Sud, il coronavirus colpisce l'economia: turismo e servizi a rischio default

Sud, il coronavirus colpisce l'economia: turismo e servizi a rischio default
di Nando Santonastaso
Martedì 21 Aprile 2020, 09:00 - Ultimo agg. 13:58
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Pessimisti esperti e ricercatori, più che angosciati imprenditori e associazioni di categoria. Anche chi lavora e investe sull'innovazione fa fatica a intravedere prospettive meno tristi. Scampato finora alla pandemia sanitaria da Covid-19, il Sud potrebbe ritrovarsi nel secondo semestre in piena epidemia da crisi economica. Sono assai inquietanti i segnali che arrivano soprattutto dal turismo, da moda e abbigliamento, dall'agricoltura e dall'automotive. Sbiadiscono, alla luce degli ultimi aggiornamenti, anche i dati già negativi previsti da Cerved Industry Forecast su ciò che potrebbe accadere da qui alla fine dell'anno nelle regioni considerate più a rischio come Campania (una perdita secca per le imprese di oltre 23 miliardi), Sardegna e Basilicata. La nuova, probabile recessione, indicata dalla Svimez nel suo ultimo report, rischia di essere solo la punta dell'iceberg. Non è un caso che siano moltissime tra le nuove domande per il Reddito di cittadinanza presentate nei primi tre mesi dell'anno (+9 per cento), quelle provenienti dal Sud.

L'ultimo report è di Srm, la Società di studi e ricerche sul Mezzogiorno di Intesa Sanpaolo diretta dall'economista Massimo de Andreis ed è di pochi giorni fa. Sono state prese in considerazione due ipotesi di recupero della stagione estiva nel terzo e quarto trimestre, considerando le presenze italiane e straniere e partendo da un calo tra il 20 e il 35% della domanda turistica nazionale (con una perdita di ricchezza per il Paese tra 9 e 16 miliardi di euro).
 

 

Nel primo scenario, quello più pessimistico, Srm prevede nel Sud una diminuzione di 29 milioni di presenze, pari a un terzo della domanda totale. «Ne consegue un impatto negativo sulla spesa turistica di circa 14 miliardi di euro» che corrisponderebbero ad un rischio di circa 7 miliardi (36%) per il fatturato del settore. Nella seconda ipotesi, il calo delle presenze si ferma a 14,7 milioni pari al 17% della domanda turistica. Ovvero 7,2 miliardi in meno di spesa turistica e fatturato a rischio per il settore di 3,6 miliardi. «In termini di ricchezza economica spiega in proposito Srm il ridimensionamento nel Mezzogiorno della domanda turistica può mettere a rischio 1 miliardo di euro e 2 miliardi di valore aggiunto, a seconda dei due scenari». Numeri molto pesanti che tengono conto della inevitabile, ridotta presenza di stranieri, e che in parte potrebbero essere compensati dagli italiani che non vanno più all'estero e da un'offerta turistica allargata a settembre e ottobre. Per ora, scenari complicati. Un dato fa riflettere: prima del Ciovid-19 il turismo nel Sud generava più valore aggiunto della media nazionale, con una ricchezza di circa 15 miliardi.

Nella sola regione Campania, stima la Confesercenti, un negozio su due rischia di non riaprire. Di non alzare proprio più le saracinesche dopo lo stop imposto nel pieno dell'emergenza sanitaria. Un vero e proprio tsunami che rischia di lasciare solo macerie. La media nazionale è del 44%. Nei settori della ricezione, della ristorazione e della balneazione, strettamente collegati al turismo, le cifre di Fipe Confcommercio su scala nazionale fanno rabbrividire: 238mila posti di lavoro a rischio, quasi un quarto della forza lavoro, spesso stagionale. Alte le percentuali anche al Sud.
 

Pasquale Della Pia, leader dei calzaturieri di Confindustria Napoli, è più che preoccupato: le scarpe e le borse che in Campania vengono lavorate da centinaia di piccole aziende terziste ma di alta qualità, sono invendute. «I negozi sono chiusi, non abbiamo ancora fatto la programmazione per l'autunno-inverno, rischiamo di perdere tre stagioni», dice. E intanto sul mercato quasi si sente già l'arrivo dei prodotti cinesi, poche decine di euro ma bassa qualità. Ma anche chi opera nei servizi legati al fashion su scala internazionale non è tranquillo: «La botta si sente» ammette Antonio Giacomini, ceo di Innovaway, quartier generale a Napoli, mille dipendenti tra Italia e estero e clienti importanti del retail e del lusso. E aggiunge: «Serve liquidità al più presto, si rischia un'emorragia: aiutare la rete di negozi e aziende con nuove modalità di supporto sta diventando la nostra mission più importante in questi momenti».

Rischiano anche loro, le aziende che fanno grande il Distretto aerospaziale campano e che pure in gran parte non si sono fermate in questo periodo. Dice il presidente del Dac, lo scienziato Luigi Carrino: «Non rischiamo solo perché la nostra posizione è pienamente integrata nella catena del valore generata dai grandi player globali. Il fatto è che non basta il valore aggiunto se non ci sarà un forte impegno a investire sulle grandi infrastrutture nel Mezzogiorno. Un esempio? La Campania é l'unica regione a non avere un aeroporto dedicato alla logistica industriale pur disponendo delle migliori aziende aerospaziali». 

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