Autonomia differenziata, l'ira dei sindaci: «Colpo al rilancio del Sud»

L'appello: «Su trasporti, scuola, sanità, energia garantire livelli di prestazione omogenei»

Il ministro Calderoli
Il ministro Calderoli
di Lorenzo Calò
Sabato 7 Gennaio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 09:31
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Anche l’Anci Campania esprime forte preoccupazione per l’accelerazione sull’autonomia differenziata impressa dal ministro Roberto Calderoli. E lo fa con un documento, approvato all’unanimità, che sarà proposto nei prossimi giorni anche alle Anci delle altre Regioni del Sud. «Il nostro obiettivo - dice Carlo Marino, sindaco di Caserta, presidente di Anci Campania e coordinatore Anci del Sud - è di creare una piattaforma comune di discussione per aprire un tavolo di confronto vero con il governo nazionale e i presidenti delle Regioni, a partire da quelli del Mezzogiorno. I sindaci vogliono essere i protagonisti, partendo dalle questioni centrali - i Lep, le risorse finanziarie, la coesione del Paese - che abbiamo posto al centro del nostro documento», spiega.

Secondo l’Anci, «sinora il regionalismo differenziato – come previsto dall’articolo 116 comma 3 della Costituzione –, che attribuisce alle Regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, limitatamente però a determinate materie e seguendo uno specifico procedimento, si è tradotto in un tormentato braccio di ferro per le asimmetrie che verrebbero a introdursi nell’ordinamento italiano. E non sfugge agli amministratori locali il rischio nascosto nelle pieghe della riforma. Il Sud, con questa autonomia differenziata, ne uscirebbe ancora più vecchio e malandato». 

In questo contesto l’Anci chiama i sindaci del Sud a un nuovo protagonismo partendo, tra l’altro, dalle parole pronunciate dal capo dello Stato nel corso dell’assemblea di Bergamo dello scorso 10 dicembre. «Mattarella ci esorta a essere una vera comunità che non lascia indietro i più deboli - rimarca il documento - sia che si tratti di singole persone sia che si tratti di intere regioni.

I diritti sociali rappresentano un capitolo determinante del patto istituzioni-cittadini, se questi venissero meno la Repubblica non si terrebbe più insieme. Invece l’autonomia differenziata, per come è stata finora presentata, delinea un assetto istituzionale che minerebbe la solidarietà nazionale e renderebbe strutturale la diseguaglianza». 

I livelli essenziali di prestazione, di cui una parte restata inattuata nella riforma del Titolo V, 21 anni fa, sono l’elemento cardine della riforma perché, evidenzia l’Anci, «rappresentano la garanzia di parità di trattamento di tutti i cittadini da Nord a Sud, su una serie di aspetti essenziali della vita. Dalla salute all’istruzione, dai trasporti pubblici al governo del territorio. I divari aumenterebbero se invece dei Lep si applicasse il criterio della “spesa storica”, come hanno chiesto alcuni esponenti del governo. Viceversa, la definizione dei Lep, con il conseguente passaggio dalla “spesa storica” al “costo standard” rappresenterebbe l’occasione tanto attesa per colmare il gap tra regioni del Nord e regioni del Sud, garantendo in modo uniforme, e sull’intero territorio nazionale, i diritti civili e sociali».

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Ma è pensabile che i Lep si realizzino in sei mesi e a finanza invariata? «Dalla lettura della bozza significherebbe che meno risorse vengono attribuite alle Regioni, meno Comuni potranno essere assegnatari di fondi», ipotizza l’Anci che mette in guardia dal rischio di attuare una riforma - su scuola, trasporti, ambiente, sanità, enti locali - a due velocità. «Cosa succederebbe se permettessimo alle Regioni più ricche di pagare di più i loro medici e i loro insegnanti, rispetto alle Regioni con minore possibilità di spesa? Si rischierebbe di assistere a una fuga di medici e insegnanti dal Sud verso il Nord, o almeno dei migliori di loro. Questo creerebbe formidabili disparità di trattamento, ad esempio tra un ragazzo iscritto a un liceo in Campania, in Calabria o nel Sud Italia e uno che frequenta lo stesso istituto in Lombardia e il Veneto. Lo stesso vale per la raccolta dei tributi locali: l’effetto potrebbe essere che le Regioni ricche diventino ancora più ricche e quelle povere ancora più povere», è il ragionamento. Ecco perché l’Anci invita il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie a riconsiderare le ricadute della riforma in relazione ai principi costituzionali di solidarietà (articolo 2 della Costituzione), eguaglianza (articolo 3), sussidiarietà (articolo 118), perequazione (articolo 119).

Trasferire da Roma a Milano la Consob e l’Antitrust (Agcm). Una proposta di legge a firma della deputata leghista Silvana Comaroli è già stata depositata a Montecitorio. La strategia? Avvicinare a Piazza Affari le due agenzie che vigilano sulla Borsa e sul mercato italiano. Un vecchio pallino della Lega, che ci provò già nel 2010 (fu bloccata poi da Monti). Ma oggi l’operazione trasferimento comporterebbe un impegno finanziario altissimo. E infatti la proposta è stata accolta molto freddamente dagli alleati di coalizione, a cominciare da Fdi. 

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