Ucraina, due anni di guerra: «Pesa il morale dei soldati»

«Una guerra punteggiata da errori a Mosca e Kiev»

Ucraina, due anni di guerra: «Pesa il morale dei soldati»
Ucraina, due anni di guerra: «Pesa il morale dei soldati»
di Mariagiovanna Capone
Venerdì 23 Febbraio 2024, 23:00 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 16:30
6 Minuti di Lettura

A due anni dall’invasione russa in Ucraina, i contorni delle prossime mosse sono ancora tutti da definire poiché dipendono dagli aiuti ai militari. Tuttavia è chiaro a chiunque che la «guerra lampo» sostenuta da Putin è diventata una guerra congelata, che ha lasciato a terra migliaia di morti. Ne parliamo con il generale di Corpo d’armata dei lagunari Luigi Chiapperini, ex allievo della Nunziatella di Napoli, già pianificatore nel comando Kosovo Force della Nato, e comandante dei contingenti nazionali Nato in Kosovo nel 2001 e Onu in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale Nato su base Brigata Garibaldi in Afghanistan tra il 2012 e il 2013, autore del libro «Il Conflitto in Ucraina» e attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito.

Generale, due anni di guerra: si aspettava durasse tanto?
«Inizialmente no, ma quando i russi dopo un mese dall’invasione del 2022 non sono riusciti nell’intento di far cadere il governo e far collassare le forze armate ucraine, è risultato lampante che sarebbe stata una guerra lunga. Merito degli ucraini, di alcuni errori operativi russi e degli aiuti occidentali a Kyiv, che peraltro hanno ricevuto in abbondanza anche i russi da Paesi amici come l’Iran e la Corea del Nord».

Quali erano gli obiettivi della Russia due anni fa e quali sono quelli raggiunti?
«Mosca voleva un cambio di regime a Kyiv, dimostrare al mondo di essere ancora una grande potenza e mettere in sicurezza Crimea e Donbass.

Al momento sembra aver raggiunto parzialmente solo quest’ultimo scopo. Le cose, infatti, non sono andate come speravano: il governo di Zelensky non è caduto e le sue forze armate hanno combattuto con destrezza e coraggio costringendo dopo poche settimane i russi a ritirarsi dal nord e dall’est per concentrarsi nelle sole province sudorientali dell’Ucraina. Qui, recentemente sono riusciti a riconquistare alcune località, ma si tratta di pochi chilometri quadrati a fronte di grosse perdite di personale e mezzi. Questi movimenti della linea di contatto, seppur minimi, sono peraltro fondamentali nella guerra psicologica e mediatica, sufficienti per far gridare vittoria a Putin in vista delle prossime elezioni presidenziali. Nella realtà dei fatti, oltre alla Crimea già annessa da Mosca nel 2014, solo la metà dei territori delle altre quattro regioni che Mosca considera ormai definitivamente annesse, risulta sotto occupazione militare delle sue forze».

Da tempo si protrae uno stallo da ambo le parti: cosa ha sbagliato la Russia e cosa l’Ucraina?
«Il più grosso errore della Russia è stato considerare debole l’Ucraina. Il 24 febbraio 2022, circa 150 mila soldati russi sono penetrati in territorio ucraino lungo cinque diverse direttrici di attacco su una fronte di 2.500 chilometri: troppi per le forze impiegate. È stato un azzardo andato male. L’errore principale dell’Ucraina, invece, si può far risalire alla seconda controffensiva della scorsa estate quando sono state prese scelte operative errate, come l’incaponirsi ad attaccare lungo troppe direttrici le posizioni fortemente organizzate a difesa dei russi, disperdendo così le forze. Ma il parziale insuccesso di Kyiv è dovuto anche all’insufficiente quantità di aiuti militari da parte dell’Occidente. In tale quadro, però, c’è da sottolineare che ancorché i russi siano ora all’offensiva, non hanno raggiunto i veri grandi obiettivi dell’invasione. Come detto, in campo geopolitico Mosca non è riuscita nell’intento di sostituire il governo ucraino - considerato troppo filo occidentale - con uno più amico. Ancora più bruciante, poi, è risultato in campo geostrategico lo smacco relativo al tentativo di allontanare la Nato dai propri confini. Non solo Mosca non ha raggiunto l’obiettivo, ma ha ottenuto il risultato opposto: i Paesi dell’ex Patto di Varsavia hanno immediatamente ospitato sul proprio territorio più truppe dell’Alleanza Atlantica in chiave difensiva e di deterrenza, e due nazioni storicamente non allineate, Finlandia e Svezia, si sono affrettate a entrare nella Nato».

