Dossieraggio, Meloni: «Voglio sapere chi sono i mandanti, gravissimo quanto emerge». Schlein: «Uno scandalo»

Giovedì le audizioni di Cantone e Melillo al Copasir

Dossieraggio, Meloni: «Voglio sapere chi sono i mandanti, gravissimo quanto emerge». Schlein: «Uno scandalo»
Martedì 5 Marzo 2024, 17:21 - Ultimo agg. 7 Marzo, 10:14
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«Questi sono metodi da regime. Vogliamo sapere chi sono i mandanti». Il diluvio si prende piazza Salotto. E Giorgia Meloni, piumino rosa e sguardo sorridente di chi si «sente a casa», allora bypassa buona parte del discorso che si era preparata per sostenere la corsa alla riconferma di Marco Marsilio. Oggi, a Pescara, non c’è «infrastruttura di cittadinanza» che tenga, la priorità è diventata un’altra. «Credo che serva fare molta chiarezza su quello che scopriamo in queste ore dai giornali» dice riferendosi all’inchiesta condotta dalla procura di Perugia sul monitoraggio abusivo degli archivi informatici riservati di centinaia di persone – tra cui politici e vip – operato dal finanziere Pasquale Striano in servizio alla Procura nazionale Antimafia. 

I DOSSIER

«Ci sono funzionari dello Stato italiano che fanno dossieraggi ad personam per passare le notizie ad alcuni giornali, segnatamente al giornale di De Benedetti». È il caso del giorno.

Meloni se ne accorge, e man mano che il suo tour abruzzese avanza, limita il tempo dedicato alle questioni che solitamente ne accompagnano le uscite elettorali come le presunte incertezze sul Pnrr o il “nuovo” fisco immaginato dall’esecutivo («Il governo ha il record nella lotta all’evasione fiscale» dice, ma «non ho mai pensato volesse dire caccia al gettito: abbiamo cambiato mentalità e abbiamo fatto una riforma fiscale che si attendeva da 50 anni»). All’arrivo a Teramo nel primo pomeriggio, la premier - raccontano i suoi - è «sorpresa» quando i giornalisti le chiedono dell’inchiesta. «Sentiremo domani (oggi ndr) le audizioni dei procuratori che hanno chiesto di essere auditi dalla commissione antimafia» spiega mantenendosi cauta. È appena un velo che scivola via non appena prende possesso del palco pescarese. Complice il crescendo di dichiarazioni infuocate che Matteo Salvini rilascia fremente. «È un problema di illegalità gravissima» scandisce fermandosi ad ogni capannello dei giornalisti. «Uno degli episodi più gravi degli ultimi decenni. Che ci siano funzionari infedeli che, secondo l’accusa, spiano migliaia di italiani è gravissimo». E ancora: «Mi rifiuto di pensare che sia l’iniziativa di qualche singolo. Vorrei sapere se i vertici della Finanza ne erano al corrente o meno. Faremo denunce ed esposti affinché chi di dovere indaghi. Un conto è la libertà di stampa, un altro è se qualcuno abusivamente entrasse nel suo conto corrente e poi pubblicasse. Mi sembra un comportamento sovietico». 

A rincarare la dose dal palco, anche Antonio Tajani: «Bisognerebbe capire chi è il regista. Chi ha dato disposizioni? Chi ha usato cosa? Per quali fini? Questo è il tema. Sono scelte antidemocratiche». Idem per chi, di fatto, ha dato avvio alla vicenda: «Sono l’unico che non parla sul tema “Dossier” - rivendica il ministro della Difesa Guido Crosetto - Nonostante sia la persona che ostinatamente, in solitudine, senza solidarietà, ha cercato la verità. Contro nessuno. Solo per giustizia. Non parlo per rispetto dell’inchiesta. Non parla la parte lesa ma (stra)parlano gli indagati». Il climax è chiaro. «Il diritto alla privacy è diventato ormai una sorta di aspirazione metafisica» aggiunge il Guardasigilli Carlo Nordio. «La Lazio non c’entra nulla, né il sottoscritto» dice invece il senatore di FI Claudio Lotito. La vicenda turba il centrodestra. Ma è anche un gancio perfetto per trainare la campagna elettorale verso le Europee. Lo spiega Salvini stesso: «Quelli della sinistra “spiati” si contano sulle dita di una mano, i nostri coinvolti non mi pare». E del resto, è Meloni a chiarire che cosa si aspettano nel centrodestra. «Sono il vero timore di tutti - attacca la premier riferendosi alle elezioni di giugno - Succederà di tutto». E poi, mimando ad ampi gesti di indossarlo: «C’ho l’elmetto, ho già messo l’elmetto. E vinceremo anche questa battaglia».

IL CENTROSINISTRA

A sinistra però non hanno alcuna intenzione di lasciare al centrodestra il pallino dello scontro politico sull’inchiesta. Elly Schlein anzi, finisce con il rivendicare la richiesta di audire Melillo e Cantone. «Uno scandalo» dice a Bruno Vespa su Rai 1, è «di una gravità inaudita» aggiunge, sottolineando la necessità di «fare estrema chiarezza». Una posizione, quella dem, che però ha un tempismo poco gradito all’alleata di Iv - solo in Abruzzo - Maria Elena Boschi. «Schlein e Meloni oggi si accorgono del dossieraggio e gridano allo scandalo. Meglio tardi che mai. Ma perché non dicevano nulla quando noi denunciavamo la stessa cosa nel 2019 e ne “Il Mostro”? Ben svegliate!». Una crepa che si allarga quando Italia viva mette nel mirino il M5S, chiedendo in Commissione Antimafia sia audito anche Federico Cafiero de Raho, fino a febbraio 2022 procuratore nazionale antimafia, oggi deputato pentastellato e vicepresidente della commissione. Un’audizione «senza precedenti», spiega la stessa Raffaella Paita, su cui ora dovrà esprimersi la presidente Chiara Colosimo, di FdI.

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