Enrico Giovannini ministro delle Infrastrutture: «Bandi Pnrr per i porti, ora il Sud può correre»

Enrico Giovannini ministro delle Infrastrutture: «Bandi Pnrr per i porti, ora il Sud può correre»
di Nando Santonastaso
Mercoledì 19 Ottobre 2022, 11:00 - Ultimo agg. 16:58
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Professor Giovannini, dal Rapporto del suo ministero pubblicato ieri sui singoli interventi sui porti italiani emerge che il 46,9% di risorse del Pnrr e del Piano complementare è stato destinato al Sud: era quanto voleva?
«Lo avevo detto sin dall'inizio che il 55% delle risorse Pnrr di nostra competenza sarebbero andate al Mezzogiorno. E così è avvenuto, a dispetto di giudizi e affermazioni che leggiamo anche adesso non suffragati dai dati risponde Enrico Giovannini, agli ultimi giorni da ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili -. Anche per le realtà portuali meridionali l'obiettivo, come per le infrastrutture ferroviarie, era quello di migliorare l'accessibilità, a partire dai retroporti e dalle Zes. Non c'è stato alcun algoritmo dietro questa scelta, ma una volontà chiara e precisa».

Ora però bisognerà che partano gli appalti e qui i dubbi, converrà, si sprecano
«Il Cresme nei giorni scorsi ha reso noti i dati sui bandi già pubblicati e le relative assegnazioni per i primi 9 mesi del 2022: la parte del leone è fatta da Ferrovie e Porti, esattamente come avevamo previsto.

E da quei dati emerge la forte ripresa del Mezzogiorno. Non stiamo parlando di teoria, ma di fatti. Anche il nostro ultimo Rapporto di monitoraggio al 30 settembre ha confermato il rispetto del cronoprogramma a suo tempo indicato, sia per le riforme che per gli investimenti. Insomma, il Pnrr si muove nei tempi previsti: il 2022 doveva essere l'anno della progettazione e dei bandi, il 2023 l'anno dei cantieri. E così sta avvenendo».

Il Rapporto Srm ha dimostrato che i porti del Sud sono finalmente ai vertici in Italia per il trasporto merci: non solo Pnrr, dunque.
«Assolutamente. Oggi (ieri, ndr) alla presentazione del Rapporto mi è stato chiesto se non ci fosse il rischio di creare cattedrali portuali nel deserto in particolare nel Sud. Ho risposto seccamente sottolineando che non ci sono progetti per costruire cattedrali, ma per investire anche nel Sud sull'ultimo e il penultimo miglio, sulla resilienza al cambiamento climatico, sul miglioramento dell'accessibilità portuale, sulla digitalizzazione delle procedure. Poi, certo, saranno i porti, anche quelli del Sud, a dover correre, l'economia di mercato è questa».

Ma c'è anche chi dice che otto Zes al Sud siano troppe.
«Ogni tanto qualcuno pensa di avere la ricetta giusta per il Sud dimenticando il ruolo delle scelte delle imprese. Pensi a cosa sarebbe successo se avessimo deciso da Roma di ridurre le Zes perché non eravamo sicuri che tutte sarebbero andate avanti. Certe impostazioni dirigiste vanno respinte al mittente, specie in una fase in cui il dinamismo dell'economia italiana è stato elevato e molto maggiore di quanto alcuni prevedevano. Lei si aspettava un'estate con aeroporti strapieni anche a settembre e ottobre e il turismo tornato alla grande in Italia? L'Italia è stata brava a farsi trovare pronta: avendo evitato di licenziare le persone che lavoravano negli aeroporti ricorrendo alla cassa integrazione, quando c'è stata la ripresa le persone sono state reimpiegate subito, al contrario di quanto accaduto nel resto d'Europa. È la dimostrazione che sono le imprese e i territori a fare lo sviluppo».

Il nuovo governo è alle porte, pensa che anche nel suo settore cambierà tutto?
«Mi piace ricordare in queste ore le parole dei presidenti di Regione che in questi ultimi 20 mesi, quando discutevamo di Pnrr e investimenti infrastrutturali, si sono sentiti trattati tutti allo stesso modo, in base non al colore politico ma alla qualità dei progetti. È per me uno straordinario complimento per un metodo che spero non vada perso perché c'è ancora tanto da programmare. Pensi ai fondi europei 2021-2027, ai 50 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione, che vanno investiti in modo coerente con il Pnrr. Noi abbiamo puntato sulla programmazione integrata dei vari settori (ferrovie, porti, ciclabilità, ecc.) e mi auguro che questo sarà anche lo stile che verrà usato in futuro. E poi penso che bisognerà continuare nella sfida della sostenibilità: l'Ue ha già deciso che tutti i fondi europei di coesione andranno spesi in chiave di sostenibilità ambientale e se non lo teniamo presente rischiamo di vedere bocciati i progetti».

Sembra scontato che il governo di centrodestra accelererà sul Ponte sullo Stretto
«Io ho cercato di avere un atteggiamento molto laico sul Ponte, tanto è vero che ho avviato lo studio di fattibilità che da un lato deve valutare come il vecchio progetto può e deve essere modificato alla luce delle novità tecnologiche e ambientali intervenute negli anni, e dall'altro fare un'ipotesi alternativa. Lei sa che nel vecchio progetto l'altezza del ponte appare incompatibile con l'altezza delle navi, e non solo da crociera, che oggi è molto superiore rispetto a vent'anni fa? Il rischio di una scelta incompatibile con il gigantismo navale sarebbe quella di obbligare a circumnavigare tutta la Sicilia ma questo vorrebbe dire, tanto per dirne una, un forte danno per Gioia Tauro. Per questo ho voluto uno studio supplementare e ciò non c'entra nulla col dirsi a favore o contro. Ecco perché è necessario un approccio non ideologico. Nel frattempo, abbiamo investito molto per migliorare l'attraversamento dinamico, con primi effetti importanti che si vedranno, in termini di riduzione dei tempi di attraversamento, già nei prossimi mesi». 

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