Giustizia, piano svuota-carceri: detenuti stranieri nei Paesi d’origine. Il governo punta a intese con gli Stati africani

Piano per tagliare i costi: affidare alle coop chi sta scontando gli ultimi sei mesi di pena

Giustizia, piano svuota-carceri: detenuti nei Paesi d’origine. Il governo punta a intese con gli Stati africani
Giustizia, piano svuota-carceri: detenuti nei Paesi d’origine. Il governo punta a intese con gli Stati africani
di Francesco Bechis
Giovedì 4 Aprile 2024, 00:17 - Ultimo agg. 11:59
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Far scontare la pena nei Paesi di origine agli stranieri detenuti in Italia. Stringere accordi bilaterali con gli Stati africani per ridurre il sovraffollamento drammatico delle carceri italiane. È un piano ambizioso e assai impervio quello a cui lavora dietro le quinte il governo. Passa per un asse fra Palazzo Chigi, Farnesina e ministero della Giustizia e punta a risolvere, almeno in parte, una vera emergenza umanitaria del nostro Paese. 
I dati parlano da sé: il sovraffollamento è stimato intorno al 128 per cento della capienza. Cifre da capogiro. Quanto basta per alimentare una spirale di violenza e tensioni dentro gli istituti penitenziari, tra scontri con gli agenti e un’escalation preoccupante di suicidi dei detenuti. Bisogna trovare una via alternativa, in fretta. A questo punta il piano del governo: lavorare a una serie di accordi bilaterali con partner africani per cooperare sul fronte della giustizia e, se ci sono le condizioni, rispedire nei Paesi di origine chi sta scontando la pena in Italia.

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IL PIANO

È da qui, dall’Africa, che viene il grosso della popolazione carceraria straniera.

Alcuni Paesi avranno la priorità. Il Marocco: 3.600 cittadini nelle carceri italiane, più del 20 per cento di tutti gli stranieri, secondo i dati del governo di giugno. Poi la Tunisia: 1.818 detenuti, il 10 per cento. Nigeria, Egitto a seguire. C’è un modello a cui si guarda: gli accordi già siglati con Albania e Romania per rinviare in patria i prigionieri. L’ultimo, con Bucarest, annunciato da Meloni in persona durante il vertice intergovernativo italo-rumeno ospitato a Roma fra gli stucchi di Villa Phamphilj alla presenza del premier Marcel Ciolacu. Allora la presidente del Consiglio aveva chiarito che si sarebbe trattato di un primo passo. Un benchmark da seguire, in Ue anzitutto. Ma non solo. «Penso che sia importante la possibilità che i detenuti condannati in via definitiva nei rispettivi Paesi scontino la pena nel Paese di origine». Ecco, è questa la ratio del delicato lavoro diplomatico che il governo seguirà con i partner in Africa. Un progetto che affiancherà il Piano Mattei, la roadmap di investimenti energetici e nella cooperazione allo sviluppo con cui Meloni spera di rallentare i traffici di esseri umani e l’esodo di migranti verso le coste europee. Dopotutto servono incentivi forti per convincere le controparti a riprendersi nelle patrie galere i detenuti in Italia. Tradotto: investimenti. Ma anche accordi per concedere permessi di lavoro in Italia a migranti regolari. Già la scorsa estate il sottosegretario di Fratelli d’Italia Andrea Delmastro, che ha la delega al Dap, aveva confermato la rotta. «Stiamo lavorando per eseguire nei Paesi di provenienza le sentenze penali italiane». Eccolo, il “Piano Mattei” per le carceri in gestazione. C’è un altro indizio che conferma il lavorio dietro le quinte. Ovvero la frenata del governo sulla riduzione delle toghe “fuori-ruolo” - i giudici prestati ad altre amministrazioni - promessa dal Guardasigilli Carlo Nordio. Si farà, ma con tempi più lenti. E il motivo ha anche a che vedere con il piano africano. Da Palazzo Chigi hanno fatto sapere di aver bisogno di magistrati di collegamento nei Paesi del continente dove attecchirà il Piano Mattei. Servono a dar forma agli accordi di cooperazione giudiziaria, anche nel settore carcerario. Ovviamente non sarà semplice. Le intese con i Paesi comunitari - Romania e Albania - poggiano su un accordo quadro europeo valido per tutti gli Stati membri. Con i partner africani questa cornice non c’è. E si pone soprattutto il tema dei diritti umani: la Cedu e la stessa Corte Ue sanzionano intese giudiziarie con Paesi che mettono a rischio l’incolumità e la stessa vita dei detenuti. Per questo dal governo predicano cautela: non ci sarà un solo documento, ma una serie di intese one-to-one, che richiederanno complicatissimi accertamenti giuridici. 

L’INTESA CON LE COOP

La strada però è tracciata. E l’emergenza sovraffollamento preoccupa non poco i vertici dell’esecutivo. A via Arenula sono al lavoro per alleviarla. Un piano seguito in prima persona dal sottosegretario leghista Andrea Ostellari, che ha la delega al trattamento dei detenuti, prevede una “corsia veloce” per chi deve scontare gli ultimi sei mesi di pena e si è distinto per buona condotta. Un accordo fra Dap, Cassa Ammende e Conferenza Stato-Regioni in via di definizione permetterà di affidarli a cooperative esterne, d’ora in poi registrate in un albo nazionale per limitare irregolarità e abusi. 

Si tratta di circa 7.000 persone, di cui 4.000 condannate per reati non ostativi. È un modo per liberare le carceri dai detenuti all’ultimo miglio. Ma anche per tagliare i costi. Le prime stime sono state abbozzate. In media un detenuto costa allo Stato 141 euro al giorno. Con il nuovo protocollo, il governo aiuterà le Coop in regola: trenta euro al giorno dalla Cassa Ammende, almeno venti dalla Regione interessata.

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