L'Aquila dieci anni dopo, così la tecnologia 4.0 aiuta a vedere la terra che si muove

L'Aquila dieci anni dopo, così la tecnologia 4.0 aiuta a vedere la terra che si muove
di Mariagiovanna Capone
Domenica 7 Aprile 2019, 09:00 - Ultimo agg. 8 Aprile, 11:59
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La notte del 6 aprile 2009, difficilmente gli aquilani potranno dimenticarla. In un attimo, la loro amata città è stata travolta da una tragedia immane: 309 morti, circa 1.600 feriti, circa 65 mila sfollati e danni per oltre 10 miliardi di euro. Il terremoto di magnitudo superiore a 6, colpì tutta la provincia dell'Aquila, e da allora la terra ha continuato a muoversi con 20 mila terremoti di una sequenza sismica che prosegue ancora oggi. Dieci anni dopo, il blog IngvTerremoti ha creato una story map sull'andamento spazio-temporale della sequenza di tutto l'anno 2009, un primo contributo web che attraverso mappe interattive, contenuti multimediali e funzioni di interazione sono utilizzati al fine di migliorare l'informazione, la didattica e la comunicazione anche di fenomeni naturali come la sismicità. Un mezzo per migliorare la comprensione di vivere in un territorio sismicamente attivo, come il Centro Italia, ma che può aiutare nella comprensione del rischio anche gli abitanti di altre aree. Uno dei problemi principali, infatti, è la mancanza di pianificazione e cultura della prevenzione. L'Aquila, ma anche Amatrice e Ischia, sembrano non aver insegnato nulla, e c'è chi continua a vivere in abitazioni non in grado di sostenere sismi di media e alta intensità.
 
L'Ingv ha iniziato a divulgare un approfondimento sulla sequenza sismica del 2009 in Italia centrale, ricostruita attraverso l'analisi di circa 60mila terremoti che sono stati studiati integrando i dati della Rete Sismica Nazionale con le reti mobili installate nelle ore immediatamente successive all'evento del 6 aprile. Con i dati totali è stata ricostruita la struttura del sistema di faglie in profondità. Il primo step mostra l'andamento spazio-temporale della sequenza di tutto l'anno 2009, dove si visualizzano circa 6.700 eventi sismici di magnitudo maggiore di 1.6, e successivamente spiegheranno come questi dati sono stati utilizzati per vincolare altre caratteristiche della faglia principale di Paganica. La piattaforma permette una facile visualizzazione della faglia principale, mentre altre faglie minori vengono attivate nei giorni successivi al 6 aprile e sono evidenti man mano che si fa avviare l'animazione, per poi notare l'attività sismica che migra su una faglia posizionata immediatamente a Nord nella zona dei Monti della Laga. Il sistema di faglie attivato è quindi composto da due faglie principali (Paganica e Monti della Laga) si estende per circa 45 chilometri in direzione NordOvest-SudEst lungo l'Appennino, e ad esse si connettono un corteo di faglie interessate dai movimenti verificatisi durante la sequenza.

Un numero così elevato di eventi registrati si deve anche al miglioramento della tecnologia, oltre che all'implementazione di stazioni mobili. L'Ingv produce esso stesso nuovi strumenti (velocimetri implementati con accelerometri) in grado di riuscire a riconoscere e a localizzare con procedure automatiche terremoti molto più piccoli che con metodi standard di analisi. Ecco allora che sono riusciti a stilare un'architettura delle faglie in profondità con un'accuratezza della decina di metri, simile quindi a quella osservata dalla geologia di superficie. Questo può consentire di colmare il gap che ancora esiste tra osservazioni geologiche (di superficie) e sismologiche (nel sottosuolo). Infatti per la prima volta sono state osservate, dalla distribuzione della sismicità, le caratteristiche della zona di faglia che rispecchiano le geometrie delle faglie identificate sul terreno.

Ma serve far conoscere tutte queste informazioni ai profani della sismologia? Serve eccome, poiché la visualizzazione immediata di tutti questi dati sismologici di dettaglio, permettono di effettuare una vera e propria radiografia delle faglie nel sottosuolo.

In superficie ci sono valli, montagne, colline, ma anche abitazioni, ponti, strade. Capire cosa c'è sotto ai nostri piedi e che può scuotersi con sismi di magnitudo di un certo valore, significa avere contezza della dinamica del proprio Paese. Ciò che manca però è altro, come sottolineato dal presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi, Francesco Peduto: «Manca la pianificazione e la cultura della prevenzione. Continuiamo a registrare tante criticità e questioni irrisolte. L'Aquila, ma più recentemente anche Amatrice e Ischia, sembrano non aver insegnato nulla».

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