Per ora Virginia Raggi non si schiererà, lasciando ufficialmente mano libera ai suoi elettori nel ballottaggio del prossimo fine settimana. Venerdì ha incontrato Enrico Michetti in Campidoglio per un caffè, domani sarà la volta di Roberto Gualtieri: ma da questi colloqui non scaturirà alcun endorsement - nel duello per ereditare lo studio con vista sul Foro Romano, al primo piano di Palazzo Senatorio - lasciando a Giuseppe Conte la sentenza (non così ardua) sulla strada da seguire. Dopo il 18, però, la storia cambierà radicalmente. La sindaca uscente sente fortemente sue le preferenze dei 211.936 cittadini (quasi un votante su cinque) che avrebbero voluto concederle il bis sul colle capitolino. «Ma Virginia ha capito che in politica, e soprattutto in questo periodo storico, il ferro va battuto finché e caldo», racconta un suo fedelissimo. Quindi cercherà di far valere subito il suo peso politico, puntando ad avere mani libere all'interno del Movimento 5 stelle e con un obiettivo chiaro, da qui a un anno e mezzo: l'elezione alla Camera.
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IL GRUPPO
In prima battuta, Raggi seguirà quello che il mandato popolare le ha assegnato: siederà in consiglio comunale, come aveva già fatto dal 2013 al 2015, durante l'amministrazione di Ignazio Marino. Lo farà da capogruppo, come Roberta Lombardi nella prima fase della consiliatura alla Regione Lazio, prima di entrare nella giunta di Nicola Zingaretti. Ma con prospettive diverse: d'altronde la sua strategia, soprattutto negli ultimi due anni, è stata tesa a rafforzare il suo cerchio magico. E i risultati delle urne hanno premiato soprattutto i suoi fedelissimi. A partire da Linda Meleo, la più votata della lista M5s: l'unica assessora rimasta in giunta - pur cambiando le deleghe - per tutti i cinque anni dell'amministrazione pentastellata.
I PASSI
Oltre a guidare il gruppo grillino, quindi, la sindaca uscente punterà a strutturare le sue liste civiche, che nella Capitale hanno portato a casa oltre il 7 per cento dei consensi (contro l'11 del Movimento).
LA PROSPETTIVA
L'idea è quella di diventare un punto di riferimento per chi, nell'universo pentastellato, non crede nel nuovo Ulivo del centrosinistra e nell'asse strutturale con il Pd. Una strategia, quest'ultima, che può trovare terreno fertile proprio a partire dalla Città eterna, dove le distanze tra l'elettorato dem e quello grillino sembrano ancora piuttosto profonde, soprattutto in alcuni quadranti della Capitale. Dai vertici, intanto, si punta a ridurre i punti di potenziale conflitto: «Vorrei evitare che si inizi a speculare sulle contrapposizioni - sottolinea Luigi Di Maio - Questa è una forza politica che è sempre stata plurale, che ha sempre dato spazio il più possibile a tutti coloro che avevano buona volontà per costruire». Il ministro degli Esteri sostiene che «il Movimento debba essere molto riconoscente a Virginia Raggi per il lavoro che ha fatto in questi cinque anni, per come ha messo a posto i conti e ha ripristinato la legalità all'interno del Comune». Il Pd, peraltro, ha anche una scadenza più urgente, fra sette giorni: «Nei programmi di Calenda e Raggi ci sono cose che possono essere realizzate da Gualtieri - si affretta a ricordare il deputato dem Francesco Boccia - proprio grazie al Pnrr che ha visto protagonista lo stesso Gualtieri da ministro dell'Economia del Governo Conte».