Recovery plan, le 102 sfide del 2022 per incassare 50 miliardi di euro

Recovery plan, le 102 sfide del 2022 per incassare 50 miliardi di euro
di Nando Santonastaso
Mercoledì 2 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 3 Febbraio, 17:27
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Dai bandi agli appalti. Dalle riforme dei regolamenti e delle procedure alle riforme vere e proprie, in parte da proseguire e in parte da iniziare ex novo. Dagli annunci agli investimenti pubblici, materiali e immateriali. Sarà o dovrebbe essere il 2022 il vero anno di svolta del Pnrr, 102 target da centrare entro il 31 dicembre in cambio di altri 50 miliardi, circa, di risorse Ue in due tranche. Incognite politiche a parte, è l'enorme complessità dello sforzo che attende il Paese a suscitare più di un dubbio, ferma restando la necessità di non sprecare l'ultima, irripetibile opportunità per ridurre il divario Nord-Sud. Le criticità, di sicuro, non mancano, a partire dalla carenza di personale competente negli enti locali chiamati ad attuare il Piano (l'accelerazione dei concorsi richiederà comunque tempo per l'insediamento e l'operatività dei neoassunti). E come se non bastasse, l'aumento del costo delle materie prime e dell'energia in particolare, l'andamento della pandemia e il futuro nebuloso di un settore chiave come l'automotive non sembrano incoraggiare l'ottimismo. Come pure le perplessità che accompagnano la sostenibilità ambientale e la digitalizzazione, missioni primarie del Pnrr ma i cui impatti sull'occupazione (e non solo) rischiano di creare «colli di bottiglia distorsivi», come ragiona l'economista della Luiss Marcello Messori. Ecco cosa c'è sul tappeto delle sfide e delle speranze del 2022 in chiave Pnrr.

Sono soprattutto loro sotto la lente d'ingrandimento di Bruxelles. Come ricorda l'economista Carlo Cottarelli, intervistato da Rai Radio Uno, la riforma del Fisco dev'essere ancora approvata dal Parlamento, con l'incognita catasto sullo sfondo; quella della Giustizia penale attende i relativi decreti legislativi come prevede la legge delega al governo; e sulla concorrenza la strada appare ancora molto complicata (vedi il caso delle concessioni balneari, rimasto in sospeso).

Ma il 2022 ha in calendario, sempre al capitolo riforme, altri due appuntamenti fondamentali: quella dei contratti pubblici, ovvero l'ennesimo tentativo di migliorare l'ormai ex Codice degli appalti (perché di fatto è ormai tutt'un'altra cosa rispetto alla stesura originaria), che dopo la presentazione, nel luglio scorso in Consiglio dei ministri, è ancora in discussione in Commissione al Senato; e quella della Scuola. Per quest'ultima, bisognerà definire il sistema di reclutamento degli insegnanti, già cambiato diverse volte negli ultimi anni, e la carriera del personale scolastico. L'Ue ha più volte ricordato all'Italia di alzare gli stipendi degli insegnanti applicando meccanismi di promozione legati al merito e non solo all'anzianità: finora invano. 

Per le grandi opere infrastrutturali ci sono cantieri per l'Alta Velocità ferroviaria già in corso (la Napoli-Bari, ad esempio) ed altri annunciati (i due lotti della Salerno-Reggio Calabria e la Palermo-Messina-Catania, per restare al Sud). «Per noi non c'è alcun ritardo», dice il ministro Enrico Giovannini rispondendo ai costruttori sui tempi e le modalità dei bandi del Pnrr. Ma l'aumento del costo delle materie prime e la conseguente, possibile revisione dei prezzi a base d'asta per le gare di appalto restano sul tappeto, anche se il ministro assicura interventi ad horas. Dovrebbe essere in discesa invece la strada che garantisce 3,4 miliardi ai Comuni per cambiare il volto delle città dal momento che sono già state finanziate quasi duemila opere urbane tra parchi cittadini, piste ciclabili, teatri e campiscuola. Qui, però, il governo c'entra poco: dovranno essere i sindaci (personale permettendo) a portare a termine le opere in tempo. E lo stesso vale per i cantieri delle Zes e delle opere connesse ai porti: i soldi sono già stati stanziati e assegnati, ora tocca alle Regioni e alle Autorità portuali.

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Resta forse la strada più in salita. Finora è partito solo un terzo dei bandi previsti mentre entro giugno l'Italia dovrebbe aggiudicare tutti i contratti di ricerca sull'idrogeno, passaggio fondamentale per produrre energie meno inquinane. Territori ed enti locali chiedono di essere più coinvolti nelle decisioni e intanto sul fronte rifiuti ed economia circolare, a pochi giorni ormai dalla scadenza del relativo bando, si scopre che non tornano i conti sulla distribuzione territoriale delle domande, e cioè che il vincolo 60-40 non potrebbe essere rispettato perché dal Settentrione ne sono arrivate quasi il 50% di quelle esaminate (Lombardia in testa con 57 proposte, seguita da Toscana (33), Campania (25), Sicilia (24), Piemonte (21). 

Scrive Agenda digitale che sul tavolo, dopo l'ok di Bruxelles, «ci sono 3,7 miliardi per portare l'internet veloce in ogni unità immobiliare di 7 milioni di indirizzi e numeri civici, con l'obiettivo di aggiudicare tutte le gare entro giugno». Ma non è tutto scontato: «Nei procedimenti per la concessione di contributi pubblici, i rischi di contenziosi tra aziende sono molto alti». E poi, per la stessa ammissione del ministro Vittorio Colao, all'appello mancherebbero fra i 10mila e i 15mila addetti per la posa delle reti, alias per gli scavi. 

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