«Questi sono metodi da regime. Vogliamo sapere chi sono i mandanti». Il diluvio si prende piazza Salotto. E Giorgia Meloni, piumino rosa e sguardo sorridente di chi si «sente a casa», allora bypassa buona parte del discorso che si era preparata per sostenere la corsa alla riconferma di Marco Marsilio. Oggi, a Pescara, non c’è «infrastruttura di cittadinanza» che tenga, la priorità è diventata un’altra. «Credo che serva fare molta chiarezza su quello che scopriamo in queste ore dai giornali» dice riferendosi all’inchiesta condotta dalla procura di Perugia sul monitoraggio abusivo degli archivi informatici riservati di centinaia di persone – tra cui politici e vip – operato dal finanziere Pasquale Striano in servizio alla Procura nazionale Antimafia.
I DOSSIER
«Ci sono funzionari dello Stato italiano che fanno dossieraggi ad personam per passare le notizie ad alcuni giornali, segnatamente al giornale di De Benedetti». È il caso del giorno.
A rincarare la dose dal palco, anche Antonio Tajani: «Bisognerebbe capire chi è il regista. Chi ha dato disposizioni? Chi ha usato cosa? Per quali fini? Questo è il tema. Sono scelte antidemocratiche». Idem per chi, di fatto, ha dato avvio alla vicenda: «Sono l’unico che non parla sul tema “Dossier” - rivendica il ministro della Difesa Guido Crosetto - Nonostante sia la persona che ostinatamente, in solitudine, senza solidarietà, ha cercato la verità. Contro nessuno. Solo per giustizia. Non parlo per rispetto dell’inchiesta. Non parla la parte lesa ma (stra)parlano gli indagati». Il climax è chiaro. «Il diritto alla privacy è diventato ormai una sorta di aspirazione metafisica» aggiunge il Guardasigilli Carlo Nordio. «La Lazio non c’entra nulla, né il sottoscritto» dice invece il senatore di FI Claudio Lotito. La vicenda turba il centrodestra. Ma è anche un gancio perfetto per trainare la campagna elettorale verso le Europee. Lo spiega Salvini stesso: «Quelli della sinistra “spiati” si contano sulle dita di una mano, i nostri coinvolti non mi pare». E del resto, è Meloni a chiarire che cosa si aspettano nel centrodestra. «Sono il vero timore di tutti - attacca la premier riferendosi alle elezioni di giugno - Succederà di tutto». E poi, mimando ad ampi gesti di indossarlo: «C’ho l’elmetto, ho già messo l’elmetto. E vinceremo anche questa battaglia».
IL CENTROSINISTRA
A sinistra però non hanno alcuna intenzione di lasciare al centrodestra il pallino dello scontro politico sull’inchiesta. Elly Schlein anzi, finisce con il rivendicare la richiesta di audire Melillo e Cantone. «Uno scandalo» dice a Bruno Vespa su Rai 1, è «di una gravità inaudita» aggiunge, sottolineando la necessità di «fare estrema chiarezza». Una posizione, quella dem, che però ha un tempismo poco gradito all’alleata di Iv - solo in Abruzzo - Maria Elena Boschi. «Schlein e Meloni oggi si accorgono del dossieraggio e gridano allo scandalo. Meglio tardi che mai. Ma perché non dicevano nulla quando noi denunciavamo la stessa cosa nel 2019 e ne “Il Mostro”? Ben svegliate!». Una crepa che si allarga quando Italia viva mette nel mirino il M5S, chiedendo in Commissione Antimafia sia audito anche Federico Cafiero de Raho, fino a febbraio 2022 procuratore nazionale antimafia, oggi deputato pentastellato e vicepresidente della commissione. Un’audizione «senza precedenti», spiega la stessa Raffaella Paita, su cui ora dovrà esprimersi la presidente Chiara Colosimo, di FdI.