Non solo il debito buono, che pure è destinato a rimanere l’architrave della sua “ricetta economica” per il rilancio del Paese. L’Italia di Mario Draghi, secondo gli economisti, sarà anche quella della progressiva eliminazione di bonus e sussidi che peraltro, come lui stesso ha più volte riconosciuto, sono stati (e saranno) necessari per tenere in piedi il Paese durante la pandemia. E sarà soprattutto l’Italia del massiccio ricorso agli investimenti pubblici. Quella, per dirla con Adriano Giannola, presidente della Svimez, «che sarà sempre più caratterizzata dall’intervento dello Stato nell’economia». Anche perché, spiega Tiziano Treu, «il peso di Draghi in Europa è tale che nessuno a Bruxelles, se imboccheremo subito la strada della ripresa attraverso il Recovery Plan, starà lì a fare le pulci sui tempi da rispettare». E inoltre, aggiunge Giuseppe Di Taranto, della Luiss Guido Carli di Roma, «prima di essere ripristinate, le norme europee attualmente sospese come il Patto di stabilità o quelle che impedirebbero gli aiuti di Stato, saranno quasi certamente sottoposte a una più che necessaria revisione. In altre parole, proprio il fattore tempo dovrebbe giocare a nostro favore».
Insomma, la strada italiana resta molto in salita, specie in considerazione dell’elevatissimo debito pubblico, ma potrebbe contare su alleati e circostanze favorevoli. Di sicuro la crescita, indicata come priorità assoluta l’altro giorno anche dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco, non fa rima con assistenza.
Addio ai sussidi, investimenti massicci su cantieri e opere infrastrutturali, e poi? «E poi ristori mirati, non più a pioggia per così dire – sostiene Di Taranto – e progetti strutturali e strutturati nel Recovery plan, tali cioè da superare qualsiasi eventuale dubbio dell’Europa. Di sicuro Draghi non è un sostenitore delle politiche di austerity che ha combattuto anche alla guida della Bce, inimicandosi il falco Weidmann della Bundesbank. E il suo riferimento costante ai giovani nasce da una consapevolezza: che l’attuale tasso di fecondità nazionale, pari a 1,1 figli per coppia, rischia di compromettere la tenuta del sistema pensionistico a medio termine». Vuoi vedere che sarà proprio la riforma delle pensioni la prima in agenda per l’ex governatore della Bce prestato alla politica nazionale?