Il ministro Zangrillo al Mattino: «Statali, più valore al merito»

Il ministro della Pa: assunzioni più rapide

Il ministro Zangrillo
Il ministro Zangrillo
di Lorenzo Calò
Giovedì 21 Marzo 2024, 08:18 - Ultimo agg. 14:48
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Ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo (ieri a Caivano per la "prima" del Consiglio dei bimbi) lei insiste molto sul tema dell'attrattività del settore pubblico. Come sta procedendo il passaggio, anche culturale, dal «posto fisso» al «posto figo»?
«I due assi del buon funzionamento della Pubblica amministrazione, imparzialità e buon andamento, si legano a un modello organizzativo che ha nell'attrattività del lavoro pubblico il proprio tratto qualificante. Il cambiamento di approccio è prima di tutto culturale, nel senso che molto spesso in Italia la Pa è stata un passo indietro rispetto al mercato del lavoro nel settore privato. Ecco: noi stiamo spingendo per questa trasformazione che, rafforzata dai progressi e dalle opportunità offerti dal digitale, consenta a chi lavora nella Pa di seguire un percorso nel quale un criterio di valutazione premiale esalti le qualità delle migliori risorse».

Quanto resiste il mito del «posto fisso» al Sud?
«È un tema trasversale, non c'è un caso Sud. Oggi i nuovi assunti chiedono garanzie sulla qualità del lavoro, sul bilanciamento dei tempi di impegno, il work-life balance. Ma è un tema che riscontriamo sia al Sud sia al Nord».

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Sì, ma senza l'appeal di un avanzamento delle retribuzioni sarà difficile far passare l'idea del «posto figo», non crede?
«Il tema del merito è strettamente connesso a quello delle retribuzioni. Dal 2010 al 2020 abbiamo perso 300mila unità per il blocco del turnover ma oggi abbiamo un piano di assunzioni che nel 2023 ha portato a 170mila nuovi ingressi con un impegno analogo nei tre anni a venire. Per questo stiamo insistendo molto sui cosiddetti soft skills delle nuove risorse, profili che incrociano, oltre alle competenze tecniche, l'orientamento al risultato, la capacità di lavorare in squadra, la propensione a vivere i cambiamenti come opportunità. Insomma, vogliamo superare lo stereotipo in base al quale la Pa sia diversa dal privato. Anzi: chi lavora nella Pa deve essere pienamente cosciente dell'interesse pubblico della propria funzione e rivendicarne tutto l'orgoglio. Nei nuovi contratti sono previsti meccanismi meritocratici sulle retribuzioni perché pensiamo che il raggiungimento dei risultati sia la conseguenza di una virtuosa organizzazione».

Perché finora è mancato questo approccio?
«Probabilmente per una fraintesa concezione della stabilità del lavoro, alimentata anche da un approccio burocratico, secondo la quale tale stabilità dipenda dalla natura del contratto (tempo determinato o indeterminato) invece che dal profilo, dalle esperienze e dalle competenze della risorsa, vale a dire tutti quegli aspetti che la rendono competitiva sul mercato del lavoro».

E come la Pa favorisce questa competitività?
«Principalmente con la formazione e l'aggiornamento che rappresentano una leva strategica.

Oggi abbiamo a disposizione una piattaforma, Syllabus, che coinvolge 3,2 milioni di dipendenti pubblici per l'aggiornamento e la verifica costante delle competenze e la possibilità di creare percorsi di perfezionamento personalizzati. È la nuova frontiera del learning management».

Non crede che per anni abbia danneggiato l'immagine della Pa il pregiudizio della burocrazia, delle procedure farraginose, dei tempi biblici?
«Certamente. Ed è per questo che negli assi principali per lo sviluppo della Pa, oltre all'accesso e alla valorizzazione del capitale umano, c'è la semplificazione. Sa prima del mio insediamento quali erano i tempi medi per espletare una procedura concorsuale?

Me lo dica lei...
«780 giorni. Oggi abbiamo il portale InPa connesso con tutti gli enti pubblici e siamo scesi a una media di sei mesi per lo svolgimento di un concorso. Certo, dobbiamo migliorare ma i nostri sistemi di selezione prevedono il rispetto di tempi certi con un item fondamentale per la valutazione delle performance dei dirigenti, vale a dire garantire lo svolgimento di un monte ore di aggiornamento e formazione. Poi c'è la questione delle procedure per le attività e le imprese».

Tasto dolente, nonostante sia un obiettivo specifico del Pnrr...
«Il Pnrr rappresenta una sfida di straordinaria complessità soprattutto per il rispetto dei tempi, paradigma nei confronti del quale il nostro Paese non sembra del tutto pronto. Dobbiamo comprendere che il tempo non è una variabile indipendente ma determinante per il raggiungimento di determinati obiettivi e il conseguimento dei risultati. Sotto questo profilo la semplificazione è essenziale. Tra gli obiettivi del Dipartimento c'è quello di semplificare 600 procedure critiche entro il 2026, 200 entro il 2024».

