750 dollari nel 2016, anno della sua elezione.
750 dollari nel 2017, il primo da presidente.
Neanche un centesimo per un intero decennio.
Donald Trump ha un problema nuovo e un nemico vecchio.
Il primo è lo scoop che crocifigge pubblicamente le sue dichiarazioni dei redditi, sostanzialmente vuote e fortemente dubbie.
Il secondo è chi lo scoop lo produce, a poco più di un mese dal voto. Quel New York Times che l’osso, proprio no, non ha nessuna intenzione di mollarlo e anzi lo azzanna.
In un’inchiesta che, sì, sa un po’ di “giornalismo-bomba…a orologeria”, ma che comunque lo imbarazza e che gli complica ulteriormente un quadro già complicato dal Covid, dal vaccino annunciato ma ancora chimera, dall’economia che fa fatica a rialzarsi, figurarsi a ritrovare gli oramai vecchi fasti.
Il diretto interessato naturalmente non ci sta, strilla sùbito «Fake News!», e la partita prova a spostarla su terreni diversi.
E fa bene perché da un lato alla sua base elettorale delle sue tasse non gliene frega un granché (i democratici ci avevano già provato nel 2016, con risultati inutili e addirittura controproducenti). Mentre, dall’altro, i nuovi equilibri della Corte Suprema e soprattutto il primo dibattito televisivo contro Biden possono rivelarsi davvero decisivi in chiave riconferma.
Amy Coney Barrett è nominata a sostituire la compianta Ruth Bader Ginsburg e il più alto tribunale degli Stati Uniti “rischia” di sbilanciarsi tra 6 giudici di destra e 3 di sinistra.
Non solo: la Barrett è una cattolica convinta e proprio il richiamo forte della religione potrebbe motivare come una sirena la corsa alle urne del popolo conservatore. Aspetto di per sé già potenzialmente determinante.
E poi c’è Biden. Che osserva Trump agitarsi sulla scena, ma che di quella stessa scena resta sì e no sfondo.
Ora tocca a lui: parlare, dimostrare, battersi come una tigre in un’arena mediatica nella quale gli toccherà scendere da solo. Non ci saranno gli Obama, né Barack né Michelle. Non ci saranno i Clinton, né Hillary né Bill.
Solo e soltanto lui contro chi in quell’arena mediatica in qualche modo ci è cresciuto dentro, tra show televisivi e conferenze stampa che assomigliano comunque molto a veri e propri show televisivi.
È il momento della verità, ben al di là del (solito) scoop del New York Times.