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GIORGIA MELONI

Governo Meloni, subito vertice fra Fdi e Fi. Salvini chiede un ministero, ma non avrà il Viminale

Governo Meloni, subito vertice fra Fdi e Fi. Salvini chiede un ministero, ma non avrà il Viminale
Governo Meloni, subito vertice fra Fdi e Fi. Salvini chiede un ministero, ma non avrà il Viminale
di Alberto Gentili
Articolo riservato agli abbonati premium
mercoledì 28 settembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. : 11:05
5 Minuti di Lettura

In silenzio, senza clamore, Giorgia Meloni ha cominciato a lavorare alla squadra di governo. Nel suo ufficio di via della Scrofa la promessa premier ha cominciato ad appuntarsi i desiderata degli alleati, a cui avrebbe spiegato: non mi interessano le tessere di partito, né distribuire i posti con il manuale Cencelli. Per ogni dicastero dobbiamo scegliere i migliori di quel settore, siamo sotto i riflettori e non ci verrà perdonato alcun errore. 

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Ad ascoltare le parole di Meloni, che sta esplorando l’ipotesi di dare una presidenza delle Camere alle opposizioni come importante segno di appeasement istituzionale, sono stati il plenipotenziario di Silvio Berlusconi, Gianni Letta, e il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani, entrambi in pellegrinaggio (in tempi diversi) a via della Scrofa. E, al telefono, Matteo Salvini. La conversazione con il leader leghista, finito sotto processo nel Carroccio dopo la batosta elettorale, è stata la più concreta. Salvini, come al solito molto diretto, ha ribadito di voler entrare al governo: «Credo che potrei far bene soprattutto agli Interni, ma mi affido a te».

Raccontano che Meloni abbia annotato la richiesta del leghista sul taccuino. Ma che non abbia risposto. Da ciò che filtra tra gli uomini più vicini alla leader di FdI, Salvini però «non ha alcuna possibilità di andare al Viminale». Perché la futura inquilina di palazzo Chigi vuole tenere per il suo partito la «sicurezza nazionale», tema identitario. Perché Salvini è indagato per sequestro di persona nel processo Open Arms. E perché Meloni, decisa a evitare scontri gratuiti con la Commissione europea, non intende mettere il leghista a gestire la delicata questione dei migranti. 

Meloni è decisa a gestire il rifiuto con garbo. Salvini - che si è fatto dare mandato dal Consiglio federale leghista a pretendere un «dicastero di peso» - può contare su 99 parlamentari e «non va umiliato per non innescare fibrillazioni», dice un esponente di FdI. Si valuta così (con molta prudenza) la sua nomina a vicepremier e di portare agli Interni il prefetto di Roma Matteo Piantedosi, già capo di gabinetto del segretario del Carroccio quando presidiava il Viminale. E di concedere alla Lega qualche «compensazione», come il posto di ministro dell’Agricoltura (ma in corsa c’è già Marco Centinaio e «Matteo non scalpita per questo dicastero»), oltre a confermare Massimo Garavaglia al Turismo (dov’è candidata anche Daniela Santanché, FdI) e Erika Stefani alla Disabilità. Sul tavolo, per accontentare Salvini, Meloni potrebbe mettere anche il ministero della Giustizia per Giulia Bongiorno. «Ma qui è in pole il nostro Carlo Nordio, vedremo...», osservano prudenti a via della Scrofa. 

In più Meloni, se non marcerà l’idea di concedere una presidenza delle Camere all’opposizione, dovrebbe dare spazio alla Lega nella partita per i vertici di Camera e Senato che si aprirà il 13 ottobre, appena insediato il nuovo Parlamento. Come? Indicando Giancarlo Giorgetti, amico-nemico di Salvini, per il ruolo di presidente di Montecitorio. In Senato dovrebbe invece andare a Ignazio La Russa di FdI. Schema alternativo: il leghista Roberto Calderoli a palazzo Madama e Fabio Rampelli (FdI), attuale vicepresidente della Camera (in corsa anche per i Trasporti), a Montecitorio. Oppure il forzista Antonio Tajani che uscirebbe da questa partita se diventasse vicepremier accanto a Salvini. Ma c’è anche l’idea, si diceva, di dare una presidenza alle opposizioni magari come apertura sul tema delle riforme. Tajani però ha già detto no. 

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Di certo, c’è che Meloni è intenzionata a chiedere agli alleati «una rosa di nomi con le migliori figure per ogni ministero», come propone il suo braccio destro Guido Crosetto. E che, con la legge di bilancio da scrivere e l’emergenza energia che mette in crisi imprese e famiglie, l’intenzione della vincitrice delle elezioni è «fare presto». Obiettivo: avere il «governo entro fine ottobre».

Mattarella sembra condividere l’urgenza. Tant’è che il capo dello Stato potrebbe avviare le consultazioni già sabato 15 ottobre e già entro il 18 o il 19 potrebbe conferire l’incarico a Meloni se, come appare certo, tutto il centrodestra la indicherà per la presidenza del Consiglio. In quell’occasione, la presidente di FdI discuterà con Mattarella dei dicasteri più delicati: Esteri, Difesa, Economia, Interni. Sui primi due sono in gioco gli equilibri e la collocazione geopolitica dell’Italia nel quadro dell’Unione europea e dell’Alleanza atlantica. E sull’Economia sono puntati i fari della Commissione Ue e dei mercati finanziari.

 

Per gli Esteri, il nome più accreditato è quello di Crosetto, o in alternativa quello di Elisabetta Belloni (ambasciatrice ora alla guida del Dis) o del forzista Tajani già presidente del Parlamento Ue. Ma si parla anche di Stefano Pontecorvo e di Franco Frattini, ex responsabile degli Esteri ora presidente del Consiglio di Stato. Per la Difesa riecco Tajani, ma c’è anche Adolfo Urso (FdI).

Più complesso il capitolo-Economia. Meloni da luglio corteggia Fabio Panetta, nel board della Bce e promesso governatore di Bankitalia. Ma lui resiste. Così, «se Mattarella non riuscirà a convincerlo ad accettare», si valuta l’ipotesi di spacchettare il dicastero, dividendolo in Tesoro e Finanze. Per portare Maurizio Leo, responsabile economico di FdI, alle Finanze. E per poter scegliere, per il Tesoro, tra il docente di economia Cesare Pozzi, l’economista Luigi Buttiglione, l’ex ministro Domenico Siniscalco. Oppure Alessandro Rivera, attuale direttore generale di via XX Settembre. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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