E a che punto siamo?
«Per 140 abbiamo già avviato l'iter e nel Cdm di due settimane fa, nell'ambito del decreto Pnrr, abbiamo previsto lo sblocco di altre 45».

Ma qual è il messaggio per chi vuole fare impresa o aprire un'attività?
«Di avere fiducia perché siamo a un punto di svolta. Faccio un esempio: sinora per aprire una gelateria occorrono 78 adempimenti per 23 enti autorizzativi diversi. Incredibile. Per questo molte procedure ripetitive e prive di valore verranno cancellate ma quello che cambia profondamente è il criterio alla base dei meccanismi di verifica: si passa cioè dal sospetto preventivo al controllo successivo».

Quando sarà operativo questo sistema?
«In Cdm abbiamo approvato lo schema legislativo che ora è al vaglio del Consiglio di Stato. Ne recepiremo gli eventuali rilievi e poi il provvedimento sarà varato».

Quali sono le linee guida?
«Agevoleremo e semplificheremo anche il lavoro degli enti controllanti (Agenzia Entrate, Nas, Ispettorato del lavoro) grazie al fascicolo elettronico d'impresa condiviso, mediante il quale gli enti accertatori potranno eseguire controlli "per differenza", evitando così di svolgere verifiche ripetitive o già effettuate e mitigando quel senso di pressione e asfissia nei confronti delle aziende. Altri criteri innovativi sono un sistema premiante per le imprese che sono in regola e l'introduzione del concetto di "errore sanabile" in caso di rilievi lievi a cui si può ottemperare senza dover pagare una sanzione».

Ma sui contratti, dalla sanità agli enti locali, i sindacati lamentano risorse esigue. È così?
«Oggi (ieri, ndr) abbiamo avuto un primo incontro sul comparto sanità. La legge di bilancio 2023 su 24 miliardi ne prevede ben 8 per il rinnovo dei contratti pubblici e di questi tre sono destinati alla sanità. I sindacati sottolineano una perdita del potere di acquisto del 14-15%. Se dovessimo coprire questo gap, non basterebbero 30 miliardi solo per i rinnovi contrattuali. Siamo in uno scenario estremamente complesso, difficile fare di più».

Quanto teme e quanto ama l'intelligenza artificiale?
«Credo che sia un'opportunità. Anche nell'800 quando furono introdotti i telai le operaie inglesi li distruggevano perché pensavano che fossero una minaccia. Certo, lo sviluppo dell'IA va normato e su questo l'Europa si è mossa per tempo. Ma nella Pa l'IA ha delle potenzialità enormi: ci stiamo già lavorando con un team dedicato per cogliere in fretta tutti i possibili vantaggi».

Passiamo alla politica. Quanto crede nel sorpasso di Forza Italia sulla Lega. I sondaggi sono a favore...
«Alle Europee sarebbe bello arrivare alla doppia cifra: è una sfida importante ma possibile. L'attrattività di Forza Italia non è venuta meno con la dipartita di Berlusconi. Ci davano per morti ma la verità è che Forza Italia ne ha raccolto l'eredità politica come punto di riferimento dei moderati. E questo grazie anche alla credibilità istituzionale di Antonio Tajani, molto apprezzato in Europa e nei contesti internazionali che vedono in lui una figura di sicura affidabilità e competenza».

È preoccupato dalle sortite di Salvini? Pensa che possano destabilizzare la maggioranza di governo?
«Da trent'anni il centrodestra ha una propria fisionomia politica, non è un cartello elettorale come avviene nel centrosinistra tra campo largo, campo stretto o campo santo. Salvini parla al suo elettorato perché le elezioni di giugno sono su base proporzionale e lui sta giocando la sua partita. Non vedo ricadute sul governo. Anzi, posso dire che in Cdm, pur discutendo spesso e facendo emergere sensibilità diverse, alla fine si lavora sempre per una sintesi».

Come valuta l'ipotesi di una Von der Leyen bis a Bruxelles?
«Direi che naturalmente è da preferire un prosieguo del suo lavoro: la continuità è un valore. Certo, su alcuni aspetti ha commesso degli errori ma le prossime Europee, forse per la prima volta e diversamente da quelle del 2019, sono elezioni ancora più importanti perché si è compreso l'insostituibile ruolo dell'Europa nel nostro futuro. Insomma, non sono elezioni di serie B».

E quale maggioranza a sostegno di Ursula? Salvini ha detto che non vuole i socialisti e Meloni punta tutto sui conservatori...
«Il nostro schema preferito è Popolari-Liberali-Conservatori».

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