Scuse di Di Maio per l'impeachment, sì di Mattarella al governo politico

Scuse di Di Maio per l'impeachment, sì di Mattarella al governo politico
di Alberto Gentili
Giovedì 31 Maggio 2018, 07:00
4 Minuti di Lettura
Doveva essere l'ennesimo D-day di questa crisi impazzita. E infinita. Il giorno, a quasi tre mesi dalle elezioni, della svolta definitiva per il governo: Carlo Cottarelli che scioglieva la riserva e presentava la lista del ministri, oppure la resurrezione dell'esecutivo 5Stelle e Lega. Invece Sergio Mattarella, alle prese con i contorcimenti di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, è stato costretto a mettere di nuovo la pratica di palazzo Chigi in stand-by. Un altro stop, insomma, reso possibile da una giornata più serena sui mercati finanziari, dopo la furiosa tempesta di lunedì e martedì.

Il passaggio cruciale è avvenuto a metà pomeriggio, quando Di Maio è stato ricevuto sul Colle. Mattarella, facendo ricorso a tutta la sua pazienza e al senso dello Stato, ha fatto sedere nel suo studio il leader grillino che appena quarantott'ore prima prometteva di mandarlo all'ergastolo con la procedura di impeachment per alto tradimento e attentato alla Costituzione. Un incontro breve. Gelido. Nel quale il capo dello Stato ha chiesto a Di Maio cosa intendesse fare. Se davvero ritenesse possibile la ripartenza del governo con la Lega, fissando una sola condizione. Quella di sempre: Paolo Savona, l'economista no-euro proposto e difeso da Salvini, non può essere della partita.
 
La disponibilità di Mattarella non è legata al suo approccio istituzionale che non prevede rancori o ritorsioni. Ma in quanto ritiene che la soluzione di un governo politico resti la migliore. Perché rispettosa del voto dei cittadini. Perché solo un esecutivo con una forte maggioranza parlamentare, sminato dalle istanze anti-europee, può dare respiro e stabilità al sistema-Paese. E perché spianare la strada al governo giallo-verde permetterebbe di strappare il Quirinale all'assedio populista, riportando il confronto (almeno questa è la speranza) sul binario della correttezza istituzionale.

Di Maio, un tantino imbarazzato, prima ha balbettato qualche scusa per gli attacchi e la minaccia d'impeachment. Del tipo: ho sbagliato, sono andato oltre, le chiedo per favore di farmi riprovare. Poi, senza fare il nome di Giuseppe Conte, ha garantito a Mattarella «il massimo impegno per convincere Salvini». E ha promesso dichiarazioni rassicuranti per i mercati. Cosa avvenuta poco dopo, con il leader 5Stelle che ha chiesto a Savona il passo indietro o il trasloco in un'altra casella e ha garantito che grillini e leghisti non vogliono uscire dall'euro. Parole apprezzate sul Colle e valutate «con grande attenzione». Peccato, però, che Salvini resista. E che, forse solo per dribblare il rischio delle elezioni in piena estate, abbia sganciato un vago «ci penserò...».

In ogni caso Mattarella ha deciso di aspettare. Di dare ancora qualche ora a 5Stelle e Lega. Anche perché più tempo passa, più si allontana il rischio delle urne a luglio. E soprattutto perché la pista del governo neutrale e di servizio sembra arenarsi: per ben due volte Cottarelli è salito al Quirinale e per due volte è uscito senza annunciare la lista dei ministri. Uno stop, un congelamento, deciso insieme al capo dello Stato per verificare appunto «le possibilità della nascita di un governo politico». La parola d'ordine quirinalizia: «Aspettiamo gli sviluppi».

Il quadro è drammatico. Se Cottarelli sciogliesse la riserva, giurasse insieme ai suoi ministri («la squadra è pronta, non ci sono problemi», garantiscono sul Colle), e andasse in Parlamento a chiedere la fiducia, con ogni probabilità verrebbe bocciato. A questo punto Mattarella, in base alla Costituzione, non potrebbe far altro che sciogliere il Parlamento. Con un epilogo paradossale: le elezioni ad agosto.

Per questa ragione sul Colle si osservano con attenzione i segnali che arrivano dai partiti. La Lega, attraverso Giorgetti e Salvini si è detta disponibile a «studiare un percorso ordinato» verso il voto. «Perché tutto si può fare tranne che votare in agosto». Frasi che sembrano aprire al voto d'astensione, o alla decisione di uscire dall'aula al momento della fiducia. Posizione che anche Forza Italia, FdI e Pd sono pronti ad adottare. Con un problema: Di Maio ha annunciato che voterà no. E con il niet grillino, per salvare il governo Cottarelli ed evitare che i prossimi quattro mesi si trasformino in un bagno di sangue sui mercati finanziari, Forza Italia e il Pd dovrebbero passare dall'astensione al sì. Solo così si neutralizzerebbe il no 5Stelle. Cosa improbabile. Per questo sul Colle si insiste sulla pista del governo politico. Fino all'ultimo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA