Sicurezza, domani l'ok: la Lega chiede la fiducia per blindare i ribelli M5S

Sicurezza, domani l'ok: la Lega chiede la fiducia per blindare i ribelli M5S
di Simone Canettieri
Lunedì 26 Novembre 2018, 10:30 - Ultimo agg. 12:44
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I ribelli, non allineati o malpancisti, come dir si voglia, del M5S sono dormienti. Per ora. E sembrano calmi, dunque rassegnati all'ineluttabilità del destino. «Se usciremo dall'Aula al momento della fiducia al dl-sicurezza? Al momento - racconta una parlamentare critica - non c'è questa indicazione, pardon questa ipotesi. Il caso mi sembra abbastanza chiuso». Oggi qualcosa però potrebbe muoversi. Al Senato, come si sa, è finita con cinque dissidenti che non hanno partecipato al voto di fiducia, e sono finiti sotto procedimento dei probiviri pentastellati. Rischiano la sospensione, eccezion fatta per il caso di Gregorio De Falco e Paola Nugnes che hanno marcato visita anche al voto sul decreto Genova.
 
Alla Camera, adesso, non tira quest'aria, anche se per strategia, le bocche sono cucite. Nei giorni scorsi c'è stato il documento di 18 parlamentari M5S a favore della modifica del decreto.

Ma venerdì per non esacerbare gli animi in commissione Affari costituzionali sono stati ritirati i cinque emendamenti grillini che avevano fatto irritare, e non poco, la Lega. E oggi il governo porrà la fiducia sul provvedimento che finirà così domani sera alla Camera. Giuseppe D'Ippolito, avvocato storico di Beppe Grillo, l'altro giorno commentava: «Alla fine voterò la fiducia, va bene così, abbiamo portato avanti una battaglia perché rientra nelle nostre prerogative, poi però per senso di responsabilità ci siamo fermati», anche lui, D'Ippolito, rientrava nella lista dei diciotto. Ma la posta in palio, questa volta, è davvero troppo alta. Matteo Salvini si prepara a passare all'incasso sul fronte della sicurezza. I 60 giorni di vigenza del decreto, scadono il 3 dicembre, e lo stesso ministro dell'Interno aveva legato le sorti del governo alla sua approvazione: «Se salta, questa volta andiamo davvero tutti a casa».

Parole che hanno messo in allarme un po' tutti, soprattutto nel M5S. E che hanno spinto anche il presidente della Camera Roberto Fico, non proprio entusiasta del dl soprattutto nella parte legata ai diritti umanitari dei migranti, a calmare i suoi (anche se nella lista dei contrari ci sono anche parlamentari vicini a Di Maio che non si sentono coinvolti nelle discussioni). Nel gioco dei pesi e contrappesi del governo giallo-verde sempre questa settimana, secondo una regia ormai condivisa dall'intesa dei due vicepremier, andrà avanti un altro provvedimento. Ovvero: il ddl anticorruzione, norma bandiera, stavolta dell'altro contraente, il Movimento Cinque Stelle.

L'articolato, già approvato dall'Aula di Montecitorio, è stato incardinato in Commissione Giustizia che oggi pomeriggio inizierà la discussione generale. Il provvedimento giunge alla Camera Alta dopo il capitombolo della maggioranza a Montecitorio, dove la settimana scorsa un plotone di franchi tiratori ha edulcorato il reato di peculato provocando un feroce scontro interno alla maggioranza. Nel banco degli imputati sono finiti i leghisti. E in molti hanno puntato l'indice contro il sottosegretario del Carroccio Giancarlo Giorgetti. Ricostruzione poi smentita dai big del M5S con dichiarazioni pubbliche per cercare di rendere il clima più disteso.

Tuttavia, dopo le polemiche e i furibondi scambi di accuse, i due vicepremier si sono accordati per modificare il testo al Senato e arrivare a una approvazione rapida - manovra permettendo - entro la fine dell'anno. Riuscendo così ad acquistare anche un mese di tempo sulla tabella di marcia, visto che il via libera era inizialmente programmato per gennaio.

L'iter al Senato è appena iniziato, ma l'ipotesi prevalente è che la maggioranza approvi un solo emendamento riparatore, appunto sul peculato, mantenendo così in piedi il testo già licenziato da Montecitorio. Quindi, il programma prevede che i primi voti in Commissione Giustizia dovrebbero arrivare alla fine della prossima settimana o all'inizio della successiva; il via libera dell'Aula del Senato tra il 10 e il 14 dicembre, e il voto definitivo di nuovo della Camera, entro la fine del 2018.
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