Chiara Ferragni e Fedez contro Renzi: se i follower del partito coppia contano più dei voti di un leader

Chiara Ferragni e Fedez contro Renzi: se i follower del partito coppia contano più dei voti di un leader
di Antonio Menna
Mercoledì 7 Luglio 2021, 11:00 - Ultimo agg. 15:00
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Cosa spinge Matteo Renzi, senatore della Repubblica, ex presidente del Consiglio dei ministri, leader di una forza politica, a rispondere in modo repentino e quasi spaventato, nel giro di poche ore, a un post di Chiara Ferragni, beccandosi a stretto giro il ceffone di Fedez, principe consorte della suddetta, e tempestivo interprete della regola numero uno delle famiglie tradizionali e patriarcali (chi tocca mia moglie se la vede con me)? Lo spinge il significato della parola influencer. Chiara Ferragni, con i suoi 24 milioni di follower su Instagram, e Fedez (pesa la metà della moglie, con i suoi 12 milioni di seguaci) hanno quella che i massmediologi definiscono «capacità di influenzare in modo rilevante le opinioni e gli atteggiamenti delle altre persone». Basta una loro parola, insomma, e scoppia il finimondo. Un loro contenuto fosse anche il figlio che dice cacca in un video - ha, nella peggiore delle ipotesi, centinaia di migliaia di visualizzazioni, migliaia di commenti (che bello, ha detto cacca; che tenero, ha detto cacca; che schifo, ha detto cacca) e per il gioco dei rimbalzi, finisce praticamente sugli smartphone di tutti. 

Ovviamente, gli influencer spendono la loro capacità persuasiva per lo più in loro favore, su marchi commerciali da cui ricavano profitto. Sono loro, la loro industria. In questo meccanismo, capita che irrompano nel dibattito politico, come da mesi succede alla coppia reale italiana col Ddl Zan. Lo fanno perché credono in quelle idee ma anche per alimentare quella fonte continua di visibilità di cui un influencer, dentro lo scambio che non deve mai interrompersi con il suo pubblico, ha bisogno come l'ossigeno. Ma il loro potere è quello serio, quello vero. Ecco perché Matteo Renzi (un milione di follower su Facebook, poco meno di 245mila su Instagram) ritrovatosi prima insultato dalla Ferragni (che schifo i politici, con la foto del senatore fiorentino) e poi avvisato da Fedez (ne parliamo dopo la partita della Nazionale), ha deciso di replicare subito, incorrendo però nell'errore più marchiano che si possa fare in questi casi: rispondere

Renzi, specialista nel costruire buche in cui precipitare, è caduto alla perfezione nella tagliola. Come un uomo che impatta in un animale feroce non deve muoversi e deve fingersi morto, un politico che viene bastonato da un influencer deve tacere, lasciar passare l'onda, farsi piccolo, spegnere il cell. Invece a Renzi, che forse più che il politico voleva proprio fare l'influencer, è partito il dito. Così ha attivato da solo il frullatore. Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, l'uomo con la pistola è un uomo morto, diceva Clint Eastwood in Per un pugno di dollari. Allo stesso modo, possiamo dire che quando un uomo politico (con pochi consensi nei sondaggi) incontra un influencer con milioni di follower, l'uomo politico è un uomo morto

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Perché? Perché il magico mondo dei social non è fatto per il confronto, ma per lo scontro tra tifoserie.

Non vuole convincere ma duellare. Non vuole ragionare con l'altro ma metterlo in un angolo. Non vuole interrogarsi e cercare insieme le risposte, non vuole camminare domandando, come i rivoluzionari, ma sedersi e sparare. A quel punto o sai colpire più forte, uomo con la pistola, o è meglio che resti immobile e ti fingi morto. Il meccanismo di persuasione dell'opinione pubblica non è stato inventato dagli influencer di oggi. È sempre esistito. Un tempo, un editoriale in prima sul Corriere della Sera, apriva un dibattito nel Paese, costringeva uomini di potere a rispondere, a volte addirittura alle dimissioni. Più o meno quello che può avvenire oggi, con l'asse della forza che si è spostato sui social. Non più il direttore di un grande quotidiano che quasi più nessuno legge - ma un influencer con milioni di follower può determinare l'esito di un dibattito pubblico, perfino di un'elezione (Beppe Grillo cos'era, se non un influencer?). 

Qual è la vera differenza tra ieri e oggi? È tutta nel linguaggio, nel mezzo e nella forma. Se l'influencer di una volta era un intellettuale che conosceva il tema ed entrava nel merito, e il luogo della discussione era un giornale, quindi largo, ponderato e partecipato, il terreno di scontro aveva inevitabilmente la necessità di approfondire e spiegare. Se l'influencer di oggi è invece un giovane rapper che non sa cos'è un Concordato e non sente neppure il bisogno di informarsi, documentarsi, capire prima di parlare, perché vive nella sua bolla autoreferenziale, nella reazione istintiva, nel guscio di certezze granitiche, su che terreno può mai avvenire il dibattito? Sull'invettiva e sull'insulto, sui luoghi comuni e sugli slogan, sulla superficialità e mai sulla profondità. Che schifo, i politici, sbraita la Ferragni; Renzi fai pipì sulla testa degli italiani, replica Fedez. Questo il linguaggio. Questo il livello. Difficile sostenere che tutto ciò faccia crescere la qualità e il dibattito ma tant'è. Se a tutto ciò il politico, poi, risponde con un post di 30 righe (orrore) chiedendo un dibattito nel merito con la dottoressa Ferragni, sulla bellezza della politica e del confronto (sic), sta sparando con la fionda contro le testate nucleari. Viene quasi da solidarizzare. Povero Matteo: dopo il Ddl Zan bisognerà fare una legge contro la Renzifobia. Chissà se si trova un influencer che la sponsorizzi. Gratis. 

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