Come lei stesso ha detto, in favore dell’Ucraina hanno contato gli aiuti in armi da parte dei Paesi occidentali, senza i quali forse questo conflitto realmente sarebbe terminato su dopo qualche settimana.
«Certo, ma a favore dell’Ucraina ha avuto un ruolo molto importante anche l’Intelligence, insieme alle armi controcarro e contraeree, al munizionamento di precisione come i missili Himars e, solo parzialmente stante i numeri esigui, i mezzi da combattimento per la fanteria. Tutto ciò in una guerra che, pur denotando caratteristiche ibride con un impiego diffuso di tecnologie avanzate, è tornata a far pesare la centralità del soldato sul campo di battaglia».

Se l’Ucraina avrà gli F16, quanto peso avranno su questo conflitto?
«Lo abbiamo detto più volte: senza velivoli performanti che possano assicurare una superiorità aerea almeno locale, le operazioni terrestri subiscono ripercussioni negative e fatali. L’aeronautica ucraina sta operando bene tanto da riuscire ancora ad abbattere alcuni aerei russi, ma il paventato arrivo degli F16 potrebbe assicurare a Kyiv una migliore tenuta delle posizioni».

Lo stallo secondo lei è dovuto alla mancanza di nuovi armamenti o ci sono anche altre ragioni, come il numero ormai sempre più scarno di militari sul campo da ambo le parti?
«Il numero di soldati che i due contendenti saranno in grado di continuare a ruotare in combattimento sarà decisivo. Proprio in questi giorni in Ucraina si sta parlando di una nuova mobilitazione. Tuttavia saranno fondamentali per gli ucraini e per i russi gli aiuti in termini non solo di sistemi d’arma ma anche economici che i Paesi che li appoggiano potranno e vorranno fornire. In tal senso saranno fondamentali i 60 miliardi di dollari statunitensi di cui stanno discutendo al Congresso».

Quale crede possa essere il morale dei soldati sul fronte con uno stallo che dilata ancora di più il tempo?
«Dopo due lunghi anni di guerra, il morale e la coesione delle truppe risultano fondamentali per ottenere il successo. In questo particolare momento, che li vede avere l’iniziativa e specialmente dopo la conquista di Avdiivka, indubbiamente i russi hanno verosimilmente un morale più alto degli ucraini. Questi tra l’altro saranno stati anche scossi dall’avvicendamento di Zaluznhy al vertice delle forze armate».

Quale potrebbe essere il prossimo scenario?
«Nei prossimi mesi i russi probabilmente continueranno ad attaccare cercando di raggiungere i confini delle quattro regioni di Kherson, Zaporizhzhia, Donetsk e Lugansk annesse alla Federazione con dei referendum farsa. Sarà difficile ma ci proveranno. Per gli ucraini si tratta di resistere per quest’anno, riorganizzare le proprie forze armate con i prossimi auspicati aiuti occidentali per poi cercare di riprendere l’iniziativa e tentare di liberare i territori occupati, probabilmente con una terza controffensiva che potrebbe essere avviata non prima del 2025. Credo che la guerra sia destinata a continuare per parecchio tempo a meno che non sopraggiungano eventi interni ai due Paesi contendenti in grado di modificare gli attuali equilibri politico-militari».

© RIPRODUZIONE RISERVATA