Decreto Sud, via libera delle imprese alla Zes unica: «Ma serve continuità»

C'è attesa per la nomina della struttura di missione che da Palazzo Chigi dovrà coordinare la Zes unica

I ministri Giuseppe Valditara e Raffaele Fitto a colloquio
I ministri Giuseppe Valditara e Raffaele Fitto a colloquio
di Nando Santonastaso
Sabato 9 Settembre 2023, 09:00 - Ultimo agg. 19:03
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Le imprese apprezzano con prudenza, in attesa di conoscere i dettagli operativi. Le opposizioni criticano soprattutto l'accentramento della governance a Palazzo Chigi. La maggioranza parla di svolta credibile e realistica. I sindacati si dividono, l'Ugl plaude la Cgil bacchetta. Il giorno dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri, il Decreto Sud tiene inevitabilmente banco, almeno nel Mezzogiorno, con le novità introdotte, dalla Zes unica alla stretta sulle Regioni per la spesa del Fondo sviluppo e coesione, dalle 2.134 nuove assunzioni di funzionari negli enti locali meridionali, alla modificata Strategia per le aree interne. C'è attesa per i passaggi successivi, ad esempio per la nomina della Struttura di missione che da Palazzo Chigi dovrà coordinare la Zes unica, fungendo anche da stazione appaltante, e per la nomina del suo coordinatore. 

«Sarebbe preferibile un manager di alto profilo» si sbilancia Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle Regioni, che auspica un coinvolgimento sempre maggiore delle imprese. «In fondo osserva siamo noi il punto di riferimento obbligato di ogni nuova prospettiva di sviluppo industriale del Paese e del Mezzogiorno in particolare. Non a caso abbiamo creduto nelle Zes sin dalla loro istituzione e i buoni risultati dell'ultimo anno in termini di investimenti, soprattutto in Campania, dimostrano che non ci eravamo sbagliati». È possibile che sul tema dirà la sua anche Carlo Bonomi in occasione dell'assemblea di Confindustria del prossimo 15 settembre a Roma: «A noi preme soprattutto che si dia continuità agli sforzi sostenuti finora evitando il rischio che l'attuazione della nuova governance generi ritardi o freni le richieste di investimenti che nel frattempo sono continuate ad arrivare ai commissari delle Zes», dice ancora Grassi. 

Tra i punti da mettere a fuoco rispetto all'attuale testo del Decreto c'è anche quello dell'ammontare degli incentivi per gli investimenti.

Il ministro Fitto giudica plausibile l'ipotesi che alla fine si arriverà a 2 miliardi per ognuno dei tre anni previsti dalla misura, il cui arco temporale coinciderà di fatto con quello del Pnrr, ovvero il 2026. E proprio la scelta di accorpare in un'unica sede (il Dipartimento delle Politiche di Coesione a Palazzo Chigi) tutti i filoni di spesa relativi al Sud, dai fondi strutturali europei al Fondo sviluppo e coesione, al Pnrr appare sempre di più come una svolta credibile e persino necessaria per evitare duplicazioni, sovrapposizioni, ritardi.

Ma sulla gestione di questo percorso il clima non è politicamente sereno. Pesa, soprattutto, la decisione di Fitto e del governo di accentrare la valutazione dei progetti e dei tempi di spesa delle Regioni per l'Fsc, una stretta annunciata ma non per questo priva di commenti negativi da parte delle opposizioni. «Il ministro Fitto si è letteralmente appropriato dell'Fsc, cioè sostanzialmente ha definito un procedimento anche in questo caso barocco e complesso di negoziato Regione per Regione per autorizzare l'utilizzo del Fondo ma definendo in maniera preventiva quali sono gli obiettivi che devono essere raggiunti, il più importante dei quali è finanziare progetti coerenti con il Pnrr. Il ministro, cioè, negozierà l'utilizzo dell'Fsc pretendendo che le Regioni vadano a coprire i progetti che lui, nel frattempo, ha tagliato sul Pnrr», dice il deputato casertano del Pd Stefano Graziano. «Immaginare che una struttura romana possa evadere migliaia di richieste e gestire migliaia di euro e di cantieri complessi in otto Regioni rasenta l'assurdo - dice Antonio Visconti, presidente nazionale della Federazione dei consorzi e degli enti di industrializzazione (Ficei) - Chiediamo al Governo, anche in sede di conversione del Decreto, di modificare la norma e di assicurare la corretta e funzionale governance dei territori che, nel corso degli ultimi anni, hanno dato prova di grande efficienza e velocità». 

Duro anche Piero De Luca, deputato Pd: «Non si mettono le risorse per confermare il più importante incentivo fiscale oggi esistente e voluto dal Partito Democratico negli anni scorsi, ossia il dimezzamento dell'Ires per le nuove attività economiche, che quindi scompare. Resta solo il credito d'imposta che in realtà non è altro che la proroga di quello già oggi esistente in tutto il Sud. Credito peraltro limitato fortemente perché consentito solo agli investimenti sopra i 200.000 euro, escludendo la gran parte delle nuove possibili attività delle Pmi». 

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Di ben altro tenore le parole di Luigi Carfora, presidente di Confimi Industria Campania: «La Zes unica rappresenta un passo significativo per favorire lo sviluppo e migliorare la competitività del Mezzogiorno, in particolare tra Campania e Puglia, che sono due regioni strategiche per la coesione territoriale», dice. E sulla stessa lunghezza d'onda tutta la maggioranza anche a livello territoriale. Si dicono invece sconcertati i tecnici assunti al Sud con il primo concorso di due anni fa, bandito dall'allora ministro Brunetta. Hanno un contratto a tempo (tre anni) e nessuna certezza di essere stabilizzati: perché, si chiedono, bandire un altro concorso e non utilizzare il personale amministrativo già al lavoro negli enti locali del Sud? 

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