Walesa: democrazia in affanno, all'Ue serve un decalogo di valori

Walesa: democrazia in affanno, all'Ue serve un decalogo di valori
di Pietro Perone
Domenica 14 Giugno 2015, 14:46 - Ultimo agg. 14:48
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Lech Walesa a Napoli per ricevere l’ennesimo premio internazionale dedicato al dialogo e alla pace. Un cardine della storia del Novecento nella «Sala Siani» del Mattino, discussione appassionata sull’Europa e i venti di conflitti che appaiono sempre più incombenti. Una riflessione scandita da molte speranze e dalla necessità di fare subito qualcosa, a cominciare da quel «decalogo laico» tutto ancora da scrivere ma senza cui l’Ue è condannata a restare una «casa comune» incompiuta. E ancora i diritti, anche quelli dei gay; poi questo Papa che viene dalla fine del mondo al quale «lo spirito santo ha affidato la missione di riformare la Chiesa», così diverso dall'amico polacco Karol Wojtyla insieme con il quale l'allora elettricista dei cantieri di Danzica, leader del sindacato Solidarnosc perseguitato dal regime di Jaruzelski, riportò la sua Polonia alla democrazia imprimendo la definitiva, micidiale spallata al regime sovietico. A 71 anni, dopo essere stato presidente del suo Paese, dal 1990 al '95 e insignito del Nobel per la pace nel 1983, Walesa non smette di credere in un'Europa «più giusta e solidale» in cui «venti persone, almeno cinque tollerate da Putin, possano costruire un programma di dieci punti per risolvere la crisi in collaborazione con i singoli stati membri» perché - spiega l'ex sindacalista - «la Russia ci serve, è un business ma per quanto riguarda la democrazia è indietro di 30-50 anni».



Intanto da qualche settimana siede sulla quella che fu la sua poltrona di presidente il nazionalista Andrzej Duda: cosa è cambiato in Polonia?

«Tutti i paesi democratici vivono un momento di difficoltà, i politici non sono rispettati e il popolo non li crede. In Polonia, e non solo, bisogna fare due cose: nel Parlamento è necessario consentire che entrino anche le minoranze che oggi sono escluse, da noi per esempio lo sbarramento del 5 per cento è troppo alto. Certo, quelli che sono contrari a questa riforma diranno che l'aula diventerà ingovernabile, ma con un regolamento si potranno costringere i deputati a creare gruppi più grandi e semplificare lo scenario politico. La seconda cosa da correggere, anche nel resto dell'Europa, è quella di evitare che si possa essere eletti più di due volte in Parlamento come in tutte le altre istituzioni. Viaggio molto e dovunque osservo gli stessi problemi: sono nate troppe lobby che bloccano il ricambio della classe politica, l'accesso dei giovani. Duda ha vinto in Polonia perché si è presentato come un uomo nuovo, ha intercettato la voglia di cambiamento ma è giunto il momento di ridefinire anche cosa significa destra e sinistra perché le vecchie categorie della politica non si addicono più ai giorni nostri».



I nazionalismi e i populismi che imperversano nel continente sembrano però il frutto proprio delle debolezze dell'Ue: una comunità di Stati che non riesce a trovare un accordo neanche sulle quote di migranti da accogliere nei singoli territori che Unione è?

«Siamo nell'epoca della parola e della discussione, questi sono gli strumenti per capire quali sono le idee buone e quali quelle stagliate. Sono convinto e fiducioso che alle fine si capirà anche chi è giusto e chi no. Stiamo eliminando le frontiere, c'è la moneta unica, anche se non ancora in Polonia, ma resta senza risposta una domanda: quali sono i fondamenti dell'Europa? Ogni nazione ha i suoi particolarismi e anche le religioni sono diverse. Ecco perché è necessario avere un decalogo laico».



Una Costituzione europea?

«Più o meno, ma sicuramente dobbiamo fare qualcosa: quando parlo della necessità di valori condivisi agli interlocutori che incontro durante i miei viaggi immediatamente l'uditorio si divide: da un lato c'è chi dice non esageriamo e restiamo uniti solo in nome della libertà, a cominciare da quella del mercato; gli altri invece si mostrano scettici e mi dicono "non costruirete nulla". Invece dobbiamo puntare sui valori comuni e riformare anche il nostro capitalismo. Così com'è non va bene, è indispensabile fare delle correzioni. Mi sono recato recentemente in molti paesi dove ci sono state proteste di piazza e tutti contestavano questo il sistema economico e l'attuale democrazia. Devo dire che all'inizio ero abbastanza spaventato, ma poi ho capito che chi protesta non mette in discussione il mercato libero e i beni privati. Il 95 per cento del capitalismo è dunque condiviso ma vanno corrette le sue storture, è questo uno dei principali compiti della nostra Europa».



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