Miniprestiti, solo un'impresa su cento ha fatto richiesta alle banche

Miniprestiti, solo un'impresa su cento ha fatto richiesta alle banche
di Nando Santonastaso
Lunedì 4 Maggio 2020, 09:00 - Ultimo agg. 5 Maggio, 07:31
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Meglio indebitarsi di altri 25mila euro o rinunciare al prestito garantito dallo Stato al 100 per 100, salvo verifiche e controlli da parte delle banche, per non appesantire ulteriormente la propria esposizione finanziaria? E ancora, meglio sottoporsi alla trafila delle verifiche del credito o prendere una pericolosa scorciatoia, rischiando con il sistema degli usurai di pagare tassi superiori a quello massimo consentito alle banche stesse ma avendo denaro fresco subito?

Tanti gli interrogativi sollevati dalla possibilità per le microimprese di accedere alla fascia più bassa dei sostegni garantiti dallo Stato per l'emergenza da Covid-19, quelli appunto da 25mila euro per i quali, non è previsto alcun merito creditizio. Ma tanti anche i dubbi al punto che il governo, come annunciato dal ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli, sta pensando di inserire nel nuovo decreto da 55 miliardi euro di imminente emanazione anche un bonus di 5mila euro per chi impiega meno di 9 dipendenti oltre ai tagli alle bollette. Platea di potenziali beneficiarie circa 1,6 milioni di aziende che utilizzerebbero una sorta di finanziamento a fondo perduto per evitare di accrescere l'esposizione presso le banche. Ne beneficerebbero soprattutto le pmi che operano nelle tlc, nell'energia, nel manifatturiero con la cantieristica navale, la siderurgia, l'automotive.

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Parliamo di un'operazione da ben 8 miliardi di euro secondo alcune anticipazioni ma lo scetticismo non manca: «Non credo che lo Stato possa permettersi finanziamenti a fondo perduto a cascata, noi non siamo la Germana» dice ad esempio Amedeo Manzo, presidente della Bcc di Napoli, pronto a smentire dati alla mano che i prestiti da 25mila euro siano stati finora un flop clamoroso come invece sostiene la Cgia di Mestre dal versante dei piccoli artigiani (ma non solo), con appena l'1% della potenziale platea nazionale coinvolta. E aggiunge: «Noi abbiamo informatizzato il nostro processo di accoglimento delle istanze anche per i non clienti, a differenza di quello che fanno le altre banche. E abbiamo già processato 500 erogazioni di sostegni, accogliendo oltre il 99% delle domande. È vero che le aziende si preoccupano di contrarre nuovi debiti, specie in questo scenario di incertezza, ben sapendo che il Mediocredito centrale, cui spetta la valutazione finale, se non vengono rimborsati i prestiti ricorrerà inevitabilmente alle cartelle esattoriali. Ma questa misura, come fu chiarito dal governo, è solo una sorta di boccaglio di ossigeno per le pmi, non la soluzione di tutti i loro problemi e come tale va valutata».

È il punto di vista anche della Cna che però conferma lo scetticismo della maggior parte delle pmi verso questa possibilità di finanziamento. «In realtà - dice Sergio Silvestrini, segretario generale della Confederazione - a noi risulta che quasi la metà delle domande finora presentate sia stata respinta dalle banche, ma era quasi inevitabile: se non sei in bonis o hai avuto pendenze l'istanza non passa. Ma restituire un prestito in sei anni per chi lotta per la sopravvivenza è decisamente troppo basso come limite, ce ne vorrebbero almeno 10. Ecco perché il fondo perduto conviene».
 


Al Sud poi c'è anche un altro e non trascurabile rischio: «Come Confidi dell'artigianato - spiega Giuseppe Oliviero, leader campano della Cna - abbiamo denunciato anche al prefetto di Napoli il rischio che la maggior parte delle microimprese del nostro settore preferisce ricorrere agli usurai piuttosto che affrontare le incognite di una valutazione bancaria. Siamo sinceri, se tutto va bene una richiesta di prestito in media non viene materialmente accolta e resa disponibile in meno di 20 giorni, un tempo purtroppo enorme per chi ha bisogno di quei soldi per sopravvivere. Ma sbaglia chi pensa che quei 25mila euro non suscitino interesse e attenzione da parte della micro imprenditorialità: noi come Confidi abbiamo istruito un centinaio di pratiche, ad esempio. Il fatto è che per la stragrande maggioranza dei richiedenti la vera emergenza è far fronte ai pagamenti precedenti dei fornitori senza i quali non si può programmare la ripresa dell'attività».

Non è un rischio di poco conto, come si intuisce, anche alla luce dell'allarme sollevato di recente dal ministero dell'Interno sull'aumento dei casi di usura. Ma, commenta il commercialista Enrico Maria Guerra, «resta il fatto che sono appena 28mila le domande relative al prestito da 25mila euro in tutta Italia finora accolte ed erogate.
Le microimprese non possono indebitarsi ancora, anche pagare tassi di interesse che al massino arrivano al 2% rischia per loro di diventare un problema se quei soldi vengono destinati come spesso succede al pagamenti di bollette e altri adempimenti fiscali e non investiti per far ripartire la produzione». 

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