che rischia di cadere giù da un momento all’altro.


(L'esultanza dei cittadini nordcoreani al termine dell'ennesimo test missilistico operato dal regime di Kim)

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