Sud, dal governo 1,8 miliardi ​a sostegno di chi investe

Lo sgravio arriva al 45% della somma impegnata nella crescita aziendale

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti
di Nando Santonastaso
Martedì 20 Dicembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. 21 Dicembre, 08:35
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Ecco l‘emendamento del governo in chiave Sud. È stato depositato ieri dal governo e racchiude le misure annunciate la settimana scorsa, alcune delle quali, peraltro, sollecitate e dunque accolte favorevolmente dopo la formalizzazione del testo da una parte almeno dell’opposizione come il Terzo Polo («Meglio tardi che mai», commenta l’ex ministro Mara Carfagna).

Ci sono le proroghe di un anno, fino a tutto il 2023, di crediti d’imposta importanti e particolarmente attesi dal sistema delle imprese. Come quello relativo al Bonus investimenti nel Mezzogiorno che favorisce l‘acquisto di macchinari e altre opzioni produttive da parte delle imprese meridionali. E quello che, sempre per la durata di un altro anno, conferma l’incentivo per chi vuole investire nelle Zone economiche speciali (otto, tutte al Sud) o nelle Zone logistiche semplificate localizzate attorno ai grandi porti del Centro e del Nord, con importi però differenti e maggiori per le Zes. E c’è anche un altro anno di credito d’imposta per gli investimenti in Ricerca e sviluppo, sempre destinati alle imprese del Sud, un settore che continua a mostrare tutta la sua centralità anche sul piano dell’innovazione come dimostra l’ultimo report di Ambrosetti a proposito della Campania.

Nell’emendamento del governo compaiono poi misure specifiche in favore della Calabria, finalizzate in particolare ad interventi per frenare il dissesto idrogeologico, e risorse per la copertura delle spese per gli impianti di compostaggio installati presso i Centri agroalimentari del Mezzogiorno continentale più la Sicilia.

In totale, come già anticipato dal Mattino, fanno un miliardo e circa 800 milioni, al 75% destinati al Bonus investimenti Sud, misura che può arrivare al 45% dell’importo totale della spesa da sostenere. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ha lavorato in stretto raccordo con il collega Raffaele Fitto alla definizione dell’emendamento, lo aveva preannunciato in Commissione illustrando la Manovra: «Con particolare riferimento al Mezzogiorno, stiamo predisponendo misure per la proroga di alcuni interventi, quali le agevolazioni fiscali in favore delle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive ubicate in quei territori». 

Il Bonus investimenti Sud, vale la pena di ricordarlo, fu introdotto dall’allora governo Renzi (sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio de Vincenti) con la Legge di Bilancio 2016 e ha avuto subito un impatto favorevole presso le imprese, anche di piccole dimensioni. Permette di ricorrere al credito d’imposta da parte di chi presenta progetti di investimento iniziale, anche tramite contratti di locazione finanziaria, per l’acquisto di macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o nuove. L’impianto originario (l’incentivo spettava al 45% per le piccole imprese, con costi ammissibili di 3 milioni; al 35% per le medie, fino a 10 milioni; e al 25 % per le grandi, fino a 15 milioni) non è cambiato in questi anni. E su di esso è stato modellato anche il successivo e omologo inserimento nelle Zes.

La copertura indicata dall’emendamento governativo per tutte queste misure ricalca quella dell’anno che sta per chiudersi. Le risorse arriveranno dal Fondo sviluppo e Coesione con importi praticamente analoghi e nel rispetto, ovviamente, della ripartizione prevista, ovvero 80% di risorse al Sud e 20% al Nord. 

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Si sarebbe invece pensato ad un diverso capitolo di spesa per la proroga della Decontribuzione Sud, appena riconfermata per un altro anno dalla Commissione europea su richiesta del governo Meloni. Per i 5,7 miliardi destinati per il 2023 al taglio del 30% del peso fiscale sui contributi previdenziali delle imprese meridionali si procederà, evidentemente, sulla falsariga del provvedimento 2022 che scadrà tra pochi giorni, dopo la proroga di sei mesi concessa a giugno.

In questo caso, infatti, è cambiata la fattispecie normativa di riferimento: originariamente la fiscalità di vantaggio a favore delle imprese meridionali era stata collegata, con l’ok di Bruxelles, alla necessità di aiutare l’area più debole del Paese (e dell’Europa) durante la pandemia, utilizzando lo stop temporaneo al divieto di interventi del genere, considerati aiuti di Stato e dunque vietati dai Trattati europei. Successivamente il governo Draghi colse una nuova opportunità per non abbandonare la misura il cui successo è testimoniato dal fatto che ha garantito il mantenimento di almeno un milione di posti di lavoro, ancorché molti a tempo determinato: la guerra in Ucraina ha “permesso” questa continuità e sulla base di essa il governo Meloni ha saggiamente proposto e ottenuto la proroga a tutto il 2023. Nella consapevolezza, come sottolinea il ministro Fitto, di dover rendere ora strutturale l’intervento.

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